(Vigilia di Pentecoste 1996)

1. Saluto e motivi

Fratelli e sorelle in Gesù Cristo, tutti abbraccio e tutti saluto con il bacio della pace, nella promessa del Signore che ha detto: “Io effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo”. L’ora è solenne! La nostra Chiesa di Nocera – Sarno è invitata, da Dio e dai tempi presenti, a scrivere una nuova pagina della sua lunga e gloriosa storia: una pagine di verifica, di rinnovamento, d’impegno missionario, di nuova evangelizzazione. In questo momento – di portata certamente storica per la odierna indicazione del Sinodo Diocesano, che inizia ufficialmente – mi sovviene alla mente quanto Paolo diceva agli anziani di Efeso: “vegliate su voi stesso e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posto come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata col suo sangue” (At 20,28).

Quale vescovo, anch’io, posto dallo Spirito Santo a pascere questa antica Chiesa e, ormai, a dieci anni dalla unificazione delle due ex diocesi dell’Agro, sento grave ed urgente il dovere, che mi viene da Dio e dai nuovi tempi, di convocare questo santo Sinodo, che, dopo gli oltre trenta anni dal Concilio Vaticano II, intende impegnarsi a vivere intensamente per dare nuovo coraggio, cristiana e speranza e più chiari orientamenti al cammino conciliare e pastorale della nostra Chiesa, anch’essa avviata responsabilmente verso il terzo Millennio.

Non siamo i primi, certo, ma neanche gli ultimi a convocarci, oggi, in Sinodo, se guardiamo alle Chiese sorelle d’Italia e a quelle della Campania, in particolare. Né la nostra Chiesa è alla prima esperienza sinodale. Già nel passato – come si sa, e lo diciamo con una punta di orgoglio – vi sono stati tanti altri Sinodi, ad iniziare da quello più antico, giunto fino a noi, del 1479, prima, cioè, del Concilio di Trento.

Ma il Sinodo che inizia oggi – per la vostra e mia gioia – costituisce il Primo, dopo il Concilio Vaticano II, dopo la pubblicazione del nuovo C:D:C:, e dopo l’unificazione delle due diocesi. Non senza emozione grande – come si può capire – e consapevole di essere, personalmente, dentro un preciso piano di amore di Dio, debbo pubblicamente riconoscere l’onore e la fiducia gratuita che il Signore mi ha accordato per vivere, in questa stagione fortunata della Chiesa di Nocera – Sarno, avvenimenti che mai avrei osato immaginare di vivere da Vescovo e, tanto meno, da protagonista, dopo Dio! Ma quello che mi esalta di più, carissimi, è il pensiero che voi tutti non siete estranei a questa grazia, a questo mistero di amore, a questo onore e tanta fiducia: siamo in cordata, formiamo tutti lo stesso corpo di Cristo, siamo tutti protagonisti in questa divina avventura ecclesiale e salvifica, tanto da poter dire che tutto il popolo in cammino, nella prova e nella gioia. perciò possiamo, nei momenti di discernimento, tutti esclamare con la Chiesa primitiva: “Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi” (At 15,28).

Questo Sinodo, come avete potuto notare tutti da alcuni anni in qua, parte da lontano: dopo i vati Convegni pastorale, la Visita del Papa, la Visita pastorale, dopo tante consultazioni su tale “proposta” e opportuno discernimento, si è giunti insieme alla decisione di convocare la Chiesa diocesana tutta in un Sinodo di coinvolgimento e impegno, per una svolta cristiana ed ecclesiale, tale da farci essere, il più possibile, una Chiesa capace di rispondere ai nuovi tempi, alle nuove esigenze e alla nuova cultura: una Chiesa in cui l’uomo, ogni uomo, si possa sentire libero e sereno figlio di Dio. La Chiesa non è nuova a questi appuntamenti, anzi essi le fanno esprimere proprio la sua natura di popolo, di famiglia, di comunione, di comunità. Si è Chiesa nel pieno senso, solo nella misura in cui ci si rende tutti consapevoli e responsabili delle sorti e del cammino comunitario della storia della salvezza. In Cielo, appresso al Vincitore, deve arrivare un popolo di redenti, per essere consegnato al Padre dal Risorto!

