Profilo biografico Servo di Dio don Enrico Smaldone
(Angri, 22 novembre 1914 – 29 gennaio 1967)

Cenni biografici
Don Enrico Smaldone nacque ad Angri il 22 novembre del 1914, dal padre Marino e dalla mamma Rosalia Scarpato, quinto di 10 figli.

Fu battezzato nella parrocchia di S. Benedetto e della SS. Annunziata dal parroco don Luigi Smaldone. Era un bambino vivace ed allegro, cresciuto nello storico Quartiere Ardinghi. Trascorreva il tempo tra la casa, la scuola e la bottega nella quale tentava di imparare, senza troppo successo, il mestiere di calzolaio. Il piccolo Enrico preferiva di gran lunga giocare nel vastissimo largo dell’Annunziata. Fu lo zio, don Pietro Smaldone, ad avviarlo sulla strada del seminario. Enrico intraprese gli studi con intelligenza e determinazione. 

Il 13 luglio del 1941, all’età di 26 anni, fu ordinato sacerdote dal vescovo mons. Teodorico De Angelis. Imperversava il secondo conflitto mondiale. Mancavano cibo e soldi. Don Enrico, giovane presbitero, era Rettore della chiesa di Santa Caterina nel quartiere in cui era nato. Spesso sedeva sulle scale e, in silenzio, scrutava la miseria dei numerosi ragazzi che trascorrevano gran parte della giornata per strada, abbandonati a se stessi e al degrado di quegli anni tormentati. Cosa fare per strapparli al pericolo di quelle giornate monotone e senza colore? Nell’aprile del 1945, coinvolgendo gli amici dell’infanzia, fondò un gruppo scout tra i più importanti dell’Italia meridionale, che guidò con entusiasmo e passione. Solo quattro anni più tardi, proprio insieme ai suoi “esploratori”, assiste alla visione di un film che cambia per sempre la sua vita e che fa sgorgare nel suo cuore il desiderio di costruire ad Angri la Città dei Ragazzi.

La Città dei Ragazzi
Il 1949 è l’anno decisivo. Il 6 gennaio, l’amico don Gennaro La Mura, proprietario del Cinema Minerva di Angri, lo invita insieme ai suoi esploratori a vedere il film “Gli uomini della Città dei Ragazzi”. Sullo schermo, in bianco e nero, le immagini raccontano la storia di padre Flanagan, il sacerdote che nel Nebraska aveva fondato una casa per ragazzi a rischio. Una serata come tante altre si trasforma in uno spartiacque nella vita del giovane sacerdote. 

Annoterà nel suo diario: «Tornai a casa sconvolto. E questo turbamento mi durò per giorni. Meditai a lungo. Quando una mattina picchia alla mia porta un bimbo di otto o nove anni. Lacero, sporco, i capelli arruffati: portava in viso i segni della sofferenza. Gli offrii l’altra metà del caffè che stavo sorbendo e un pezzo di pane. E, quando lo invitai a parlare, seppi tutto di lui. La mamma gli era morta quando lui aveva solo tre anni. Il padre era da tempo all’ospedale. In chiesa era entrato solo qualche volta. I santi li conosceva soltanto attraverso la bestemmia che sentiva pronunciare dai suoi compagni di marciapiede e che, qualche volta, ripeteva anche lui. Quando il bambino mi lasciò per andare via, pensai a tante tenere vite che il disordine morale, conseguenza della guerra, non ha risparmiato. Pensai ai fanciulli della strada cui non brilla il sorriso della mamma, privi della protezione del padre, raminghi nella vita. Il loro passato è un angoscioso ricordo; il presente, squallore e miseria. Che sarà il loro domani se non si trova qualcuno che li accolga con amore e li rieduchi additando loro la via dell’onestà e del bene?». 

Quello fu il momento in cui gli scout persero il loro assistente ecclesiastico e tanti orfani trovarono un padre. 

