(7 Ottobre 1993)

Carissimi fratelli e sorelle,

come tutti sanno, questa celebrazione fu istituita da S. Pio V papa nell’anniversario della vittoria navale riportata dalla flotta dei cristiani nelle acque di Lepanto e attribuita agli interventi di Dio e all’aiuto della santa Madre di Cristo, invocata con la recita corale del S. Rosario. Era il 7 ottobre dell’anno 1571.

Questa commemorazione è incitamento per tutti a meditare sui misteri di Cristo, sotto la guida della B. V. Maria, la quale fu associata in modo tutto speciale alla Incarnazione, alla Passione e alla Gloria della risurrezione del Figlio di Dio.

Oggi vogliamo soffermarci per qualche momento, fratelli carissimi, sul rinnovamento di quel pio esercizio, che è stato chiamato il compendio di tutto il Vangelo; la “Corona” della B. V. Maria, il Rosario.

Da convegni, studi più profondi, riflessioni teologiche e pastorali di questi ultimi anni, dopo il Concilio Vaticano II, è apparsa in più vivida luce l’indole evangelica del Rosario in quanto proprio dal Vangelo esso trae l’enunciazione dei misteri e le principali formule; al Vangelo si ispira per suggerire, muovendo dal gioioso saluto dell’Angelo e dal religioso assenso della Vergine, l’atteggiamento con cui il fedele deve recitarlo; e del Vangelo ripropone, nel susseguirsi armonioso delle Ave Maria, un mistero fondamentale – quello dell’Incarnazione del Verbo – contemplato nel momento decisivo dell’annuncio fatto a Maria.

Preghiera evangelica, dunque, è il Rosario come oggi, più che nel passato, amano definirlo gli studiosi e i pastori di anime.

Incentrato, perciò, nel mistero dell’Incarnazione di Cristo, il Rosario è preghiera di orientamento decisivo cristologico.

L’ Ave Maria, ripetuta litanicamente, diviene anch’essa lode incessante a Cristo, termini ultimo dell’annuncio dell’Angelo e del saluto della madre del Battista: “benedetto il frutto del tuo seno”.

L’ Ave Maria costituisce come l’ordito sul quale si sviluppa la contemplazione dei misteri. Il Gesù, a cui ogni Ave ci richiama, è lo stesso che la successione dei misteri ci propone come Figlio di Dio e di Maria.

È invalsa la consuetudine, nel tempo, di aggiungere il richiamo al mistero al mistero che si contempla. Senza la contemplazione, il Rosario è corpo senza anima e la sua recita rischia di divenire meccanica e vuota. “Quando pregate non siate chiacchieroni come i pagani, che credono di essere esauditi in ragione della loro loquacità” (Mt 6,7).

Per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo di preghiera tranquillo e quasi una sosta pensosa, cose che favoriscono in chi prega la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il cuore di Colei che al Signore fu più vicina e ne dischiudono le insondabili ricchezze spirituali.

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