Finita la scuola per i genitori si è presentato il problema su dove lasciare i figli quando loro sono a lavoro. L’offerta dei Centri estivi si è moltiplicata e specializzata. L’esperta suggerisce però di ritornare al tempo dei cortili e delle ginocchia sbucciate.
Con l’estate e le scuole chiuse, per molti genitori si è presentato il dilemma su dove lasciare i propri figli quando si è a lavoro.
Per tempo abbiamo iniziato a cercare aiuto per uscire vivi da questi tre mesi di vacanze scolastiche estive: in Italia sono tra le più lunghe rispetto alla totalità dei Paesi europei.
Chi ha avuto l’occasione ha affidato i propri pargoli ai santi nonni, che sono i veri pilastri del welfare italiano, altrimenti via al valzer dei centri estivi.
A dire il vero, negli ultimi anni l’offerta è diventata sempre più ampia e variegata. Navigando semplicemente sul web si possono trovare moltissime opportunità: dalle proposte degli oratori ai centri comunali, dai campeggi con le squadre sportive ai campi ricreativi organizzati da associazioni che lavorano con bambini e adolescenti.
L’epoca dei cortili appartiene al passato: già da fine maggio si apriva la stagione delle sfide a pallone o con le pistole ad acqua. E iniziavano le lunghe lamentazioni delle persone più anziane per il vociferare pomeridiano dei marmocchi. Allora via alla contrattazione per definire le fasce orarie in cui poter scendere a scorrazzare liberi.
In quegli stessi cortili tanti di noi abbiamo imparato ad andare in bici guardando semplicemente altri bambini; abbiamo giocato fino allo sfinimento con gli elastici; gareggiato con il “carruocciolo” (dal latino carroccium: piccolo carro).
I bambini adoravano salire e scendere su ripide salite incuranti delle conseguenze: le scarpe erano consumate all’inverosimile dalle frenate, le ginocchia perennemente sbucciate, ma la felicità che si provava durante quelle discese era impagabile. Nei caldi pomeriggi d’estate abbiamo però imparato anche ad annoiarci, perché non c’era nessuno a riempire il vuoto del nostro tempo.
I cortili, come i condomini di una volta, erano ciò che potremmo chiamare “villaggi solidali” in cui tanti, a diverso titolo certamente, ma davvero tanti, si occupavano in semplicità e serietà della cura dei cuccioli mentre i genitori erano impegnati a lavoro.
Oggi sono sempre più le famiglie che scelgono di iscrivere i propri figli ai Centri estivi. Ma finalmente chiude la scuola e noi che facciamo? Li affidiamo di nuovo ad altri adulti?
I bambini già stanno tutto l’anno con adulti che gli dicono cosa fare, quando farlo e come farlo in una dimensione quasi artificiosa, perché incapaci a organizzare tempo e spazio da soli quando invece l’estate dovrebbe essere il tempo dell’otium, del dolce far niente.
Non voglio certo trascurare i problemi di noi genitori lavoratori, che facciamo salti mortali per organizzare i tempi di lavoro con i tempi di cura dei nostri figli. Ma possibile che nei grandi condomini di città non ci si possa organizzare fra genitori?
Perché, invece di spedirli in giro, non si prova ad organizzare una rete di sostegno fra famiglie, chiedendo aiuto anche ai nonni, per far giocare i nostri bimbi insieme in modo spontaneo, creare dei veri e propri contesti di prossimità? Dei nuovi cortili?
Di certo resta a noi genitori cercare di aiutarli affinché godano delle opportunità di cui dispongono, nell’attesa di trascorrere le meritate vacanze, o il resto dell’estate, tutti insieme come famiglia!
Anna Spinelli, sociologa
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