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L’omelia per il 60° del Concilio Vaticano II

L’omelia del Vescovo per il 60° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, pronunciata durante la Santa Messa dello scorso 11 ottobre nella Cattedrale di San Prisco. Il testo integrale ed il video. Sorelle e fratelli, carissimi sacerdoti, diaconi, religiose, religiosi,…

L’omelia del Vescovo per il 60° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, pronunciata durante la Santa Messa dello scorso 11 ottobre nella Cattedrale di San Prisco. Il testo integrale ed il video.

Sorelle e fratelli,

carissimi sacerdoti,

diaconi,

religiose,

religiosi,

santo popolo di Dio,

“Si può dire che il cielo e la terra si uniscono nella celebrazione del concilio.

I santi del cielo per proteggere il nostro lavoro, i fedeli della terra continuando a pregare il Signore”[1] sono le parole di San Giovanni XXIII.

«Gaudet Mater Ecclesia»[2]! Gioisce la Madre Chiesa!

E vi invito a rileggere quel discorso stupendo che, sessant’anni fa, nella basilica di San Pietro, il Santo Padre, San Giovanni XXIII, pronunciò dinanzi a duemilacinquecento vescovi provenienti da tutto il mondo, dinanzi ai fratelli separati, alle comunità.

 

Gioisce la Madre Chiesa!

Il concilio è un inno alla gioia. Gioisce perché è sorto il giorno tanto desiderato, perché la Chiesa deve imparare dalla storia. Quando gli altri dicono che i tempi passati erano migliori, il Santo Padre ricorda che in ogni tempo, in ogni concilio c’erano grandi difficoltà.

E allora invita a dissentire dai profeti di sventura che ieri – forse, ancora oggi, di più – sono lì a ricordarci sempre tutto ciò che non va. Indicava e ci indica che è bene utilizzare la medicina della misericordia perché altro è il deposito della fede – che non cambia -, altro è il modo di annunciarlo, anticipando così, in modo profetico, la grande difficoltà del linguaggio che noi, ancora oggi, viviamo. E invitava a cercare ciò che unisce e non ciò che divide. E ricordo che sessant’anni fa, proprio qualche giorno dopo l’inizio di questa grande assise, undici ottobre – nel calendario di allora era la memoria della Maternità di Maria perciò il Papa scelse quel giorno – qualche giorno dopo ci fu la crisi di Cuba. Rumori di guerra e fu proprio il Santo Padre Giovanni XXIII ad intervenire per allontanare la paura della guerra. Dopo sessant’anni, noi siamo ancora e di nuovo in questa situazione.

 

«Gaudet Mater Ecclesia»[3]! Gioisce la Madre Chiesa!

Ed è bello far notare come si passa per una rinnovata pentecoste – vorrei dire così – dal pavimento del cenacolo alla polvere della strada. Il Concilio iniziò l’11 ottobre ‘62 nell’aula conciliare – nella basilica divenuta aula conciliare – e si conclude l’8 dicembre ‘65 in piazza San Pietro. Già in questo c’è una grande indicazione pastorale: dai marmi della basilica ai sanpietrini della grande piazza; da una chiesa un pò chiusa all’interno ad una chiesa che si apre e abbraccia il mondo. E si conclude con dei messaggi stupendi che, ancora oggi, io inviterei a rileggere e sono delle indicazioni per la nostra pastorale: ai governanti, agli uomini di pensiero e di scienza, agli artisti, alle donne, ai lavoratori, ai poveri, agli ammalati, a tutti coloro che soffrono, ai giovani. Messaggi consegnati da San Paolo VI a uomini della scienza, della cultura, dell’arte, ai giovani per dire che la Chiesa si fa nuovamente messaggio, la Chiesa si fa parola.

Per questo «gaudet Mater Ecclesia»[4]! Gioisce la Madre Chiesa!

