Natale 1999
(Omelia per l’apertura dell’anno Giubilare in Diocesi)
“Senza mito né leggenda“, questo è il messaggio intramontabile del Natale: il debole bambino che giace nella mangiatoia è il Salvatore del mondo” (R: Schanackegurg).
Ciò che ora compiamo, nella sostanza del rito liturgico, è già capitato 2000 anni fa. In realtà, facciamo memoria di un evento unico, mai capitato prima, ma che continua ancora dopo due millenni di storia e di fede. Da Maria di Nazareth, sposa di Giuseppe, nacque il figlio di Dio, il Salvatore del mondo.
A quanti lo accolgano nella fede viene dato il potere di divenire ‘figli di Dio’, ancora oggi.
Infatti, solo la fede illumina questo fatto, rendendolo, così, un atto salvifico: chi crede sarà salvato per fede.
Carissimi, eccoci stanotte ancora una volta, e per l’ultima volta in questo millennio che passa a fare memoria insieme del fatto centrale della storia dell’umanità: il bambino, che deponiamo nel presepio in questa Notte Santa, è solo l’immagine tenera e santa, del bambino veramente nato da Maria a Bethlemme, sotto l’impero di Cesare Augusto 2000 anni addietro. Da quella notte il mondo girò pagina, la storia incominciò il suo nuovo corso, verso la salvezza; e gli uomini incominciarono a sperare in una civiltà che doveva mettere, a traguardo per tutti, l’Amore, verso Dio e verso l’uomo, il prossimo.
La liturgia ci presenta stanotte per bocca di Isaia, la salvezza come luce, come gioia, come liberazione: questi sono i segni messianici con cui si presenta a noi il Figlio di Dio, l’Emmmanuele, il Dio con noi.
1 – La venuta di Cristo è per noi (e per tutti gli uomini) la manifestazione di Dio e la fonte della salvezza;
2 – L’apostolo Paolo ci indica nella seconda lettura come deve orientarsi la vita del cristiano: vivere nella giustizia e nella pietà ed attendere personalmente la venuta del Salvatore;
3 – Il vangelo ci ricorda che la nascita di Gesù è il concepimento delle Scritture e la tensione continua verso la Pasqua e perciò, verso la gioia che non finisce mai.
Carissimi, la celebrazione del Santo Natale coincide quest’anno con l’inizio del grande giubileo, anno di grazia e di misericordia del Signore. Il cammino dell’Avvento ha rinnovato in noi l’esperienza dell’attesa; abbiamo condiviso il cammino interiore di quanti stanno ancora nelle tenebre, nella tristezza, oppressi dalla guerra e dall’ingiustizia.
L’invito del Santo Padre, il Sommo Pontefice, è quello di rivolgere lo sguardo verso la luce, ch’è Cristo, salvatore del mondo, ieri, oggi e nei secoli: oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore.
Il canto degli angeli rinnova ancora oggi la gioia ricevuta dal cielo per così grande Salvatore.
Nel bambino di Betlemme tutto acquista il suo pieno significato; infatti non possiamo celebrare il giubileo, in senso pieno se non partendo da questi evento di salvezza; È necessario portarsi spiritualmente da Betlemme se vogliamo capire il corso nuovo della storia e interpretarne correttamente gli eventi che si susseguono, da Betlemme a Gerusalemme, dove il mistero si compie nella croce e nella gloria.
Il Papa (nel documento di indizione del Giubileo) così si esprime: la necessità di Gesù a Betlemme non è un fatto che si possa relegare nel passato. … il nostro oggi e il futuro del mondo sono illuminati dalla sua presenza… Incontrando Cristo, ogni uomo scopre il mistero della propria vita. l’Incarnazione del Figlio di Dio e la salvezza che Egli ha operato con la sua morte e risurrezione sono, dunque il vero criterio per giudicare la realtà temporale e ogni progetto che mira a rendere la vita dell’uomo sempre più umana.
Il Giubileo, nel suo senso più vero e profondo, deve farci ritrovare lo stupore della fede nella vita, nell’insegnamento e nella persona stessa di Gesù, il Bambino di Betlemme. Ogni vero cammino di conversione nasce dall’incontro con Cristo, dall’intimo rapporto con lui.
