I passaggi salienti della relazione di monsignor Giuseppe Giudice alle coppie di fidanzati che si preparano al matrimonio

La festa, la casa e il vestito, priorità di ogni coppia di sposi, spesso però le si guarda dalla prospettiva sbagliata. Il Vescovo ha invitato a posizionarsi da un’altra angolazione per leggere e vivere al meglio queste “ansie”.

La riflessione è arrivata nel corso dell’incontro con i nubendi della diocesi, ovvero le coppie di fidanzati che si preparano al matrimonio, che si è tenuto ieri nella basilica di Sant’Alfonso Maria de Liguori di Pagani. A promuoverlo è stata la Consulta diocesana della famiglia e la Pastorale familiare diocesana diretta da don Antonio Mancuso e dai coniugi Giuseppe e Giovanna Galasso.
Monsignor Giuseppe Giudice ha ricordato che il matrimonio è una «chiamata», una vocazione che passa dalla «scoperta dell’amore» alla «decisione di sposarsi», non l’inverso.
Rispetto alle priorità ha parlato prima della festa, poi del vestito e infine della casa.

Festa
«Se non invitiamo Gesù – ha detto il Vescovo – il vino finisce. Il vino è la grazia di Dio, la gioia. Possono finire, ma se Gesù è al nostro matrimonio la festa dura per la vita. La festa bisogna prepararla col Signore perché non sia di un giorno, ma per sempre».
Il sacramento del matrimonio ci porta a fare «un atto di umiltà perché ci mostra che abbiamo bisogno di un Altro (Dio, ndr) che ci mette insieme, ci impasta in un amore umano, fedele, fecondo e totale».
I matrimoni «scoppiano perché manca la volontà del per sempre e perché non abbiamo accolto il Signore che ci mette insieme».

Vestito
Monsignor Giudice ha ricordato che «Dio è un sarto, ci cuce un vestito di luce».
Il vestito per affrontare il matrimonio deve avere una serie di caratteristiche: «Non la ricercatezza. Deve essere di umiltà, tenerezza e bontà. Deve essere di sopportazione e perdono, ovvero aiutare l’altro ad elevarsi. Ma sopra tutto deve esserci il vestito della carità».

Casa
Il Vescovo ha richiamato il passo evangelico della casa costruita sulla roccia e quella costruita sulla sabbia: «Entrambe sono belle ma quando arrivano le tempeste, e arrivano, una regge e l’altra no». Attenzione, dunque, a quale casa si intende costruire.
Poi ha aggiunto: «Il matrimonio ci porta a lasciare la casa dove siamo stati per costruire una nuova famiglia, non ci può continuare ad essere figli di famiglia».
Sul rapporto con le famiglie di origine ha continuato: «Uscire non significa dimenticarsi dei genitori, ma certamente non possiamo essere degli adultescenti e ritornare a piangere a casa. La condizione per un matrimonio felice per la vita richiede che io lasci la casa dove ho vissuto».

L’invito conclusivo di monsignor Giudice è stato: «Noi dobbiamo essere casa di Dio, trasparente e aperta alla vita, dove il vino buono, l’amore, resta fino alla fine. E l’amore vero non si compra ai discount, l’amore vero discende da Dio».

Sa. D’An.

La Preghiera per i nubendi scritta dal Vescovo 

Signore, venendo al nostro matrimonio e portando con Te tua Madre e i discepoli,
dacci una mano a costruire la nostra casa affinché, fondata sulla roccia,
sia sempre salda nella fedeltà.

Portaci un pizzico di sale per dare sapore alle nostre giornate;
metti sul candelabro la luce della fede
e donaci il lievito della speranza per far crescere
tutta la pasta della nostra vita.

Metti un po’ di olio nell’orcio delle nostre giornate
per dare bellezza e guarire le nostre ferite,
e il vino per rendere gioiosa, e senza fine,
la nostra festa.

Spezza con noi il pane della fraternità
e aiutaci a lavarci i piedi nel servizio quotidiano.
Non manchi l’acqua limpida
per dissetarci e purificarci
nel cammino del nostro amore.

Signore, noi consegniamo a Te
le chiavi della nostra casa
e Tu, rimanendo con noi, aiutaci ad aprire e chiudere le nostre giornate,
precedendoci e accompagnandoci con il dono inesauribile dell’amore,
sempre aperto alla vita e al futuro.

Amen