L’intraprendenza
Per ricostruire l’indole appassionata di don Enrico è sufficiente ricordare, in ordine cronologico, alcune date che hanno segnato dei passaggi significativi nella realizzazione della Città dei Ragazzi. Il 1949 è l’anno decisivo. Il 6 gennaio don Enrico assiste alla proiezione del film che racconta la vicenda di padre Flanagan. Dopo la visione del film, decide di costruire anche ad Angri una Città dei Ragazzi. Il 13 febbraioappena un mese dopo! un corteo in festa arriva nel fondo di 5.000 metri quadrati donato dal dott. Giuseppe Adinolfi e fissa un cartello con la scritta “Qui sorge La Città dei Ragazzi”. Il 10 marzo stila il “Metodo pedagogico” da adottare nella Città. Passano altri 4 mesi e il 10 luglio  vi è la posa della prima pietra. Davvero non perde tempo don Enrico.

Il 4 marzo del 1951, insieme a tre bambini si trasferisce dalla casa paterna alla casetta in blocchi, con il tetto di tegole, che gli operai della ditta Lamaro avevano costruito per custodire gli attrezzi. Dopo tanta fatica, finalmente, nella agognata Città dei Ragazzi arrivano i primi “figli” della Provvidenza per i quali don Enrico sarà padre e maestro: Pasquale Cirillo, Vincenzo Marra e Pasquale Lamberti.

Quando la ditta Lamaro sospende i lavori per mancanza di fondi, don Enrico, con la sua geniale fantasia, grazie anche all’aiuto dell’amico Federico Russo, redattore in America del Progresso Italo Americano, raccoglie altro denaro e i lavori riprendono. Coinvolge i camionisti di Angri che si recano sul Vesuvio a caricare pietre per La Città. Gli operai delle Manifatture Cotoniere Meridionali rinunciano due volte al mese alla mensa a favore dell’opera di don Enrico. Anche l’ELVEA è coinvolta in questa gara di solidarietà. Il sacerdote riesce ad ottenere il primo piano, incompleto perché mancano gli infissi, e vi si trasferisce con i ragazzi.

Ad agosto dello stesso anno nella Città è impiantata una falegnameria. Sono i ragazzi a realizzare gli infissi per la struttura. Il 25 dicembre del 1953 la Città ospita già decine di ragazzi che a Natale ricevono la visita del vescovo diocesano Fortunato Zoppas. Agli inizi degli anni Sessanta è impiantata anche un’officina meccanica. Al primo piano dell’edificio si aggiunge un secondo e un terzo, un dormitorio, una cucina, un refettorio e una chiesa. Anche il sogno del campo sportivo diventa realtà.

La morte prematura
Don Enrico, fisico esile e gracile, consuma ogni energia per i suoi ragazzi. Nella costruzione del primo edificio, indossa una tuta arancione e un cappellino ed è il primo ad affiancare i piccoli abitanti per dare una mano agli operai della ditta Lamaro. Così lo trova il vescovo Zoppas in visita alla Città. Quando i ragazzi lo vedono arrivare nella falegnameria e mettersi a lavoro di buona lena, sanno che vi sono cambiali da pagare o servono soldi per farli mangiare e studiare.

Le sue giornate iniziano all’alba e finiscono sempre più tardi. Tanti gli impegni e le responsabilità. Il sacerdote che in Seminario aveva sofferto di stomaco e successivamente era stato operato di ulcera non ha neppure il tempo di occuparsi della sua salute.

Gennaio 1967: in una settimana cambia la storia della Città. Un lunedì mattina don Enrico ha la febbre. È il primo segno di un male incurabile che repentinamente gli apre le porte del Paradiso il 29 gennaio, nella notte tra il sabato e la domenica, poco più che cinquantenne. Una città intera piange la morte dell’infaticabile apostolo dei ragazzi di strada.

La causa di beatificazione e canonizzazione
Nel 2020 Mons. Giuseppe Giudice, vescovo della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, ha aperto la causa di beatificazione del sacerdote con la pubblicazione dell’editto il 18 dicembre del 2020 e l’insediamento del Tribunale per le Cause dei Santi il 13 luglio del 2021, nel giorno dell’anniversario di ordinazione sacerdotale del presbitero, ad Angri negli spazi dell’ex Citta dei Ragazzi, oggiCittadella don Enrico Smaldone”.

Informazioni

Per informazioni, per richiedere materiale e per comunicare grazie ricevute, contattare la Postulazione:

Vicepostulatrice dottoressa Antonietta Abete: 329 58 858 061
Mail: causasmaldone@diocesinocerasarno.it

Menu