- L’adesione personale a Cristo non dev’essere inquinata da altri elementi o da altre garanzie.
- Il cristiano è colui che accoglie l’invito dall’apostolo Paolo: “Camminate, dunque, nel Signore Gesù, come
l’avete ricevuto, ben radicati e fondati in Lui, saldi nella fede, come vi è stato insegnato (Col. 2,6-7).
- In questo mondo dobbiamo essere quelli che, avendo deciso di seguire Cristo, lo vogliamo imitare nella
coerenza della povertà, dell’amore agli altri, del coraggio della fede. Nell’ottobre del 1978, quando divenne Papa Giovanni Paolo II, suscitando in tutto il mondo un’attesa carica di speranza e di ottimismo esclamò: “Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo”.
- Era una profezia che si sta avverando sotto i nostri occhi.
- Egli, già allora, prevedeva l’apertura dell’anno santo del 2000, perché gli fu predetto che avrebbe portata la
Chiesa nel III millennio.
- Ora lo grida ancora a tutti, a noi, in questa Notte Santa: Aprite, anzi spalancate la posta a Cristo.
Carissimi,
il Giubileo, come sapete tutti, è un tempo di festa, ma la vera gioia nasce dal vivere nella comunione con Dio e con
il prossimo. La Chiesa non può eliminare (è vero!) la fame, la povertà, l’ingiustizia, la guerra… per quanto essa si sforza di combattere i vizi dal cuore dell’uomo..
- La Chiesa ha avuto il mandato, però, di annunziare ad ogni uomo il Vangelo e la certezza che ogni uomo è
figlio di Dio.
- È questo il motivo della gioia!
Il Vangelo strappa l’uomo dalla sua solitudine e dal suo egoismo, mentre gli ridona la consapevolezza della figliolanza divina.
Attenzione, perciò, a non soffocare questo bambino di Betlemme in una cornice di consumismo, evitando di crescere nel nostro cuore fino al punto giusto secondo il suo disegno su di noi.
Pochi giorni fa il Papa gridava a tutti i rappresentanti della Curia Romana: “Convertitevi e credete al Vangelo” è questo il messaggio che vibrerà con intensità crescente nel corso dell’Anno Santo, cioè del Grande Giubileo del III millennio. E qualche giorno prima aveva ancora invitato tutti a “prepararci al Natale con un profondo esame di coscienza”, se vogliamo entrare “pronti”, attraverso la Porta Santa che ci introdurrà spiritualmente nel Giubileo per il bimillenario della nascita di Cristo.
Dunque, esame di coscienza e conversione occorrono per vivere bene il Giubileo, cioè ottenere il perdono da Dio in questo anno di misericordia.
Incominciamo da stanotte, Notte Santa e ultimo Natale del 2000.
Carissimi,
davanti alla grotta di Betlemme, portiamoci come i pastori e i magi cercatori sinceri della verità di Dio. la Santa Scrittura ci annunzia:
- Ecco è giunta la pienezza dei tempi, Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo (Gal 4,4).
- Benediciamo il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo (Luca 1).
- Riconoscenti alla misericordia di Dio che ci fa dono di entrare per la Porta Santa del Giubileo, accogliamo
l’invito ad abbassare la nostra superbia e solleviamo i frontali delle porte antiche per far entrare dentro la nostra anima il Re della gloria.
- Gridiamo gioiosi in questa Notte Santa: “Vieni, Signore, non tardare libera dal peccato il tuo popolo”.
È stato detto che il vero male è vivere senza speranza. Non è tanto scoprirsi pieni di peccati, ma piuttosto vivere da disperati…
Lo scrittore Peguì dice che la virtù teologali sono come tre sorelle. Di esse la più piccola è la speranza, che conduce le altre due, la fede e la carità.
Il mondo non può essere più senza speranza, perché, da quando è nato a Betlemme il bambino, figlio di Dio e di Maria, è nata per tutti, povera, piccola, nel silenzio, sì ma è nata la speranza.
L’uomo non può più disperarsi. Perché Dio s’è fatto uomo diventando la sua unica vera speranza.
Carissimi, Buon Natale! Che sia un Natale di Speranza per tutti, per tutta l’umanità.