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L’Anno, il Giorno, la Cena

Gli Orientamenti Pastorali 2025/2026   L’Anno, il Giorno, la Cena*     Lo nutrirei con fiore di frumento, lo sazierei con miele dalla roccia. (Sal 81,17)     Carissimi, mentre proseguiamo il nostro cammino di pellegrini di speranza, per non…

Gli Orientamenti Pastorali 2025/2026

 

L’Anno, il Giorno, la Cena*

 

 

Lo nutrirei con fiore di frumento,
lo sazierei con miele dalla roccia
.

(Sal 81,17)

 

 

Carissimi,

mentre proseguiamo il nostro cammino di pellegrini di speranza, per non smarrirci e per non farci rubare lungo la strada il tesoro eucaristico, voglio invitarVi in questo nuovo Anno Liturgico-Pastorale 2025/2026 a sostare, come la cerva sitibonda, presso la sorgente eucaristica, quasi per una prolungata Visita al SS.mo Sacramento.

Pellegrini di Speranza, il 4 giugno u.s., come Chiesa diocesana ci siamo messi in cammino verso la Città eterna; nell’abbraccio del Bernini abbiamo visto e ascoltato Pietro, Leone XIV; abbiamo attraversato la Porta Santa e siamo stati introdotti nella sala della bellezza per celebrare l’eucarestia all’Altare della Confessione.

Rinnovati, confermati nella fede, stanchi ma gioiosi, siamo poi usciti verso le tante strade della missione, incontrando in quella Piazza unica volti di diverse nazionalità.

Possiamo dire che il pellegrinaggio è stato quasi una icona e memoria di ogni celebrazione eucaristica, dono e vita della Chiesa.

Ho scelto per questi Orientamenti il titolo, mutuandolo da un libro: l’Anno, il Giorno, la Cena.

L’Anno è l’Anno Liturgico con al centro la Pasqua del Signore; il Giorno è la Domenica, Pasqua settimanale; la Cena è l’Eucarestia, il dono della notte in cui veniva tradito.

E come sottotitolo scelgo: A Messa per non rimanere massa: il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane (1Cor 10,16-17).

Vi invito ad una serena verifica sul tema della celebrazione eucaristica, da condividere con tutti gli Operatori pastorali che con noi sopportano il peso della giornata e il caldo (cfr Mt 20,12).

Siamo chiamati e mandati, per vocazione e per ministero, a nutrire il nostro popolo, memori della Parola del Maestro: Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13).

 

1.

Una verifica serena e fruttuosa richiede innanzitutto una sosta silenziosa di lode e di adorazione dinanzi al SS.mo Sacramento; sostiamo nella fede, alla scuola dei Santi, accompagnati anche dalle loro belle testimonianze e preghiere.

Dinanzi a Lui, presente e nascosto nel Tabernacolo in una fragile ostia, è più facile ascoltare, dialogare, pregare e discernere il meglio per la nostra gente e la nostra Chiesa.

Non ci succeda di mettere da parte l’essenziale per nutrirci con alimenti che non fanno crescere e non ci rendono robusti e forti nella fede, speranza e carità, lasciandoci tante volte anemici nella vita spirituale.

Dobbiamo intraprendere una serena verifica sulla qualità e quantità delle nostre celebrazioni eucaristiche per ridare ad esse lo splendore e la bellezza volute dal Maestro.

L’Eucarestia, celebrata nel rito sobrio del Concilio Vaticano II, è il cuore pulsante della nostra pastorale, o è scaduta ad una devotio privata, una tra le tante cose da fare?

Non ci accada che, mentre noi moltiplichiamo il numero delle messe, si assottiglia e si demotiva sempre di più la partecipazione del nostro popolo, che va ad abbeverarsi ad altre sorgenti.

Cerchiamo di evitare anche tutte quelle celebrazioni trasmesse attraverso i mezzi della comunicazione che, scadendo nella qualità e senza l’ausilio dell’Ufficio Diocesano delle Comunicazioni, non sempre aiutano a salvaguardare il decoro della celebrazione, gettando discredito su di essa.

 

2.

