Alfonso Russo
Servo di Dio Alfonso Russo
Alfonso Russo, il fondatore della Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza, nasce il 26 ottobre del 1943 a Pagani – la cittadina che conserva le spoglie mortali di sant’Alfonso Maria de Liguori –, da Aniello Russo e Anna De Martino. È un bambino sereno, educato dalla mamma ai valori umani e religiosi. Frequenta, come tutti i suoi coetanei, la scuola dell’obbligo e decide poi di diplomarsi presso l’Istituto tecnico di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli. Accanto alla formazione scolastica, Alfonso comincia a frequentare con fervore la comunità parrocchiale della chiesa di Santa Maria delle Grazie, guidata dal parroco mons. Carmine La Femina, e trova grande giovamento per la sua anima partecipando anche alla vita spirituale della comunità dei Redentoristi. Qui conosce padre Bernardino Casaburi che in seguito diventerà il suo padre spirituale e padrino di Cresima, e lo spronerà a diventare responsabile diocesano dell’Associazione “Volontari della Sofferenza”. È il primo contatto con il mondo del dolore. Un ambito che gli diventa caro e lo spinge a partecipare alla Giornata di spiritualità e servizio presso la “Casa Cuore Immacolato di Maria”, a Re (VB) nella Valle Vigezzo, fondata da mons. Luigi Novarese, un profeta nel campo dell’evangelizzazione della sofferenza.
Nel 1963, Alfonso va in pellegrinaggio a Lourdes. È solo il primo di innumerevoli viaggi. In quel luogo santo, il giovane ventenne, ai piedi della Madre celeste, ha un’intuizione: fondare un’Associazione che abbia come finalità e carisma la “santificazione e valorizzazione del dolore vissuto come vocazione e missione nella Chiesa”. L’ispirazione è subito condivisa con il padre spirituale il quale, come buon pastore, lo incoraggia a realizzare il progetto scorgendo in quel desiderio la volontà di Dio. Confermato nel proposito che il Signore gli aveva messo nel cuore a Lourdes, Alfonso istituisce, nella casa paterna in via Cauciello, la prima sede della “Opera Madonnina degli Ammalati”, ricevendo il sostegno di padre Casaburi e di una schiera infinita di padri Redentoristi. Attraverso l’associazione, Alfonso organizza giornate di ritiro, incontri di formazione con un accompagnamento premuroso per gli ammalati, a volte nascosti nelle case di famiglie paganesi e delle città vicine.
L’apostolato attento e paziente ha l’obiettivo di mettere al “centro” la sofferenza come strumento di santificazione personale e per l’intera Chiesa. La sofferenza accolta, e unita a quella di Cristo sulla croce, contribuisce alla redenzione del mondo.
Nella sua opera, Alfonso si lascia guidare da un intenso cammino di fede. La sua spiritualità è alimentata dalla partecipazione quotidiana all’Eucarestia, da un amore forte per Gesù Crocifisso e da una devozione filiale per la Vergine Immacolata, venerata sotto il titolo di Madre del Perpetuo Soccorso.
Il suo cammino è sostenuto da numerosi “compagni di viaggio”, uomini e donne che abbracciano il carisma dell’Associazione da lui fondata. Ricordiamo il comm. Gerardo Tipaldi, il cav. Alfonso Grimaldi, il sen. Pietro Colella, il dott. Attilio Laperuta, il dott. Giovanni Tramontano, Alfonso Violante, Domenico Ferraioli, Tiano Vito, Franco Grimaldi, Pasquale Smaldone. In questo cammino non mancano donne coraggiose come la sorella Giovanna e la nipote Carla Padovano, Leonilda De Vivo, Concetta Pepe, Giovanna Desiderio, Assunta Di Nardi, Giuseppina Castiglione, Felicia De Prisco, Michela De Prisco, Agnese Palumbo, Palma Forino. Tutta questa vitalità lo spinge a dare alla piccola associazione una conformazione più precisa: una nuova denominazione – PIA UNIONE AMMALATI – e una sede ufficiale, prima nella sacrestia della Congrega di Sant’Alfonso nel convento del Santo, poi nei palazzi Califano in piazza Sant’Alfonso.