 

E poi, la sera dell’11 ottobre, quanti di noi – e stasera si ripete, in piazza San Pietro, lo stupore di quella fiaccolata – fummo raggiunti dalla carezza del Santo Padre. Il discorso bellissimo alla luna – e forse direi che è più conosciuto il discorso alla luna che il discorso che il Santo Padre fece al mattino perchè quello della sera prende più le corde del cuore; quello del mattino è un po’ più difficile: è teologico, è pastorale; ma carissimi sacerdoti non ci possiamo esimere – ma carissimi tutti – dall’andare a leggere, approfondire per poter capire.

«Anche la luna si è affacciata stasera per guardare questo spettacolo immenso»[5].

E la mattina aveva detto: «Tantum aurora est»[6]. È appena l’alba di un giorno foriero di speranza.

C’è tutta – direi – una trama di speranza nel Concilio e vorrei far anche notare, mi sembra bello: il ‘68 verrà dopo. La Chiesa anticipa la crisi e la sa leggere, prima della crisi del ‘68. Di solito diciamo che la Chiesa arriva in ritardo, è fuori dalla storia ma, quando è ammaestrata dallo Spirito, ella riesce a leggere.

Il Concilio si chiuderà l’8 dicembre del ‘65. C’erano già i primi rumori della crisi del ‘68 che ha cambiato tante cose. «Tantum aurora est»[7]. È appena il giorno di un giorno nuovo, di un giorno pieno di sole. E Paolo VI, San Paolo VI, non ebbe paura poi di dire: «aspettavamo una giornata di sole ma è venuta una giornata di nebbia perchè il fumo di Satana, da qualche fessura, è entrato anche nella Chiesa»[8].

 

Ancora oggi, sorelle e fratelli, da qualche fessura delle nostre chiese, delle nostre case entra il fumo di Satana che ci viene a dividere, che ci viene a scoraggiare, che ci ripete “chi te lo fa fare?”, che ci illude che, se camminiamo da soli, arriviamo prima ma non sappiamo che arriviamo malconci, senza la comunione. Forse questo è il cammino sinodale.

E San Giovanni XXIII dice, in quel discorso, “Gaudet Mater Ecclesia”, che cosa ci attendiamo: attendiamo un balzo avanti verso la penetrazione dottrinale[9]. Non è la dottrina che deve cambiare. Siamo noi che dobbiamo fare un passo avanti nel penetrare la dottrina e nella formazione della coscienza.

 

«Gaudet Mater Ecclesia»[10]! Gioisce la Madre Chiesa!

E attenta ripete e risponde alla domanda del Maestro: «Mi ami tu?»[11].

Vorrei dire che il Concilio è stata una risposta a questa domanda del Signore. Tant’è vero che San Paolo VI, chiudendo il Concilio, si chiederà: «Quando la storia – cioè noi – si chiederà: “ma che cosa faceva il Concilio?”. Noi vorremmo che rispondessero: “il Concilio amava”».

Ecco, sorelle e fratelli, dove sta il cuore della risposta: «Pietro, mi ami tu?»[12].

E Pietro risponde, dopo aver attraversato la notte della passione, del rinnegamento, dopo che ha pianto dinanzi al Signore. Pietro risponde anche per noi.

Ancora oggi, dinanzi alla confusione della storia, dinanzi alla guerra che si prepara, Pietro risponde: «Domine, tu omnia nosti; tu scis quia amo te»[13]. Signore, tu sai tutto, tu sai anche le mie povertà, tu sai le mie fragilità, tu sai le mie deficienze ma tu sai che ti amo e, su questo amore, getto la rete della mia vita. Per questo, «gaudet Mater Ecclesia»[14]!

 

Non siamo degli sciocchi, non siamo degli illusi. Se cantiamo la gioia, è perché l’abbiamo raccolta nel mistero della Croce, nel mistero della Pasqua.

E una domanda continua nell’aula conciliare: «Ecclesia Christi, quid dicis de te ipsa?», Chiesa di Cristo, cosa dici di te stessa? È attuale questa domanda! Mentre noi attingiamo le risposte dagli altri, noi dobbiamo chiedere alla Chiesa: chi sei? Chiesa di Nocera Inferiore-Sarno, cosa dici di te stessa? Ecco allora la verifica a sessant’anni dal Concilio Vaticano II. Dice Congar che un Concilio comincia ad essere sfogliato, accolto, dopo cinquant’anni. Noi siamo a sessanta, forse qualche pagina l’abbiamo accolta.