La scarsità di presbiteri, il cambiamento strutturale dell’organizzazione della vita, l’affievolirsi della fede, lo scollamento con tante fasce della nostra popolazione, ci devono far riflettere sulle modalità della nostra pastorale, che non può continuare come se niente fosse cambiato intorno a noi e dentro di noi, e quasi coltivando con insistenza l’idea di un piccolo mondo antico che non esiste più.

Che fare?

Non lasciamoci illudere dalle masse, mentre il popolo di Dio è lontano e smarrito, alla ricerca di una nuova identità, che può nascere e rinascere solo dall’autentica conformazione a Cristo.

Gesù Cristo deve ritornare il centro vivo e reale della nostra pastorale.

Visitando le parrocchie, le case religiose, e i tanti luoghi dove l’eucarestia è celebrata, è mio dovere di Pastore verificare se venga rispettato il rito della messa del Vaticano II nella sua bellezza e sobrietà; evitando esagerazioni, sciatterie, aggiunte, sbavature, e tutti quegli elementi spuri che non fanno parte della sana tradizione ecclesiale, introdotti forse da una certa creatività selvaggia e non ben fondata.

In modo accorato, come già fatto altre volte, mi piace ripetere: Non lasciamoci rubare l’eucarestia!

 

3.

Come è bella e come è nobile la nostra Liturgia, quella che ha fatto e fa i Santi, che non richiede altri segni e gesti che ne mortificano la bellezza originaria voluta dal Maestro e dalla Chiesa, sempre Madre e Maestra in tutto.

È la Chiesa che, nel Rito, mi dice Chi e che cosa celebra, ricordandomi che la lex orandi è la lex credendi; io prego ciò che credo, e prego e credo nella fede della Chiesa, in quel noi ecclesiale che mi custodisce e mi sostiene; e non in un mi piace – secondo me – è di moda, opinioni che diminuiscono il valore del Rito, facendolo scadere in un fideismo che non è la fede della Chiesa, la fede del Simbolo, il Credo ricevuto nel Battesimo, confermato nella Cresima, Credo Niceno-Costantinopolitano.

 

4.

Una verifica, puntuale ed attenta, deve partire dal punto focale della celebrazione, l’altare e l’ambone, cuore pulsante della celebrazione eucaristica; punto di partenza e di arrivo, di andata e ritorno di ogni nostro viaggio missionario.

La centralità di queste due mense, dove si spezza il pane della Parola e del Corpo di Cristo, richiede grande attenzione, e non possono diventare semplici tavoli e leggii dove deponiamo di tutto e di più.

Sobrio ed elegante, significativo, sia l’altare, evitando fiori e candele, che vanno posti a lato e non devono ingombrare la mensa.

Artistico sia l’ambone, segno del sepolcro aperto, dal quale il Risorto continua a parlare e ad annunciare l’eterna Parola che salva.

Integri ed aggiornati siano i Libri liturgici e i Lezionari, evitando fogli, foglietti e fotocopie che tolgono dignità alla celebrazione, ingabbiando non poche volte la creatività di chi presiede.

Fine e adatta ai tempi liturgici, rispettando i colori consentiti, sia la tovaglia sulla mensa, non appesantita da tante “pezze” che nascondono la bellezza dell’altare.

Educhiamo il nostro popolo al significato dei colori liturgici senza aggiungerne altri che, in modo subdolo, stanno entrando nelle nostre celebrazioni, ma non appartengono alla vera tradizione liturgica.

Fissa e ben visibile sia la sede del presidente della celebrazione, segno di stabilità, e non una semplice sedia spostata di qua e di là, o un trono, quasi a confondere il senso della presidenza liturgica.

Un’attenzione particolare ci sia per la lampada eucaristica (unica), che indica il luogo della custodia, del tabernacolo, che non deve essere cercato quasi come in una caccia al tesoro, in mezzo a tante cianfrusaglie, spesso inutili.

Non dimentichiamo, o sottovalutiamo, il luogo dove si conservano gli Oli santi, profumo che si espande dalla Messa crismale in ogni celebrazione.

 

5.

