San PriscoVescovo e Confessore
Patrono principale della Diocesi di Nocera Inferiore – Sarno

La serie dei Vescovi di Nocera si apre con il Prisco, Santo Patrono della città e della Diocesi che ab immemorabili lo venerano.

Non si hanno sufficienti elementi per la ricostruzione di una precisa agiografia del Santo, la sua importanza si evince dalla devozione ininterrotta di circa milleottocento anni che i fedeli hanno verso di lui fin dai tempi in cui è vissuto ed è morto, nel III sec. d. C. Il culto a S. Prisco coinvolge non solo la città e la Diocesi di Nocera ma è vissuto anche in altri centri della Campania.

S. Prisco, cittadino nocerino, morì qualche secolo prima che S. Paolino fosse Vescovo di Nola (anno 409); il Santo Vescovo nolano nel suo libro dei Carmi scrive di S. Prisco e del culto che gli si tributava anche nella Diocesi di Nola:

Forte sacrata dies illuxerat illa beati
natalem Prisci referens, quem et Nola celebrat
quamvis ille alia nucerinus Episcopus
urbe sederit
… (Carme XIX)

(Per caso in quel giorno santo della nascita del beato Prisco, che anche Nola celebra, sebbene egli siedette a Nocera come Vescovo della città).

Questo è un passo fondamentale negli studi priscani “perché con esso il Santo Vescovo di Nola fa cadere tutte le questioni e gettale fondamenta storiche e religiose non solo di un uomo (Priscus), ma anche della Chiesa locale (Nucerinus) per esprimerne poi anche la funzione (Episcopus) e glorificare le di lui virtù (Beatus)” (Mons. Gioacchino Illiano, Vescovo di Nocera Inferiore – Sarno). La sua incisiva presenza nel III sec. d.C. è suffragata con dati storici ed archeologici, a partire dalla grande urna sepolcrale nella Cappella di S. Prisco, in Basilica Cattedrale, che custodisce il corpo del Santo Patrono morto in tarda età e delle sue due sorelle morte prima di lui. Da un minuzioso esame delle ossa contenute nel sarcofago, effettuato nel 1964, il prof. Gastone Lambertini, direttore dell’Istituto di anatomia umana normale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Roma, attestò “che quei resti erano appartenuti a un soggetto anziano di costituzione robusta, vissuto prima del 300 dell’Era Volgare e ad altro sesso”. La stessa urna sepolcrale in pietra è datata al III-IV sec. d.C.

Grazie all’archeologia e agli studi storici abbiamo notizie certe del secolo in cui è vissuto S. Prisco, sul centro e l’estensione del suo magistero, della sua influenza e della grande venerazione data a lui a Nocera e in Campania.

Dei racconti e delle narrazioni sulla sua vita molto è avvolto dal genere leggendario. Presso il popolo Cristiano di Nocera, molte storie si tramandano oralmente ab immemorabili e la maggior parte di esse legate ai luoghi dove è custodita la sua memoria presso il Duomo di Nocera Inferiore.

Queste storie furono nel medioevo messe per iscritto. Sono giunte a noi notizie di un antico lezionario – veteri lectionario Sancti Mathei de Salerno – che lo storico Lanzoni giudicò posteriore al sec. IX e che oggi purtroppo è stato smarrito. La notizia dell’esistenza del lezionario di Salerno ci viene dal francescano Lucio Baldini, il quale afferma di aver tratto l’agiografia di S. Prisco da questo antico codice, il Lezionario di S. Matteo di Salerno. Al Baldini si ispirò nel 1593 Mons. Paolo Regio, Vescovo di Vico Equense, che inserì la Vita di S. Prisco nella sua opera, Dell’Opere Spirituali.

Nel 1833 fu ripubblicata la Vita di S. Prisco di Mons. Regio estratta dalle Opere Spirituali con l’aggiunta della seguente appendice: “L’autore della vita di S. Prisco non fissa il secolo, nel quale egli visse e morì. Questo punto d’Istoria è ignoto anche a noi. Possiamo però approssimativamente fissarlo. Quindi abbiam creduto necessario di aggiungere alla vita del Santo le seguenti notizie. Ughellio nella sua Italia Sacra al Tomo VII nel parlare de’ Vescovi di Nocera si esprime così: Sactus Priscus, Primus Hujus Ecclesiae Episcopus, censetur sub Nerone martyrio coronatus, cujus dies festus agitur nona Maji in martirologio Romano, de quo Baronius in Notis. Estquae Divus tutelaris. (San Prisco, primo vescovo di questa chiesa, fu giudicato sotto Nerone, coronato dal martirio, il cui giorno festivo si celebra il nove maggio nel martirologio romano, su cui Baronio nelle note. Dio ne è tutelare).

La di lui opinione però ne anche è sicura, poiché Nerone ascese al Trono nell’anno 54 del primo secolo della Chiesa, e morì nell’anno 68. E Matteo Gizzio nella sua serie degl’Imperatori Romani rapporta tutti i martirii, e le persecuzioni contro gli Apostoli, ed ai seguaci loro, e non fa menzione alcuna di S. Prisco.

