Carissimi,

a conclusione degli incontri avuti con le sei Foranie della Diocesi, mi è gradito con questa lettera far pervenire alcune considerazioni che possono aiutare il nostro lavoro pastorale, posto al servizio della gente che abita in un dato territorio della nostra Chiesa.

Innanzitutto, voglio ringraziarVi per il ministero che vivete e per la parresia che ha caratterizzato i nostri incontri, durante i quali ho colto lo spirito di chi vuole sempre meglio sintonizzarsi con ciò che il Signore chiede alla sua Chiesa in questo tempo.

 

  • Ricordo, innanzitutto, che la missione nasce sempre dalla comunione con il Vescovo e tra di noi e la comunione, per essere vera, chiede l’esercizio e l’allenamento nella fraternità.

Non l’uniformità, ma l’unità di fondo e nelle cose necessarie, deve essere il nostro anelito e il nostro obiettivo.

In un territorio, segnato da tante fragilità e ferite, la Chiesa Diocesana deve essere sempre segno di unità e lievito di comunione, anche quando è sale che brucia sulle ferite.

Come presbiteri e come Chiesa, siamo invitati a stimarci di più e a guardare con realismo a tutte le bellezze che ci uniscono e di meno a quelle realtà che dividono, sapendo che unico è il fine dell’evangelizzazione e dobbiamo gareggiare soltanto nel fare il bene.

Ci dobbiamo sentire impegnati a curare di più la nostra vita spirituale, presbiterale, da cui nasce e si alimenta ogni pastorale ed anche l’annuncio vocazionale, in modo che non risulti sterile.

 

  • Chiedo più fedeltà agli incontri di Forania, ripensati in modo creativo, in modo da diventare un vero laboratorio per tradurre il Vangelo e gli Orientamenti della Chiesa in un dato territorio. Incontrarsi, periodicamente, con questo obiettivo e queste domande: qui dove siamo, in questa Forania, lembo della Diocesi, come operare per il bene nostro e della nostra Comunità? Come rendere visibile qui la nostra Chiesa Diocesana?

Insieme, lo sappiamo, si va meno veloci, ma certamente si può andare più lontano.

 

  • È bene, all’interno della Forania, cercare di discernere i vari carismi e aiutarsi, come padri e fratelli, nel portare avanti la pastorale senza fare delle Parrocchie, o della realtà associative, cittadelle chiuse e fortificate.

Cercando di dividere il lavoro, secondo i doni e i carismi, e valutando bene le forze, sarà anche più facile lavorare in sintonia con gli Uffici Diocesani e con le direttive che il Vescovo è chiamato a proporre di anno in anno.

 

  • Mi sta a cuore che in ogni Forania vengano accompagnati i sacerdoti più anziani e in difficoltà, in modo da risultare come una ricchezza e non sentirsi esclusi o estranei. Chiedo ai preti più anziani di accogliere ed aiutare i presbiteri giovani e ai giovani il compito di essere in sintonia con gli anziani.

Ed anche le case religiose, ed altre Istituzioni poste sul territorio, si sentano in sintonia con il cammino proposto dalla Chiesa Diocesana.

 

  • È compito della Forania accogliere e tradurre gli Orientamenti Diocesani e le varie iniziative, senza boicottarle o, a volte, neanche avvisare le comunità, quasi che il cammino parrocchiale sia di più del momento diocesano. Abbiamo bisogno di molto buon senso e di attenzione alla vita della Diocesi, che è fatta di tanti frammenti come l’ostia sull’altare, ricordando che la parte non è mai superiore al tutto.

 

  • È auspicabile che, di tanto in tanto, secondo un calendario da voi scelto, l’incontro della Forania sia aperto anche ai Consigli Pastorali Parrocchiali e ai Consigli per gli Affari Economici per instaurare un stile di Chiesa meno clericale e più aperto alle tante vocazioni che il Signore suscita, accogliendo specialmente con stima le robuste vocazioni laicali presenti nella nostra Chiesa.

 

  • È importante seguire anche i Diaconi Permanenti e i Seminaristi, della Forania o inviati per il ministero nella stessa, in modo che non si cresca con l’idea della proprietà privata.

 

Carissimi, penso ad una Forania che sia antenna sul territorio e luogo dove si prega, si pensa, si discute e maturino le migliori azioni per aiutare la Chiesa nella sua crescita.

Con questo spirito di servizio, rimanendo con i piedi per terra e con il cuore ancorato al cielo, possiamo essere sempre più incisivi dal punto di visto evangelico nel nostro territorio, ricordando e attuando l’antico adagio: In necessariis unitas; in dubiis libertas; in omnibus charitas e portando nel cuore questa bella preghiera:

 

Signore, donami serenità per accettare le cose che non possono cambiare / coraggio per cambiare quello che posso / e saggezza per capire la differenza.

 

Pietro e Paolo, colonne insanguinate, che hanno costruito la Chiesa nel gioco dell’unità e della diversità, ci aiutino a costruire oggi la nostra Chiesa nella bellezza della comunione armonica, in modo da camminare nella carità e ricordarci dei poveri (Gal 2,10).

Nella gioia di sempre lavorare insieme per il bene della nostra Chiesa, tutti benedico.

 

Dal Palazzo Vescovile, 29 giugno 2017
Solennità dei Santi Pietro e Paolo

+ Giuseppe Giudice, Vescovo