 

Chiesa di Nocera Inferiore-Sarno, cosa dici di te stessa?

Torniamo al Concilio, sorelle e fratelli, per recuperare il primato di Dio – ecco la Sacrosantum Concilium -, per recuperare la Messa, la preghiera. Torniamo al Concilio per recuperare il valore e il posto della Parola, Dei Verbum. Torniamo al Concilio per recuperare il segno profondo, il senso profondo della Chiesa: qual è la tua idea di Chiesa? Dimmi in quale Chiesa credi e ti dirò chi sei; dimmi in quale Chiesa credi e ti dirò, anche senza vederla, qual è la tua pastorale: Lumen Gentium.

E poi, la novità del Concilio: qual è il tuo rapporto con il mondo? Siamo qui a condannarlo, a chiudere le porte in faccia al mondo o vogliamo dialogare con tutti, anche con gli ultimi e i poveri? Gaudium et spes!

 

Siamo ancora, anche noi, con Pietro sulla barca. Non vogliamo scendere dalla barca di Pietro, perché sappiamo che quella barca è abitata dal Signore, il quale qualche volta ci sembra che dorma. E sant’Agostino, in modo lucido, commenta: «Non è Gesù che dorme; dorme in te la tua fede. Sei tu che stai dormendo. Dormi nella coscienza, dormi nella stanchezza, dormi nell’indifferenza, dormi nella paura»[15]. Sono le parole di Agostino. Non è Gesù che dorme. Gesù dorme, ma è presente. Com’è presente nell’ostia, com’è presente nel povero, com’è presente nella Parola.

 

E ci ripete Gesù svegliandosi: «Modicae fidei, quare dubitasti?»[16]. «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»[17]. Se stiamo nella barca con Pietro, siamo sicuri, perché sappiamo chi è il nocchiero, sappiamo chi tiene in mano il timone, sappiamo che, nonostante le tempeste, arriveremo alla meta. Per questo, «gaudet Mater Ecclesia»[18]!

 

E mi piace ripetere quello che disse il beato Giovanni Paolo I, il 27 agosto 1978, appena eletto Papa, parlando proprio del Concilio: «vogliamo continuare nella prosecuzione dell’eredità del Concilio Vaticano II, le cui norme sapienti devono tuttora essere guidate a compimento, vegliando a che una spinta, generosa forse ma improvvida, non ne travisi i contenuti e i significati, e altrettanto che forze frenanti e timide non ne rallentino il magnifico impulso di rinnovamento e di vita»[19].

 

Vi rimando all’omelia che ha fatto il Papa oggi sulla Tradizione e le tradizioni.

 

«Gaudet Mater Ecclesia»[20]!

Torniamo a quel capolavoro, a quell’altare bellissimo che il Concilio ha voluto per la Madonna, non fatto di pietre, non fatto di fiori, non fatto di stoffe e di veli, ma che è l’ottavo capitolo della Lumen Gentium, «Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa»[21]. Alcuni padri volevano un documento solo per la Madonna, come se fosse stata fuori dalla Chiesa. Invece Maria è nel mistero di Cristo e della Chiesa. Ci aiuti Lei a ricomprendere il posto e il ruolo che dobbiamo avere nella Chiesa, insieme a Lei, nel mistero di Cristo e della Chiesa. A Lei, Madre della Chiesa, noi chiediamo di insegnarci ad amarla, ad ascoltarla, a seguirla, a difenderla, a proteggerla – la nostra Chiesa, perché ogni verbo è diretto a noi poiché dal Concilio Vaticano II abbiamo compreso meglio che battezzati, cresimati, ordinati, unti dallo Spirito, noi siamo la Chiesa – per essere oggi una Chiesa conciliare, capace di camminare insieme, nel Cammino sinodale, certo nei sentieri del tempo, però verso l’eterno.

