Il desiderio di Gesù: mangiare la Pasqua con noi (cfr Lc 22,14), la Nota del Vescovo per la Pasqua 2021

 

Simili a un vascello che il pilota vuole dirigere senza il ricorso alle stelle, i popoli hanno perso la loro rotta e non la ritroveranno se non ritornando a guardare il cielo (Hugues-Félicité Robert de Lamennais -1782-1854)

 

Carissimi,

sei giorni prima della solenne celebrazione della Pasqua, quando il Signore entrò in Gerusalemme, gli andarono incontro i fanciulli: portavano in mano rami di palma, e acclamavano a gran voce:

Osanna nell’alto dei cieli:
Gloria a te che vieni,
pieno di bontà e di misericordia.

Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi è questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.

Osanna nell’alto dei cieli:
Gloria a te che vieni,

pieno di bontà e di misericordia.

(Sal 23,9-10, Antifona d’ingresso, Domenica delle Palme).

 

Anche noi, confusi tra i fanciulli, e agitando i rami di palma e di ulivo, entriamo nel mistero della Grande Settimana per farci raggiungere dalla santità di questi giorni.

Lo vogliamo fare, quest’anno, con una attenzione speciale per i piccoli, che non sono solo i bambini.

La guerra del Covid19, che stiamo combattendo da un anno, lascia ferite profonde specialmente nei bambini, ragazzi, adolescenti e nei giovani.

Sono ferite invisibili, come il virus, e quindi più difficili da vedere e da curare; ma, ad occhi esperti, non sono da sottovalutare se non vogliamo compromettere l’equilibrato sviluppo dei nostri piccoli.

Essi potrebbero, se non saggiamente accompagnati, crescere con la paura del contatto con gli altri; con la fobia delle relazioni; con il timore di vedere nemici dappertutto; con il rifiuto della socialità rifugiandosi sempre di più nelle stanze virtuali.

Se non si fa circolare l’aria, ci si potrebbe convincere che l’altro è l’inferno, il male, facendo crescere a dismisura l’io, quasi come in una camera a gas, dove si può morire per inedia o asfissia.

Sono considerazioni non dettate da pessimismo, ma da sano realismo e non lontane dalle nostre realtà; vogliono essere semplicemente un invito a pensare questo nostro tempo pandemico.

Il rischio, come risposta alla situazione attuale, è di abitare i social non come ambienti sani, ma luoghi per evadere, per coniugare sempre di più il solipsismo e la solitudine, inoltrandosi su sentieri interrotti, e specchiandosi in se stessi, come Narciso, fino a morirne.

O, come purtroppo sta accadendo in qualche città, organizzando a cominciare dai social bande di violenza per devastare le città e, in fondo, noi stessi.

In questo modo, invece di curare le ferite, causate o evidenziate dal virus, esse diventano sempre più profonde, purulente, alimentando uno scoramento che, in tutte le età, è porta verso la depressione.

Come reagire? Come annunciare la Pasqua in questo contesto, evitando che la Croce da porta diventi sbarramento verso la Risurrezione?

Qual è il compito urgente delle comunità domestiche ed ecclesiali?

Stare alla finestra, aspettando che tutto passi, o riprendere con gesti nuovi e creativi il mandato primaverile per annunciare la Pasqua? Quale attenzione per i bambini, i fanciulli, i ragazzi, gli adolescenti, i giovani per non lasciarli soli e alla deriva di se stessi?

Quali proposte intelligenti, in famiglie e parrocchie, per riempire i vuoti provocati dalla mancanza di scuola, catechismo, relazioni amicali, vita associativa, sport?

Certamente, non abbiamo ricette per tutto e per tutti, ma possiamo avere uno sguardo profetico, capace di guardare dentro ed oltre per vedere e curare le tante ferite dell’anima con il balsamo della tenerezza e della speranza.

Possiamo pensare a piccoli gesti per i piccoli; a pronunciare parole sensate; a proporre immagini gioiose per evitare che essi, specialmente i ragazzi, si inoltrino in pensieri e azioni di violenza, verso se stessi e verso gli altri.

Possiamo creare, e dobbiamo farlo, un clima sereno adatto alla crescita di ognuno.

Ricordiamo che il tempo libero, se non ben riempito, diventa tempo vuoto e l’ozio è ancora il padre di tutti i vizi. È tempo di riscoprire con occhi nuovi l’ora et labora!

Possiamo, come Maria e Giuseppe, angosciati alla ricerca di Gesù (cfr Lc 2,48), essere madri e padri presenti, ma nell’ombra, attenti e propositivi, non distratti, intelligenti, gioiosi, speranzosi e fiduciosi, capaci di fare da sfondo colorato alla loro crescita e alle loro scelte.

Capaci di sapere abitare con fede anche il tempo della Croce, che non manca mai nei percorsi della vita.

Qual è il desiderio di Gesù e della Chiesa?

  • Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio” (Lc 22,14-16).

