Carissimi,

quale pastore di questa Chiesa locale mi rivolgo anzitutto a voi che vi adoperate ad esercitare una delle opere di misericordia corporali più delicate: seppellire i defunti.

Il contatto con le famiglie in lutto e la mediazione spesso operata con i sacerdoti e le comunità religiose vi pongono al centro di una particolare attenzione da parte mia, soprattutto nel tempo in cui viviamo, ed è mio compito fare chiarezza su alcuni aspetti circa la cura dei defunti e delle loro famiglie.

Come sapete con l’Istruzione Piam et constantem del 5 luglio 1963, l’allora Sant’Uffizio ha stabilito che «sia fedelmente mantenuta la consuetudine di seppellire i cadaveri dei fedeli», aggiungendo però che la cremazione non è «di per sé contraria alla religione cristiana» e che non siano più negati i sacramenti e le esequie a coloro che abbiano chiesto di farsi cremare, a condizione che tale scelta non sia voluta «come negazione dei dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa». Questo cambiamento della disciplina ecclesiastica è stato poi recepito nel Codice di Diritto Canonico (1983) e nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (1990).

Nel frattempo la pratica della cremazione si è notevolmente diffusa in non poche Nazioni, ma nel contempo si sono diffuse anche nuove idee in contrasto con la fede della Chiesa. Pertanto è bene che io ribadisca a voi, che ci aiuterete, sono certo, a chiarire le idee alle famiglie con cui entrate in contatto al momento di dovervi prendere cura dei loro cari defunti.

Mi permetto ivi di ribadire alcuni principi e norme circa l’uso della cremazione e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione.

Il primo elemento da considerare è che la Chiesa, per motivi dottrinali e pastorali, continua a preferire la sepoltura dei defunti e il rispetto del corpo mortale degli stessi che come la Liturgia ci ricorda è tempio dello Spirito del Signore. La Chiesa continuerà a consigliare in via preferenziale la tumulazione del corpo del defunto nel cimitero o in altro luogo sacro e si chiede ai cristiani di continuare in questa pia pratica. L’inumazione è la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale. In tal senso la Chiesa non può permettere atteggiamenti e riti che coinvolgono concezioni errate della morte, ritenuta sia come l’annullamento definitivo della persona, sia come il momento della sua fusione con la Madre natura o con l’universo, sia come una tappa nel processo della re–incarnazione, sia come la liberazione definitiva della “prigione” del corpo. Infine, la sepoltura dei corpi dei fedeli defunti nei cimiteri o in altri luoghi sacri favorisce il ricordo e la preghiera per i defunti da parte dei familiari e di tutta la comunità cristiana.

Un secondo elemento riguarda invece proprio la cremazione. Laddove ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione, scelta che non deve essere contraria alla volontà del fedele defunto, la Chiesa non ha motivi dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi. Essa tuttavia non deve essere richiesta in contraddizione ai principi della Chiesa e in opposizione alla fede sulla resurrezione.

Un terzo elemento riguarda il vostro specifico servizio. Vi chiedo fraternamente di informare i parroci tempestivamente della scelta della cremazione da parte dei fedeli o delle loro famiglie, affinché gli stessi predispongano i riti liturgici in maniera adeguata a questa scelta, così come prevede l’appendice al nuovo rito delle Esequie in vigore presso la Chiesa italiana. Si chiarisca però alle famiglie che qualora per motivazioni legittime venga fatta la scelta della cremazione del cadavere, le ceneri del defunto devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica. In nessun caso la Chiesa potrà autorizzare la dispersione delle ceneri o la conservazione delle stesse in luoghi o abitazioni private (benché la legge civile dello Stato consenta entrambe queste possibilità) e meno che meno la creazione di gioielli o monili o altri oggetti dalle ceneri del defunto. Aiutateci a far capire che la scelta della cremazione non deve andare in contrasto con il rispetto per le spoglie mortali del defunto e con la possibilità che esse “riposino” in un luogo sacro pensato appositamente fino alla resurrezione, così come insegna la dottrina. La conservazione delle ceneri in un luogo sacro, inoltre, riduce il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana. In tal modo, inoltre, si evita la possibilità di dimenticanze e mancanze di rispetto, che possono avvenire soprattutto una volta passata la prima generazione, nonché pratiche sconvenienti o superstiziose. Va assolutamente scoraggiata in tal senso l’uso di dividere le ceneri tra i familiari ancora viventi, che ancor più espone al rischio della dispersione o mancanza di rispetto per il defunto.

Mi permetto, infine ricordare, che il mancato rispetto di tali indicazioni può, in casi estremi, portare, da parte dell’autorità ecclesiastica, a un diniego alla celebrazione delle esequie cristiane.

Dalla Curia Vescovile, 20 marzo 2017

+ Giuseppe Giudice, Vescovo