Il più sicuro è che questo Santo protettore di Nocera fosse vissuto verso il terzo secolo. Inperciocchè S. Paolino di Bordeos nella Guascogna si fece Cristiano nel 384 e venne nel Regno di Napoli, ove fu eletto Vescovo di Nola. Egli morì nell’anno 431. Or questo Santo Vescovo nel suo Natale al Poema XIX, scritto a S. Felice Martire, si esprime così: Forte Sacrata Dies illuxerat illa Beati. Natalem Prisci, referens, quam Nola celebrat. Quam vis ille alia Nucerinus Episcopus urbe sederit. Il Ramondini nella sua Storia Ecclesiastica Tomo II, dell’Opera di S. Paolino Poema XIX, traduce così: Splendea quel dì nel Citt à di Nola, Festiva a Prisco, che Pastor già resse. Là dè Pagani e Picentin Nocera. Se adunque S. Paolino nel fine del quarto secolo parla di un Prelato già Santo, è conseguenza legittima che già prima fu Vescovo di Nocera, e santificato dopo la morte. Ed ecco come con quasi certezza si può stabilire che il nostro Santo tutelare occupò la sede Vescovile di Nocera verso il terzo secolo dell’era Cristiana”67

Alcuni storiografi del XIX sec., fecero di S. Prisco un proto vescovo di Nocera, uno dei 72 discepoli di Gesù venuto dall’Oriente o con S. Pietro o con S. Paolo e martirizzato sotto Nerone, lo stesso imperatore dei martiri nocerini Felice e Costanza riportati dal martirologio Gerolimiano. Tale congettura fu tratta probabilmente da Adone (IX sec) che nel suo martirologio, dopo la commemorazione di Prisco al 1° settembre aggiunse «qui unus fuit de illis antiquis Christi discipulis» (Che fu uno di quegli antichi discepoli di Cristo). Il Lanzoni a tal proposito aggiunse che

“Adone era capacissimo di derivare una notizia tanto importante dal semplice fatto che il martire chiamavasi Priscus = anticuus”. Sotto l’influenza di Adone, la Passio della Biblioteca capitolare di Benevento lo fa diventare il discepolo proprietario del Cenacolo che diede ospitalità a Gesù nell’ultima Cena.

L’appendice allo scritto di Mons. Regio aggiunto nel 1833, sottolinea l’errore di tali storiografi, facendo emergere come negli scritti precedenti non si sia mai affermata tale congettura che per altro

non è mai diventata “popolare”.

Nei racconti popolari riportati negli scritti sulla vita di S. Prisco è chiara l’immagine di un Vescovo secondo una forma ben più evoluta del I secolo, non si parla di martirio, né di conoscenza di Apostoli e per di più si parla di un incontro del Santo con il Papa.

Mons. Regio riporta la tradizione del “transito di questo Santissimo Confessore di Cristo” in tarda età, dopo una vita condotta in modo eminentemente santo, “a IX di Maggio” sottolineando di aver attinto tutt e queste notizie dall’ “antico Lezzionario della vita di questo santo Vescovo, estratto dalle Cronache della Chiesa di S. Matteo di Salerno”.

La pietà popolare ha tramandato su S. Prisco e riportato negli scritti che il Santo Vescovo e Confessore di Nocera fu fatto per le sue virtù Vescovo della sua stessa città. Uomo e Pastore di grandi carismi, svolse in terra una vita Santa. Celebrava Messa al mattino presto, prima di tutti gli altri Sacerdoti. Un segno celeste che lui udiva gli indicava l’ora della Celebrazione, in tal modo, quando tutti gli altri andavano a celebrare “l’officio santo” lui “avendo già celebrato, ed a mangiar si sedeva”.

Tale situazione portò alla mormorazione nel popolo e nelle vicine Chiese. Si diceva di lui che fosse un uomo superbo in quanto mangiava invece di celebrare la Messa e le divine lodi, fu infamato come eretico, scismatico e indisciplinato e cercarono di mandarlo via.

Molti difendevano il Santo Vescovo ed il suo operato sottolineandone grandemente la bontà dell’uomo, la grande fedeltà al suo Ministero, nonché la sua grande carità e misericordia verso tutti.

Intanto gli accusatori mandarono un inviato al Papa per denunciarlo come un uomo di mal costume e un Vescovo indegno, così il Papa inviò degli uomini che immediatamente conducessero il Vescovo Prisco da lui.

Dopo alcuni giorni, gli uomini giunti da Roma a Nocera, entrando nella Chiesa dove Prisco stava, lo trovarono che celebrava l’Eucaristia e con gli stessi abiti della celebrazione lo portarono via. Prisco, pur se l’incontro fu brusco, partì con loro con mansuetudine e pazienza confidando nel Signore Gesù Cristo che non l’avrebbe abbandonato e che avrebbe fatto in modo da dimostrare la sua innocenza. Lungo la strada verso Roma, il Vescovo Prisco compì molti miracoli. Trovandosi in un luogo molto freddo, Prisco, rivestito ancora dalle vesti liturgiche, chiese ad una donna che lì abitava di donargli del fuoco per scaldare gli uomini che viaggiavano con lui.

