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Mattia e Domenico sono diaconi: racconto e immagini della celebrazione

Il Vescovo li ha ordinati ieri sera nella Collegiata di San Giovanni Battista in Angri

Due nuovi diaconi per la Chiesa di Nocera Inferiore – Sarno. Si tratta di Mattia D’Antuono e Domenico Petti, ordinati dal vescovo Giuseppe Giudice ieri sera, festa della Esaltazione della Santa Croce, nella cornice della Collegiata di San Giovanni Battista in Angri.

A concelebrare l’Eucaristia oltre trenta sacerdoti, fra quelli diocesani e quelli giunti dal seminario “Ascalesi” di Napoli, dove operano come formatori ed animatori. Presente anche mons. Michele Autuoro, già rettore del seminario fino al giugno scorso e ora vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Napoli.

«Il presbiterio stasera vi accoglie come un dono – ha detto nell’omelia mons. Giudice -. All’ombra della croce, in questo vespro, noi celebriamo il mistero del dono di Dio e in questo dono di offerta e di servizio si inserisce il dono della vostra vita». Il Vescovo ha poi voluto ringraziare le famiglie di Mattia e Domenico, così come le loro comunità parrocchiali di origine e quelle presso le quali hanno svolto in questi anni l’apostolato.

Mattia è originario della parrocchia di San Giovanni Battista in Angri e, per due anni, dal 2018 al 2020, è stato inviato dal Vescovo presso la parrocchia di San Sisto II in Pagani. Domenico, invece, originario della parrocchia di Maria SS. di Costantinopoli in Nocera Superiore, svolge dal 2018 il suo apostolato presso la comunità di San Giovanni Battista e S. Maria del Ponte in Roccapiemonte.

«La storia della salvezza – ha proseguito mons. Giudice – potrebbe essere racchiusa sotto due alberi: l’albero della disobbedienza, dove Adamo ha dubitato delle parole di Dio e ha avuto paura, e l’albero dell’obbedienza (ossia la Croce, ndr), dove, cadute tutte le apparenze, rimane la sostanza dell’amore di Dio. Perciò occorre tornare alla Croce e cercare di comprendere il mistero dell’amore di Dio». Poi, rivolgendosi agli ordinandi, ha detto: «Tra poco, quando riceverete il segno del vostro servizio, la dalmatica, dovrete allargare le braccia e un altro vi aiuterà a vestirvi. Con le braccia allargate, in piedi, ogni uomo è segno della Croce. Le braccia aperte, in alto verso il cielo, con i piedi ben poggiati sulla nostra terra, che amiamo e mai dobbiamo calpestare e distruggere».

«Oggi la croce – ha continuato ancora mons. Giudice – viene utilizzata molte volte come un ornamento, come una collana, ma tante volte è una croce vuota, una croce che non ha significato, una croce che viene soltanto a riempire i nostri vuoti». E rivolgendosi ancora a Mattia e Domenico: «Voi entrate nella logica della Croce, che non è la logica del mondo. Il mondo è bravo a mettere croci sulle spalle degli altri; Gesù è venuto a portare la croce. Non siete chiamati a ricostruire il mondo, ma ad insegnare al mondo, alla scuola della Croce, che regnare è servire».

Al termine della Celebrazione, mons. Vincenzo Leopoldo, vicario generale della diocesi e parroco della Collegiata angrese, nel rivolgere il suo saluto ai presenti e l’augurio ai nuovi diaconi, ha detto: «Questa sera il cuore di tutti trabocca di gioia».

Il vescovo Giuseppe con i diaconi ed il vicario generale – foto Alfano/Insieme

Poi, riportando le parole del beato Giovanni Paolo I, ha continuato: «Non so che cosa abbia pensato la Divina Provvidenza di me. Sto considerando in questi giorni che con me il Signore attua il suo vecchio sistema: prende i piccoli dal fango, dalla strada e li mette in alto; prende la gente dai campi, dalle reti e ne fa degli apostoli. Certe cose il Signore non le scrive né sul bronzo, né sul marmo, ma addirittura sulla polvere, affinché, se la scrittura resta, non dispersa dal vento, sia ben chiaro che tutto è merito solo del Signore. Io sono uno che viene dai campi, sono povera polvere su cui il Signore ha scritto: se qualche cosa di buono salterà fuori da tutto questo, sia ben chiaro che è solo frutto della bontà, della grazia e della misericordia del Signore».

E, rivolgendosi a Mattia e Domenico, ha concluso: «Che queste parole diventino augurio e preghiera».

Antonio Pontecorvo

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