Mangiare con loro, dando alla mensa lo spessore del dialogo e della comunione, e il sapore del pane fatto in casa. Dare spazio e tempo all’ascolto e alla parola e mettendo da parte – specialmente a tavola! – gli altri strumenti di comunicazione. E parlare, ascoltare, dialogare, ridere e sorridere, dando senso alla vita, allo stare insieme e alle tante domande non espresse, o soffocate dentro.

Attenti soprattutto alle parole non dette.

Mangiare con i compagni (cum panis), a casa e in chiesa, pane e Pane; acqua e Vino, e benedire sempre per imparare che tutto viene da un Altro.

È il desiderio di Gesù che consegna tutta la vita per il bene dei suoi.

Questo è l’amore più grande (cfr Gv 15,13)!

  • Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: “Il Signore non ha scelto nessuno di questi”. Samuele chiese a Iesse: “Sono qui tutti i giovani?”. Rispose Iesse: “Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge”. Samuele disse a Iesse: “Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui”. Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: “Àlzati e ungilo: è lui!”. Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. Samuele si alzò e andò a Rama (1Sam 16,10-13).

E non mettersi a tavola se il più piccolo è assente. È importante saperlo attendere, non per sgridarlo o puntare il dito sul quadrante dei ritardi, ma per accompagnarlo e aiutarlo a farlo crescere in tutte le dimensioni, umane e spirituali.

E avere il coraggio di raccontare della Pasqua, della vita di Gesù, dei gesti eloquenti della Settimana Santa; parlare delle conquiste, delle sconfitte, delle certezze e dei dubbi della vita familiare ed ecclesiale.

E parlare sempre con fiducia, senza mai imporre, ma sempre proponendo e additando mete più alte e panorami stupendi, lasciando aperta la porta al nuovo che nasce.

E, senza falso pudore, raccontare anche di chi ci ha preceduto, di chi si è incamminato e ci aspetta oltre la siepe, e insegnare che la vita è un pellegrinaggio verso il Cielo, ma che già odora di Paradiso.

Si educa così, con gesti e parole, in famiglia e in chiesa, a lavoro e per strada, con lucida coerenza, specialmente in questo tempo malato nelle relazioni, capace di aprire voragini di paura e di niente.

Sono da riscoprire non i grandi incontri, grandi assembramenti, ma il rapporto personale, autentica scuola di incontro e maturazione per ognuno.

Non manchi a Pasqua, e a cominciare dalla Pasqua, questa rinnovata attenzione ai nostri ragazzi, ai piccoli, che stanno soffrendo e ci guardano e non dimentichiamo che essi sono la primavera del mondo e della Chiesa.

Così, con squisita attenzione, si può recuperare il tempo della scuola e del catechismo perduti, integrando e stimolando momenti di semplice ma autentica formazione. È in gioco il futuro sereno del mondo, e di noi stessi.

Non deleghiamo, non accusiamo, non imprechiamo, non cerchiamo capri espiatori, ma agiamo, perché siamo chiamati ad essere educatori a trecentosessanta gradi, ognuno secondo il proprio ruolo e competenza, utilizzando anche un linguaggio, mai banale e terroristico, ma capace di comunicare con le nuove generazioni intercettando i loro bisogni e i loro sogni.

Ad ognuno di noi il Signore chiederà conto dei talenti e del dono della vita.

  • Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: “Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli”. E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là (Mt 19,13-15).

Come Gesù, accogliamo i piccoli, imponiamo le mani su di loro e preghiamo. Non impediamo loro di andare da Gesù, e non imitiamo la pastorale dei discepoli che rimproverano e allontanano dal Maestro.

Oggi, già molti assolvono con lucidità questo compito. A noi, impastati nelle cose di Dio, è chiesto di accogliere e benedire.

Doniamo ai nostri piccoli un uovo di pasqua; come sorpresa vi trovino tanta passione, competenza, capacità di dialogo, il senso del limite e della fragilità, il filo indistruttibile della speranza da condividere con i più sfortunati per non smarrirsi e giungere, cantando l’alleluia, alla gioia pasquale.

Vi benedico

 

Nocera Inferiore, 28 marzo 2021
Domenica delle Palme

+ Giuseppe Giudice, Vescovo

 

Scarica qui: Nota Pasqua 2021 – Domenica delle Palme

 

 

Le celebrazioni del Vescovo durante la Settimana Santa

Il 28 marzo, alle ore 11.00, il Vescovo presiede la Santa Messa della Domenica delle Palme nella Concattedrale di Sarno. Per il Triduo pasquale, la Messa Crismale in Cattedrale è per le ore 10.30 del Giovedì Santo. Il Vescovo sarà, invece, nella parrocchia di Sant’Antonio in Poggiomarino per la Messa in Coena Domini (ore 19.00), l’Adorazione della Croce (ore 17.30), Veglia pasquale (19.30). Il 4 aprile, alle ore 10.30, il pontificale di Paqua in Cattedrale.