Sobrietà, semplicità ed eleganza ci accompagnino anche in sacrestia dove meditiamo sul mistero che ci apprestiamo a celebrare, e non manchi mai una reale attenzione ed un accompagnamento spirituale per i ministranti, e per tutti coloro che sono adatti per il servizio all’altare.

Siano linde, non ricercate, le vesti da indossare e i paramenti siano fedeli ai colori dell’Anno Liturgico; segni semplici che, se ben spiegati, parlano ancora al cuore del nostro popolo.

Sembrano indicazioni scontate, ma non lo sono, perché diventano il metro per misurare la nostra attenzione verso il mistero che il Signore, con grande fiducia, ha posto nelle fragili mani della sua Chiesa.

Non diamo nulla per scontato perché, a volte, ci perdiamo proprio nelle piccole cose, nascondendo la bellezza e la ricchezza del sacramento, di cui siamo i fruitori, gli amministratori, e mai i padroni.

Tutti i Sacramenti vanno celebrati con grande dignità ed attenzione, senza fretta e senza lungaggini, ma nel semplice decoro che alimenta la fede della nostra gente, che è buona e semplice.

Fedeli al Rito, cioè fedeli alla Chiesa, senza aggiunte e sottrazioni, per celebrare il Risorto nel cuore della Chiesa, ma rimanendo sempre con la Chiesa nel cuore.

E stiamo attenti a non alimentare l’impressione che i Sacramenti diventino azioni individuali, e non della Chiesa e della Comunità, che rimane il soggetto di ogni celebrazione.

 

6.

Unica sia la Croce sul presbiterio, evitando di abbondare nei segni che distraggono e disorientano.

Un’attenzione particolare bisogna riservare agli addobbi floreali; stiamo attenti a non far diventare il presbiterio una foresta, con scarsa sensibilità artistica e senza rispetto per i tempi liturgici.

Noto che stanno ritornando prepotentemente gli addobbi con i drappi, che mi sembrano retaggio di un passato ormai seppellito, e per i quali chiedo più sobrietà e disciplina perchè non sempre alimentano il clima di festa, ma spesso lo nascondono e lo intristiscono.

Non sottovalutiamo l’importanza dell’audio, da sapere utilizzare, se vogliamo farci capire dal nostro popolo sempre più distratto dai dispositivi elettronici (smartphone, tablet, ecc.) il cui uso in chiesa va sempre disciplinato con saggezza.

L’ambiente liturgico sia semplice, sobrio, bello, capace di aiutarci ad andare oltre, e a respirare la bellezza in un mondo di confusione e disincanto a tutti i livelli.

I segni devono parlare con immediatezza, comprensibili da tutti, e se non lo fanno vuol dire che non sono segni autentici.

Non si moltiplichino le immagini dei Santi, o vengano ben collocate per non distrarre il popolo dal punto focale della celebrazione; e nessuna immagine nuova venga esposta senza il permesso dell’Ordinario Diocesano, sentita la Commissione Diocesana per l’Arte Sacra.

 

7.

La celebrazione eucaristica sia equilibrata nei tempi e nei modi; non affrettata né dilungata, ma capace di suscitare stupore, meraviglia, il senso del mistero, e lasciare nei fedeli la nostalgia e il sapore delle cose di Dio, e l’impazienza di risedersi alla tavola eucaristica oggi, domani e otto giorni dopo.

Curiamo sempre la preparazione dell’Omelia, invocando il carisma della sintesi perché sia breve e sostanziosa, capace di nutrire la fede della gente, ancorata alla Parola e al tempo che viviamo, in modo da alimentare la speranza ed accompagnare il pellegrinaggio nella carità verso i tanti luoghi della vita.

Una partecipazione variegata del popolo santo richiede una molteplicità di ministeri, servizi, istituiti o di fatto, ricchezza di ogni comunità; e non piccole gestioni del potere che, invece di accogliere ed includere, escludono la maggior parte da un’attiva e consapevole partecipazione, facendo perdere il profumo della casa.

È bello riscoprire la bellezza di un popolo che, educato da un coro ecclesiale e non teatrale, celebra e canta la sua fede, compie gesti di carità durante e dopo la celebrazione, e diventa segno di speranza per i tanti pellegrini lungo le strade polverose della vita.