2. L’amore di Dio: chiave di lettura dell’avvenimento sinodale Viene da fare, a questo punto, una breve riflessione (quasi un excursus) per meglio cogliere il filo d’oro che unisce, come in una trama, gli avvenimenti principali della storia sacra fino a noi, che formiamo questo peregrinante popolo di Nocera – Sarno. La potenza di Dio è l’amore, ci fa dire in questi giorno la liturgia di Pentecoste. E solo l’amore di Dio ci dà la chiave di lettura di questo grande avvenimento che oggi la nostra Chiesa diocesana vive un evento che ha molto a che fare con lo Spirito Santo e con la Piena di Grazia e Regina degli apostoli, Maria. Da sempre Dio, ricco di misericordia, ha amato l’uomo; per primo l’ha amato e per amore l’ha voluto creare.

Come da sorgente inesauribile, remotamente, dal cuore del Padre giunge all’uomo l’amore e l’essere (1 Gv 4,10). Così pure, da quando l’ha creato, Dio ha anche pensato al Redentore dell’uomo e alla sua venuta nel mondo perché egli sapeva già che l’uomo avrebbe peccato. Di conseguenza, Dio ha anche previsto l’istituzione della Chiesa, sacramento di salvezza che doveva continuare l’opera della Redenzione dell’umanità, nel tempo e nello spazio. Infine, dopo millenni di storia di peccato, di purificazione e di sofferenze, “quando venne la pienezza del tempo, Dio inviò il Figlio suo nel mondo, nato sotto la legge, nato da Donna… (Gal 4,4); e, così, “dove abbondò il delitto, sovrabbondò la grazia”. E quando il Pastore d’Israele iniziò la sua missione messianica e volle ricondurre le “pecore disperse” nel nuovo ovile che è la Chiesa, incominciò dalle sponde del Giordano, ove il Battista lo annunciò presente come “agnello venuto a togliere i peccati del mondo”. “Convertitevi e credete al Vangelo” fu l’inizio della nuova storia e l’annunzio gioioso per una nuova umanità chiamata a partecipare al Regno di Dio.

La Chiesa, opera dell’amore di Dio, Verbo incarnato inviato dal Padre “per la nostra salvezza”, è nata dal Cuore di Cristo, per opera dello Spirito Santo, dopo prezioso e frutto effuso da Cristo nel Cenacolo, sulla Chiesa. Ora è allo Spirito ch’è stato affidato il compito di “rinnovare la faccia della terra”, attraverso i secoli, attuando la Redenzione per tutti i popoli, fino alla fine del mondo. La Chiesa, da 2000 anni, continua ad essere un Cenacolo; ancora oggi, e nei secoli, quello che la Chiesa genera è opera dello Spirito Santo, proprio come allora, duemila anni fa, quando, con Maria in mezzo a loro, gli apostoli ricevettero il dono di Gesù dal Padre, nella persona dello Spirito Consolatore, e si divisero il mondo per evangelizzarlo: “Andate e predicate il Vangelo a tutte le creature”: Ultima preoccupazione del Redentore per la sua Chiesa, missionaria sino alla fine dei tempi. Fortunata la nostra Terra dell’Agro, quando, ancora gli albori dell’era cristiana, fu raggiunta dall’annunzio che rivoluzionò a poco a poco il mondo allora dominato da Roma.