Il cammino è lungo e faticoso, ricco di apostolato al servizio dei sofferenti e non privo di difficoltà. La prova è una costante nella vita di Alfonso che da “ottimo Figlio della Croce” accetta ogni cosa e offre tutto a Dio, grazie alla guida di meravigliosi e santi sacerdoti che accompagnano il cammino dell’associazione. Ricordiamo padre Agostino Natale, padre Ambrogio Freda, padre Luigi Romano, padre Palmino Sica, padre Alfonso Barba, padre Salvatore Martino, padre Gerardo Rosolia, padre Rocco Di Masi e molti altri. Non manca l’aiuto e l’incoraggiamento di tanti sacerdoti diocesani: mons. Carmine La Femmina (il suo parroco), mons. Gaetano Ficuciello, mons. Benedetto Abate, mons. Alfonso Raiola, mons. Francesco Perniola di Bari, mons. Francesco Di Costanzo, don Nicola Califano, don Biagio Frasci.
L’opera di Alfonso riceve un notevole impulso in Diocesi con l’arrivo del vescovo mons. Iolando Nuzzi, sostenuto da mons. Alfredo Vozzi, amministratore emerito della Diocesi. Per volontà di mons. Nuzzi, al nome dell’associazione si aggiunse l’espressione “CRISTO SALVEZZA”, perché il dolore accettato e vissuto diventa santificazione in Gesù Cristo. Il nome definitivo dell’opera, a cui Alfonso Russo ha consacrato la sua vita, diventa così “PIA UNIONE AMMALATI CRISTO SALVEZZA”.
La sua azione e diffusione è senza misura, una schiera infinita di uomini e donne, famiglie, giovani e ragazzi segue Alfonso ed è educata al carisma per il mondo della sofferenza, ispirato dalla Vergine, che produce copiosi frutti di salvezza. Dinanzi a questo dilagare della grazia, nel cuore di Alfonso nasce il desiderio di una consacrazione totale a Dio. Dal lungo rapporto epistolare con il suo padre spirituale emerge che egli più volte pensa di diventare sacerdote, ma non si sente degno di un dono così grande. Eppure, il desiderio di consacrare a Dio tutta la sua esistenza non lo abbandona. Così, nel 1982 nasce l’Associazione Piccoli Discepoli della Croce, costituita da laici che si consacrano al Signore rimanendo nel mondo. Sarà il cuore pulsante di tutta la vita associativa e fulcro dell’apostolato.
Mentre raccoglie le primizie del carisma con i primi sacerdoti dell’Opera, nella vita di Alfonso si affaccia la malattia. Il dolore bussa anche alla porta della sua vita. È il 1993. Alfonso accoglie tutto con fede e si abbandona alla volontà di Dio e alle cure mediche. Non riduce i suoi impegni e offre la sua sofferenza al Signore per l’opera. A tutti i soci dona un prezioso esempio di sollecitudine paterna mostrando, in ogni circostanza, amore e comprensione per le membra sofferenti di Cristo: gli ammalati.
L’opera riceve un forte impulso durante l’episcopato di mons. Gioacchino Illiano. Quando incontra Alfonso Russo, il Vescovo gli ricorda che siamo “Figli della Croce” chiamati a testimoniare la comunione con Cristo nei momenti di prova. La malattia stringe la sua morsa fino a toccare l’apice nel dicembre 2012. Per Alfonso inizia l’ultimo tratto di salita al calvario che termina all’alba del 22 febbraio 2013, festa della Cattedra di San Pietro, presso l’ex Monastero di Santa Maria della Purità. Assistito con amore e venerazione dai suoi sacerdoti Gaetano, Mimmo e Gerardo, Alfonso restituisce l’anima a Dio. Il suo corpo è traslato nella chiesa Santa Maria della Purità, adiacente all’omonimo monastero, Santuario del Santo Bambino di Praga. Il 23 febbraio, alle ore 15.00, un lungo corteo funebre accompagna l’apostolo dei sofferenti presso la Basilica di Sant’Alfonso Maria de Liguori. Tanta gente e i suoi amati fratelli ammalati si riversano per le strade di Pagani. Alle 15.30 inizia la Concelebrazione Eucaristica, presieduta dal vescovo diocesano mons. Giuseppe Giudice che, più volte, durante il tempo della malattia, gli aveva fatto visita privatamente. Anche il vescovo emerito, mons. Gioacchino Illiano, concelebra insieme a molti sacerdoti della diocesi e a quelli giunti da altri paesi.
Biografia tratta da “Alfonso Russo – Un sì per sempre”, Pubblicazione a cura della Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza (2018)
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