Ritorni nelle nostre comunità una rinnovata attenzione al ministero della soglia, quale accoglienza e accompagnamento dei fedeli, specialmente dei più piccoli, anziani e ammalati, estranei alle nostre realtà, o passanti per caso, in modo che tutti e ciascuno possano sentire la chiesa come famiglia di famiglie, con tutte le luci e le ombre di ogni famiglia.

Ed ognuno si senta a casa, in casa, anche se non troppo di casa, ma sempre esuli e pellegrini, camminanti verso il Regno.

 

8.

L’eucarestia è il luogo teologico e sacramentale dove il popolo ascolta, si nutre, diventa chiesa, ed esce per portare a tutti, lontani e vicini, il mistero celebrato, con una vita bella e semplice che si fa eucarestia, rendimento di grazie, sorriso di Dio e speranza condivisa.

Sono tanti i Documenti del Magistero a cui possiamo fare riferimento, ma qui ho voluto partire da piccoli segni, quasi insignificanti, per accogliere il grande Segno eucaristico che, fatto dalla Chiesa, sempre fa la Chiesa.

La spiritualità eucaristica, che si alimenta al fuoco eucaristico per diventare pastorale eucaristica, deve essere realizzata da tutta la comunità a cerchi concentrici, partendo sempre dal primo cerchio, cioè l’incontro con il Risorto, fino a raggiungere l’ultimo cerchio, là dove anche senza saperlo ogni uomo attende una particola del pane nutriente del Vangelo.

Chiediamo allo Spirito Santo lo stupore della Messa di Prima Comunione; per noi presbiteri l’entusiasmo delle Prime Messe; per ognuno la gioia provata in quella messa particolare che, rimasta nel cuore, ha segnato per sempre il nostro incontro con il Pellegrino sulla via di Emmaus.

Queste attenzioni liturgiche non devono farci pensare che vogliamo chiuderci in un recinto dorato che ci protegge, ma ci devono spingere a ridare a tutta la nostra pastorale un rinnovato slancio missionario.

Ogni celebrazione eucaristica è missionaria e ci abilita alla missione; missione che, prima di condurci ad gentes in altre geografie, deve sempre cominciare da un qui e dal più prossimo e vicino, nelle nostre famiglie e comunità.

Oggi, ancora di più, lo Spirito della Pentecoste ci deve abilitare a un ricco scambio tra le Chiese, e i diversi ambienti educativi della fede, cogliendo e raccogliendo i vari segni di speranza e carità.

Attratto dalla Bellezza liturgica espressa nei Santi segni, il popolo sempre più sarà educato ad un vero senso di Chiesa, che è Lumen Gentium e Gaudium et Spes, sempre e contemporaneamente comunione e missione.

Per non rimanere massa, ma popolo dell’Alleluia, l’Anno, il Giorno, la Cena ritornino ad essere i punti fermi del nostro cammino liturgico-pastorale; così, educati dalla Liturgia, la santità ordinaria diventerà celebrazione di tutta la vita, pane condiviso per un mondo nuovo, di quella novità che il Figlio di Dio ha introdotto nel mondo.

Così, in ginocchio dinanzi al Signore realmente presente nel Sacramento, dopo avere attraversato la Porta eucaristica, ritorneremo gioiosi pellegrini di speranza, pronti ad attraversare le varie realtà del mondo mentre

“fugge l’ansia dai cuori,

s’accende la speranza:

emerge sopra il caos

un’iride di pace” (dalla Liturgia, Inno Lodi).

 

Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, Patena, Tabernacolo, Ostensorio, ci insegni ad accogliere e custodire Gesù, Pane vivo, per donarlo ad ogni uomo, al quale sempre l’eucarestia ci manda e ci rimanda quali testimoni di gratitudine.

Vi benedico

 

Dal Palazzo Vescovile

Nocera Inferiore, 22 giugno 2025

Solennità del Corpus Domini

 

+ Giuseppe Giudice, Vescovo

 

* (cfr. L’Anno, il Giorno, la Cena del Signore: per introdursi mistagogicamente al Mistero, di Samuele Riva, Edizioni S. Antonio)

Mosaico proveniente dal battistero di Salona – I cervi alla fonte
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