Nocera si chiamava Costanza ed era metropoli, in un contesto storico di primo piano con Pompei, Ercolano ed altre città vesuviane. Nel quarto secolo era certamente diocesi, prima di Salerno stessa. Se non vogliamo assume la costante tradizione che ne vuole l’origine addirittura al primo secolo! Certo è, invece, il nome del suo primo vescovo, Prisco, confermato da Paolino da Nola. Certa è anche la prima sede del Vescovo in S. Maria Maggiore di Nocera, ora detta Superiore. Oggi, questi ricordi, fugaci e ripetitivi se volete, hanno il sapore di una volontà di cercare e affermare la base sicura dell’antica nostra fede cristiana. Certo, un privilegio ed un vanto, ma anche una grande responsabilità, dato che il vangelo è come il fuoco che non si può tenere in mano, ma solo per accendere e mantenere viva la fiamma. Da oltre 1600 anni la nostra gente dell’Agro si raccoglie attorno allo stesso ideale di fede e di cultura, insieme al popolo del Sarno, come abbiamo voluto esprimere anche nel Logo del Sinodo. Siamo antichi, veniamo da lontano, e questo, nel bene e nel male, ci segna profondamente.

3. Sinodo Diocesano e Chiesa del 2000 È questa storia, intrisa di sangue e di fede fin dai primi tempi del cristianesimo, che oggi siamo invitati a rivisitare, a comprendere, a correggere e a seguire, pur con le modeste nostre forze, per essere degni dei nostri Padri e dell’antica gente della fertile Valle del Sarno. In certo qual modo, parafrasando Paolo, potremmo, prima di spiegare le vele ed approdare al porto sicuro dell’eternità, dire: “Hanno combattuto la buona battaglia (i nostri Padri), hanno conservato la fede…” ed ora, in questo secolo, che volge al tramonto del Millennio, ci dicono: “adesso è la vostra epoca, è il vostro turno… portate anche voi il Vangelo in questo Agro, assetato di Dio e di bene; non vi stancate, perché Gesù ha promesso di essere con voi sino alla fine del tempo”! Cinquantadue vescovi, una presenza interrotta di oltre Sedici secoli, generazioni di santi e di confessori della fede, non possono essere cancellati senza una responsabilità enorme della nostra fede cristiana irretiti, spesso, in un materialismo e in una cultura scristianizzante, che fa a pugni che le nostre radici cristiane e civili. Vada oggi perciò ai nostri padri, ai miei santi predecessori vescovi, ai sacerdoti e religiosi del passato il più caro ricordo e la nostra riconoscente preghiera. In questi ultimi tempi si nota in verità un sano risveglio per capire di più le ragioni della nostra fede.

Mai come oggi, sono esistite tante scuole e tanti corsi di aggiornamento religioso per accostarsi ai sacramenti; ma è venuto meno quello che si chiama il contesto di fede della famiglia e del paese, che assicurava – come sotto una campana di vetro – una certa cultura religiosa e sociale, che produceva sicurezza e creava accompagnamento a coloro che facevano parte della parrocchia. Il mondo è diventato un villaggio: quello che succede qui, contemporaneamente si sa ovunque nei giro di pochi minuti. Le notizie volano e, dopo un giorno, diventano già vecchie: la ricaduta sella gente semplice di quello che è un diverso modo di pensare e di vivere è imprevedibile e la gente cambia facilmente opinione, a volte senza capire, solo perché così dicono la TV, il giornale, la radio, quel politico, quell’uomo di scienze, quell’altro capo di religione… tutto diventa relativo. Non esistono punti di riferimento sicuri. Per tanta gente, che non dispone di capacità critica sufficiente a far sintesi ed arricchirsi continuando a conservare la propria fede, la morale in cui è stata educata, un tale contesto non fa chiarezza. Lo sappiamo tutti che stiamo attraversando un’epoca gi grandi cambiamenti culturali e sociali. In questo modo corriamo il rischio di perdere il treno della storia! Bisogna – come si ripete ormai da tempo dal Papa e dai Maestri della fede – ripiantare il Vangelo nel cuore dell’uomo di oggi, con i mezzi di oggi e con le categorie mentali dell’uomo di oggi. Rievangelizzare, è la parola d’ordine dei nostri tempi ed anche il programma della nostra Chiesa. C’è chi dice che è già troppo tardi, ma in questo campo, al servizio di Colui che ha detto: “Abbiate fede, Io ho vinto il mondo!”, non è mai tardi.

