Presentazione delle Collezioni

Il Museo Diocesano dell’Agro Nocerino – Sarnese  è stato ideato e quindi realizzato, secondo un criterio museografico  sicuramente non nuovo,  ma che permette una ciclicità espositiva delle opere d’arte presenti sul territorio, che, altrimenti, avrebbero un pubblico e fruitori sostanzialmente  locali.

Infatti, aldilà dei singoli, per quanto preziosi, manufatti, schedati nel catalogo, il museo ospiterà,  con una cadenza ancora da stabilire, tutte le opere, sia esse tele o argenti,  sculture o paramenti liturgici, che rappresentano il corredo artistico delle  chiese e  parrocchie della diocesi.

prof. Teobaldo Fortunato

prof. Teobaldo Fortunato - Docente di Storia dell’Arte Consulente archeologico Membro Commissione di Arte Sacra

Il percorso espositivo attuale inizia con elementi lapidei di spoglio,  situati in precedenza  all’esterno della cattedrale : una  grande vasca di calidarium di tarda età repubblicana, oggi parzialmente mutila (attualmente sistemata nell’atrio del Palazzo Vescovile), rocchi di una  colonna granitica,  fino a qualche tempo fa  riutilizzati come paracarri all’ingresso della sede vescovile.

L’itinerario prosegue seguendo uno svolgimento non  unicamente diacronico o diafasico, dalla nascita della diocesi di Nocera ad oggi, ma secondo un parametro tecnico – materico che  è sembrato più consono alla funzione ed alla vocazione prettamente didattica del museo.

Pertanto, la prima sala  ospita  dipinti lignei e su tela, già patrimonio del Vescovado, alcuni dei quali di scuola solimenesca; una tavola attribuita ad un artista della cerchia di Belisario Corenzio, riconducibile al periodo tra la fine del 1500 ed i primi decenni del XVII secolo, con la Decollazione di San Giovanni; la predella di uno smembrato polittico, raffigurante l’Ultima Cena  databile alla fine del XVI sec.; ancora, una  Santa Lucia lignea,  in verità molto deturpata da precedenti restauri.

La sala successiva è riservata agli argenti: ostensori, calici, candelabri,  turiboli, navicelle, secchielli, osculatori, pastorali, bastoni da priore, croci.

Tra tutti spicca l’eccezionale busto argenteo di San Prisco, tempestato di pietre  semipreziose. Commissionato dal vescovo di Nocera, Benedetto Maria dei Monti Sanfelice, reca la data del  1771, anno in cui, fu traslato nella Cattedrale nocerina, con una solenne processione, iniziata “fra sparo di mortaretti e suono di campane” il venerdì 8  giugno a Pagani e conclusa al Vescovado, dopo più ore di cammino, secondo quanto riportato nelle cronache del tempo.

Si segnala altresì, un calice tardo gotico, dei primi decenni del 1400, parzialmente dorato, su cui compare il più antico bollo conosciuto della città di Napoli, impresso in caratteri gotici minuscoli.

Il calice, come altri oggetti liturgici di straordinaria fattura, proviene dalla chiesa di San Giovanni Battista ad Angri, dove sono custoditi moltissimi argenti anche della chiesa dei Bagni, databili in un arco   temporale compreso tra il XVII ed il XVIII secolo.

Molto importante è inoltre, un secchiello, datato alla fine del XVII sec. ed attribuibile agli argentieri Antonio Avitabile o Antonio Attingendo documentati entrambi a Napoli tra la fine del 1600 ed i primi decenni del XVIII sec.

Interessante è inoltre una compostiera in argento dorato e cristallo, oggetto da mensa,  utilizzata come urna durante le funzioni del Mercoledi delle Ceneri.

Eseguita da Quentin Baschelet, un orafo parigino, intorno al 1818-20 ed ancora di gusto  neoclassico, con molta verosimiglianza fu donata alla Cattedrale da un vescovo d’origine lombarda, come attestato dallo stemma gentilizio inciso sia sul coperchio che sul supporto inferiore.

Un ulteriore  salone è dedicato ai paramenti sacri: piviali e pianete in broccato e fili d’oro di fattura napoletana, spesso ricamati su orditi delle telerie borboniche di San Leucio, appartenuti a vescovi della diocesi nocerina.

Una vetrina è stata riservata infine, ai numerosi ex voto, soprattutto aurei e d’argento presenti nella Cattedrale, il cui corpus più cospicuo è costituito dalle silhouettes antropomorfe di individui adulti o maggiormente di infanti e bambini, nonché di  parti anatomiche (occhi, cuore, gambe, mani etc… ), segno tangibile della profonda ed iterata  devozione popolare.

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