 

Vorrei aprire una finestra per comprendere l’interiorità di san Giovanni XXIII: i santi non nascono all’improvviso, si formano, hanno un tempo. Scrive san Giovanni XXIII nel testamento spirituale – e molti forse ricordano quella grande agonia, giorni di agonia, in cui piazza San Pietro diventa una grande camera: il padre sta morendo, la gente è lì a pregare -, scrive il Papa: «Nato povero, ma da onorata ed umile gente, sono particolarmente lieto di morire povero, avendo distribuito secondo le varie esigenze e circostanze della mia vita semplice e modesta, a servizio dei poveri e della Santa Chiesa che mi ha nutrito, quanto mi venne fra mano — in misura assai limitata del resto — durante gli anni del mio sacerdozio e del mio episcopato. […] Ringrazio Iddio di questa grazia della povertà di cui feci voto nella mia giovinezza, povertà di spirito e povertà reale; e che mi sorresse a non chiedere mai nulla, né posti, né danari, né favori, mai, né per me, né per i miei parenti o amici. […] Nell’ora dell’addio, o meglio, dell’arrivederci, ancora richiamo a tutti ciò che più vale nella vita: Gesù Cristo benedetto, la sua Santa Chiesa, il suo Vangelo, e, nel Vangelo, soprattutto il Pater noster nello spirito e nel cuore di Gesù e del Vangelo, la verità e la bontà, la bontà mite e benigna, operosa e paziente, invitta e vittoriosa»[22].

 

Grazie, Papa Buono!

Grazie, san Giovanni XXIII!

 

Ancora oggi, «gaudet Mater Ecclesia»[23]!

Amen!

Note

[1] Cf. SAN GIOVANNI XXIII, Discorso nella solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 9.3, 11 ottobre 1962, Basilica Vaticana di San Pietro, Città del Vaticano.

[2] SAN GIOVANNI XXIII, Allocutio in sollemni SS. Concilii inauguratione, 1, 11 ottobre 1962, Basilica Vaticana di San Pietro, Città del Vaticano.

[3] Ibidem

[4] Ibidem

[5] Cf. SAN GIOVANNI XXIII, Saluto ai fedeli partecipanti alla fiaccolata in occasione dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962, Città del Vaticano.

[6] SAN GIOVANNI XXIII, Allocutio in sollemni SS. Concilii inauguratione, 9, 11 ottobre 1962, Basilica Vaticana di San Pietro, Città del Vaticano

[7] Ibidem

[8] Cf. SAN PAOLO VI, Omelia Santa Messa per il IX anniversario dell’incoronazione di Sua Santità nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 1972, Città del Vaticano

[9] Cf. SAN GIOVANNI XXIII, Allocutio in sollemni SS. Concilii inauguratione, 11 ottobre 1962, Basilica Vaticana di San Pietro, Città del Vaticano

[10] Ivi, 2

[11] Gv 21,15

[12] Ibidem

[13] Gv 21,17

[14] SAN GIOVANNI XXIII, Allocutio in sollemni SS. Concilii inauguratione, 1, 11 ottobre 1962, Basilica Vaticana di San Pietro, Città del Vaticano.

[15] Cf. SANT’AGOSTINO, Discorso 63

[16] Mt 14,31

[17] Ibidem

[18] SAN GIOVANNI XXIII, Allocutio in sollemni SS. Concilii inauguratione, 1, 11 ottobre 1962, Basilica Vaticana di San Pietro, Città del Vaticano.

[19] BEATO GIOVANNI PAOLO I, Radiomessaggio «Urbi et Orbi», 27 agosto 1978

[20] SAN GIOVANNI XXIII, Allocutio in sollemni SS. Concilii inauguratione, 1, 11 ottobre 1962, Basilica Vaticana di San Pietro, Città del Vaticano.

[21] SAN PAOLO VI unitamente ai PADRI DEL SACRO CONCILIO, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, 21 novembre 1964

[22] SAN GIOVANNI XXIII, Testamento spirituale, 29 giugno 1954, Venezia

[23] SAN GIOVANNI XXIII, Allocutio in sollemni SS. Concilii inauguratione, 1, 11 ottobre 1962, Basilica Vaticana di San Pietro, Città del Vaticano.

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Omelia mons. Giuseppe Giudice per la Celebrazione Eucaristica in occasione del 60°anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II

 

 

 

 

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