Se l’icona della Chiesa è il Cenacolo in cui, con Maria e gli apostoli, c’è lo Spirito Santo, allora non dobbiamo temere di riuscire, anche oggi come nel passato, nonostante i cosiddetti barbari dell’epoca moderna. La Chiesa è di Cristo! Egli ha vinto il mondo. Ecco perché, insieme ormai da nove anni, stiamo preparandoci ai grandi traguardi di fine millennio e, in modo speciale, al Grande Giubileo. L’icona del Giubileo è la Sinagoga di Nazaret, ove Gesù riferisce a Sé le parole di Isaia: “Lo Spirito del Signore è su di me; Egli mi ha mandato a proclamare un anno di grazia e di misericordia per tutti gli uomini”. Siamo, o carissimi, in quest’onda di grazia e di conversione ch’è il Giubileo, preparandoci, con cuore aperto e sincero, al perdono e alla novità di vita. Noi non potevamo lasciar andare le cose avanti da sé, spontaneamente, o rimorchiati ad altri passivamente.

Con il Presbiterio e con l’Ufficio Pastorale ci siamo a lungo consultati, e sono emerse la necessità e l’urgenza di un piano che, con l’aiuto di Dio, ci deve portare preparati al Grande Giubileo e al nuovo Millennio. Se in questo cammino è la fede da rivedere, allora ecco la Missione popolare e la Casa di Preghiera come risposta; se è la speranza ca costruire, allora ecco le varie opere sociali ed umanitarie che abbiamo previsto di far nascere in diocesi: la casa di accoglienza e il fondo antiusura; se la carità e la giustizia sono da riaccendere (ragazzi a rischio, progetti per gli anziani, osservatorio delle povertà), ecco le varie iniziative coordinate dalla Caritas e dalle associazioni laicali della nostra Chiesa. Non ci illudiamo, ma, confidando nel Signore, intendiamo lavorare in grande umiltà.

Saranno certamente quattro anni ancora di grande lavoro, sotto tutti gli aspetti, ma lavorando insieme tra noi e, soprattutto, insieme con il Signore, ce la faremo! Il lodo del Sinodo vuole imprimere nell’animo di tutti quello che Jahvè diceva di Israele 2500 anni fa: “Il Signore ti guiderà sempre” (Is 28,119). Tutto ci potrà veni meno, mai la sicurezza che con il Signore tutto rinascerà e si rinvigorirà per la nuova Gerusalemme, per la sua Sposa, per questa Chiesa di Nocera – Sarno. La domanda che tutti, oggi, ci facciamo, perché affiora dal profondo dell’animo di ciascuno è: “Quale Chiesa vogliamo costruire per il 2000?” Certamente una Chiesa conciliare, una Chiesa comunità e comunione, è la risposta, una Chiesa di figli di Dio, una vera famiglia di fratelli che abbia lo stesso Vangelo per bandiera, una spiritualità comunitaria e un solo comandamento, basato sull’amore reciproco, distintivo dei seguaci di Cristo. Perciò oggi lo Spirito ci convoca in Sinodo e ci chiede di collaborare a costruire una Chiesa partendo dal Vangelo, per rispondere ai bisogni spirituali e culturali dell’uomo di oggi.

È per questo motivo che, con le parole della Chiesa, ci rivolgiamo a Lui: “Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Senza la tua forza nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Piega ciò che è rigido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina (nel nostro Agro). Consolatore perfetto, dolce ospite dell’anima, dolcissimo sollievo”… vieni e rinnova la faccia di questa Terra dell’Agro, assetato di Dio e di pace sociale. Amen.

Menu