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Festa San Michele Arcangelo a Sala Consilina

Festa dei Santi Arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele, l’omelia del Vescovo alla Santa Messa in piazza a Sala Consilina per la festa del Patrono     Liturgia della Parola Ap 12, 7-12a Sal 137 Gv 1,47-51   Sorelle e fratelli,…

Festa dei Santi Arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele, l’omelia del Vescovo alla Santa Messa in piazza a Sala Consilina per la festa del Patrono

 

 

Liturgia della Parola

Ap 12, 7-12a

Sal 137

Gv 1,47-51

 

Sorelle e fratelli,

carissimi Sacerdoti,

Popolo santo di Dio,

 

una parola del salmista ci può aiutare a cogliere la bellezza e la profondità della celebrazione odierna: «Manda la tua verità e la tua luce: mi guidino al tuo monte santo» (Sal 43,3).

Preghiera esaudita perché Verità e Luce sono Gesù Cristo (cfr Gv 9,5; 14,6); per questo Natanaele esclama nel Vangelo or ora proclamato: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio; tu sei il re d’Israele!» (Gv 1,49).

Di questa Verità e di questa Luce ne abbiamo tutti, e sempre, bisogno per essere guidati al suo monte santo, alla sua dimora.

«Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato» (Es 23,20).

Egli ci precede, ci accompagna e ci sostiene attraverso il ministero degli angeli, i messaggeri, le guide.

Qualcuno potrebbe obiettare: «Siamo appena scesi dal monte con San Michele e, ora, dobbiamo risalire?».

Sì, perché pur abitando i primi piani del palazzo, i cortili, i bassifondi delle nostre fragilità, siamo fatti per le vette, le altezze; e risuona sempre in noi il sursum corda, «in alto i nostri cuori» della Messa, anche quando il Signore ci invita a scendere a valle per essere presenti, da discepoli missionari, nei vicoli della vita e della storia.

Salendo, – umanamente, culturalmente, spiritualmente – l’orizzonte si allarga, l’intelligenza si apre e si affina, e l’oltre diventa la dimensione quotidiana, ma costitutiva, per accogliere l’Altro e gli altri, ai quali subito riconosciamo il nome nuovo di fratelli e sorelle.

Forse è questo respiro ampio, a pieni polmoni, come aquile nel cielo di Dio e non semplici bipedi che razzolano, che manca oggi nelle nostre comunità familiari, sociali, politiche, ecclesiali?

Noi saliamo, presi per mano dagli angeli, non per avvertire le vertigini che stordiscono, ma per ammirare i panorami che arricchiscono; e poi scendiamo per portare un pezzo di cielo, il brusio degli angeli, nel traffico caotico di tante realtà, mai però venendo meno al sogno intravisto dall’alto: «Vedrai cose più grandi di queste!» (Gv 1,50), dice Gesù a Natanaele.

Ci accorgiamo, e non lo nascondiamo, che i nostri paesi si spopolano, le nostre comunità sono disertate, le culle sono vuote, tanti giovani partono o sono in attesa; e il terzo uomo, l’indifferente, ormai abita da padrone le nostre realtà.

E noi? Stiamo a guardare disseppellendo o seppellendo la virtù della speranza?

Mi sembra di cogliere una risposta puntuale in una immagine che ci offre Gesù nel Vangelo: «A chi, dunque, posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli» (Lc 7,31-35).

Incontentabili, come bambini capricciosi, seduti sulle panchine della piazza a ricordare o solo a disapprovare? O spronati, sulla scia degli angeli, a vivere il presente come una opportunità, una vocazione, una sfida per una nuova rinascita, sapienti alla scuola della Sapienza, incoraggiati dalla resilienza dei nostri cari?

Per aiutarci, San Michele scende in mezzo a noi e abbiamo bisogno della sua spada, che stamattina riluce al sole della festa, per riprendere non da rinunciatari il cammino della vita; abbiamo bisogno di una flebo di speranza: «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo» (Ap 12,7-8).

Combattere la buona battaglia della fede (cfr 1Tm 6,12) contro tutte le potenze del male, con la certezza che Egli ha vinto il mondo (cfr Gv 16,33); combattere contro questa cultura di morte che, allontanando Dio dall’orizzonte, colpisce l’uomo e fa morire la persona, presa in un vortice di stordimento.

Oggi è in atto a tutti i livelli uno schiaffo all’umano, una frantumazione dell’essere, una guerra culturale che fa di tutto per dire che la persona è meno di un granello di polvere, mentre le cose acquistano sempre più consistenza e valore; dimenticando che l’uomo è «poco meno degli angeli – poco meno di un dio» (cfr Sal 8,6), ed è ridotto ad oggetto usa e getta, prodotto sempre più fruibile e friabile nei centri commerciali che è diventata la vita.

I Santi Arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele, in modo diverso ma con la stessa passione, ci invitano a questa lotta spirituale per far trionfare il bene, la civile convivenza, la pace tra le nazioni, per ristabilire la giustizia, senza la quale non c’è pace.

Ci è chiesto, alla scuola del principe San Michele, di spolverare e ripassare la grande lezione della speranza, per dare ali al nostro cammino, e sconfiggere tutto ciò che abbiamo innalzato al posto di Dio, il quale sempre amandoci «darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie» (Sal 90,11).

Ci può aiutare per recuperare la speranza, sorella più piccola che trascina le altre due, la fede e la carità (Charles Péguy), una preghiera scritta in mare dal cardinale John Henry Newman il 16 giugno 1833, in un momento molto difficile della sua vita:

Guidami Tu, Luce gentile,
attraverso il buio che mi circonda,
sii Tu a condurmi!
La notte è oscura e sono lontano da casa,
sii Tu a condurmi!
Sostieni i miei piedi vacillanti:
io non chiedo di vedere
ciò che mi attende all’orizzonte,
un passo solo mi sarà sufficiente.

Così a lungo la tua forza mi ha benedetto,
e certo mi condurrà ancora,
landa dopo landa, palude dopo palude,
oltre rupi e torrenti, finché la notte scemerà;
e con l’apparire del mattino
rivedrò il sorriso di quei volti angelici
che da tanto tempo amo
e per poco avevo perduto.

Amen

Sala Consilina, 29 settembre 2023

 

+ Giuseppe Giudice, Vescovo

 

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