Non avendo la donna recipienti per riporre i tizzoni ardenti, Prisco li fece posare sulla pianeta che ancora indossava la quale riuscì a contenere i tizzoni senza bruciarsi. Gli uomini che erano con lui ovviamente ne restarono grandemente ammirati e da questo momento lo trattarono con grande riverenza. Lungo il cammino per Roma, verso mezzogiorno, si trovarono affamati e senza acqua, non ve ne era nel luogo in cui erano giunti. Gli uomini che lo stavano conducendo dal Papa chiesero a Prisco di pregare il Signore Dio affinché li aiutasse anche in quest’altra situazione.

Prisco intimò così ad una cerva che lì passava di fermarsi e con il suo latte di estinguere la fame e la sete dei ministri del Papa e dopo aver insieme ringraziato il Signore, Prisco comandò alla cerva di poter tornare da dove era venuta. Continuando il cammino videro una quantità di papere, Prisco comandò loro di seguirlo per farne dono al Papa. Arrivati a Roma i ministri del Papa gli notificarono la santità del Vescovo che avevano condotto da lui, raccontandogli dei segni e dei prodigi che aveva compiuto lungo il viaggio. Il Papa sentendo il racconto dei suoi ministri riconobbe la santità di Prisco e si pentì per averlo costretto ad un viaggio così faticoso. Volle subito incontrarlo. Prisco con molto garbo mostrò al Papa la sua stanchezza e la sua prontezza il giorno dopo a rispondere ad ogni sua domanda. Il Papa vedendo le papere arrivate con lui quiete e silenziose in un angolo della stanza, meravigliato chiese a Prisco il senso della presenza di quegli animali e Prisco spiegò di averle portate per donarle a lui. Il Papa preso dalla santità del Vescovo non volle accettare il regalo ma anzi, disse di voler lui regalare qualcosa alla Chiesa di Prisco e il Vescovo comandò alle papere di ritornare ai loro luoghi ed esse andarono via. Rimasti soli il Papa con S. Prisco discussero a lungo, finché si fece notte e andarono a riposare. Il mattino seguente Prisco sentì il segno celeste per la celebrazione delle lodi divine e svegliò il Papa il quale rispose che fosse ancora presto per la preghiera. S. Prisco spiegò al Papa del segno e per far sì che l’udisse anch’egli lo fece salire sui suoi piedi; il Papa udito anch’egli il segno andò a celebrare con lui. Il Santo Vescovo spiegò al Papa che per questo motivo era stato accusato.

Ritornati in stanza dopo aver lodato il Signore, S. Prisco sentì di nuovo il segno per la Messa e così risvegliò il Papa al quale fece riascoltare il segno nello stesso modo. Celebrarono insieme e condivisero dopo l’Eucaristia il pasto mattutino. Così il Santo Padre riconobbe non solo l’innocenza del Vescovo di Nocera, ma anche la sua santità.

Dopo aver cenato e ringraziato la sera il Signore, il Papa disse a Prisco che qualsiasi dono avrebbe voluto da quel palazzo glielo avrebbe volentieri donato. S. Prisco volgendo lo sguardo ad una grande conca di marmo chiese quella per porla davanti alla porta della sua Chiesa a Nocera, in memoria delle grazie che il Papa volle concedere al Vescovo Prisco. Il Papa mostrò la sua perplessità per il trasporto vista la mole dell’oggetto. S. Prisco vedendo legate ad una colonna due vitellucce messe lì da un contadino per venderle, disse al Papa che se gli avesse donato la conca l’avrebbe condotta per la misericordia di Dio con le due vitelle. Il Papa conoscendo ormai la grandezza della santità del Vescovo, gli concesse quanto volle. S. Prisco legò la conca alle vitelle e miracolosamente condusse la conca a Nocera.

Accorsero al gran miracolo tanta gente la quale ritornava a casa lodando Dio per i prodigi che aveva visto per intercessione di Prisco. Condotta la conca a Nocera e postala dove il Santo desiderava, la fama di Prisco, il suo onore e la sua santità si sparse grandemente. Si riappacificò con tutti i suoi Sacerdoti corroborandoli nella fede nel Signore. Il Santo Vescovo perdonò tutti i suoi accusatori e pregò per loro con grande amore.

S. Prisco morì dopo una vita lunga e santa. Il Santo Confessore andò al sepolcro dove giacevano le sue due sorelle e chiese con amorevolezza e grande affetto ad esse di fargli posto tra loro per il riposo in Dio. Le sorelle miracolosamente gli fecero spazio tra loro ed egli si distese e passò alla vita eterna.

Mons. Regio aggiunse che il transito di questo santissimo Confessore di Cristo, Prisco si celebra il 9 Maggio, nel giorno che per fedele tradizione si ritiene che sia avvenuto..

(Da DON ROBERTO FARRUGGIO, Sulle Orme dello Spirito… nel bimillenario cammino della Chiesa Priscana, Editrice Gaia, Angri 2007).