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Giornata del malato

Giornata del malato: il messaggio del Vescovo. Impariamo che «i malati non sono ai margini, ma posti al centro di tutto, ed anche dell’architettura della città»: l’esortazione del Pastore. Mons. Giuseppe Giudice domani celebra la Santa Messa alle ore 9.00…

Giornata del malato: il messaggio del Vescovo. Impariamo che «i malati non sono ai margini, ma posti al centro di tutto, ed anche dell’architettura della città»: l’esortazione del Pastore. Mons. Giuseppe Giudice domani celebra la Santa Messa alle ore 9.00 nel santuario di Santa Maria della Purità a Pagani

 

 

Carissimi,

celebrando la XXX Giornata del Malato, nata dal grande cuore di san Giovanni Paolo II, non voglio far mancare il mio messaggio alla Diocesi che, per una scelta fatta qualche anno fa, la celebra il 22 febbraio, dies natalis del Servo di Dio Alfonso Russo.

Non potendo quest’anno essere fisicamente a Lourdes l’11 febbraio, 164° anniversario della prima apparizione della Vergine a santa Bernadetta, per il protrarsi della pandemia, possiamo certamente celebrare la festa della Madonna nelle nostre comunità, e farci missionari presso gli ammalati, attingendo alle parole del Santo Padre Francesco, nel suo messaggio per la Giornata del Malato: «A questo proposito, vorrei ricordare che la vicinanza agli infermi e la loro cura pastorale non è compito solo di alcuni ministri specificamente dedicati; visitare gli infermi è un invito rivolto da Cristo a tutti i suoi discepoli. Quanti malati e quante persone anziane vivono a casa e aspettano una visita! Il ministero della consolazione è compito di ogni battezzato, memore della parola di Gesù: “Ero malato e mi avete visitato” (Mt 25,36)».

Prima del pellegrinaggio con i piedi, a Lourdes si va innanzitutto con il cuore e con la fede, e vi si ritorna sempre con la mente con una memoria grata, mentre siamo invitati a scoprire le innumerevoli Lourdes accanto a noi, dove Gesù, vestito da malato, aspetta una visita.

La pandemia ci ha fatto vedere con gli occhi, e spesso toccare con le mani, la grande sofferenza dell’umanità e il cocente bisogno di prossimità. Siamo tentati, quasi tutti, di evitare la sofferenza, di usare paraventi per il dolore, di scartare le persone che soffrono, immersi come siamo in un mondo che fa finta di stare bene.

Educati alla scuola di Lourdes, anche sull’esempio del Servo di Dio Alfonso Russo, proprio in quel luogo singolare abbiamo imparato che i malati non sono ai margini, ma posti al centro di tutto, ed anche dell’architettura della città. A Lourdes il centro è la grotta di Massabielle, e intorno alla grotta i malati, nel corpo e nello spirito, sono i protagonisti, di casa, e non costretti quasi a nascondersi come avviene nelle nostre città.

Essi, i malati, sono gli attori sulla scena: attesi, accompagnati, curati, amati e, di fatto, cittadini della città della Speranza; mentre tutti gli altri, a cominciare dagli accompagnatori e organizzatori di pellegrinaggi, sono semplicemente contorni, comparse nel grande dramma della vita. Lourdes ci educa a rimettere il malato al centro, emuli della parola del Maestro che ci ricorda che è venuto per i malati e non per i sani (cfr Mt 9,12).

Sì, la scuola di Lourdes può rieducare le nostre famiglie, le associazioni, i gruppi, le parrocchie a rimettere al centro il malato, icona del Cristo sofferente. Allora Maria appare anche nella nostra vita, si fa vedere, si identifica e ci manda da missionari, come fece con Bernadette, dai sacerdoti e da ogni uomo o donna, guariti prima nel cuore e poi nel fisico. A Lourdes si va per questo motivo; e si torna per rimettere al centro, nelle nostre comunità, il servizio ai malati, ai fragili, sapendo che ogni gesto è fatto al Signore, e scoprendo che una comunità è veramente malata quando non accoglie i fragili. Facciamolo con gioia, a cominciare dalle nostre famiglie, mentre il Rosario scorre tra le mani per darci forza e motivazione nel servizio.

 

+ Giuseppe Giudice, Vescovo

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