Atelier della festa: Dio tre volte sarto
“Atelier della festa: Dio tre volte sarto” è il titolo del Messaggio per la Quaresima 2021 del Vescovo Giuseppe. Il Pastore della Diocesi presiederà la celebrazione delle Sacre Ceneri nella Cattedrale di San Prisco, mercoledì 17 febbraio alle ore 18.00
Beati coloro che lavano le loro vesti
per avere diritto all’albero della vita
e, attraverso le porte, entrare nella città
(Ap 22, 14); (19, 7-8)
Carissimi,
il messaggio quaresimale di quest’anno non può e non deve prescindere dal momento delicato che insieme stiamo attraversando. Mai, come in questo tempo, abbiamo preso coscienza della nostra fragilità, dell’essere nudi ed esposti ad ogni pericolo e tentazione.
Mi ha affascinato, e voglio rileggerlo per voi, un titolo dato a Dio: Tre volte sarto. Che fosse tre volte santo lo abbiamo imparato dal catechismo, ma tre volte sarto è una bella scoperta, e ci fa bene sapere che Dio viene a rivestire la nostra fragilità.
Dopo il peccato, i nostri, sulla soglia della Bibbia conobbero di essere nudi; e in modo maldestro, in un fai da te che continua ancora, intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture (Gen 3, 7), cercando così di rimediare all’incidente di origine.
Peccando, e accusandosi l’un l’altro, perdono l’abito dello splendore e della dignità. E Dio, come sarto, interviene per la prima volta per non mandare in giro i suoi figli nudi, cioè fragili e poveri, esposti a tutte le intemperie della vita per le vie del mondo.
Sulla soglia di quel primo peccato, …il Signore fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì (Gen 3, 21), ricoprendoli così con l’abito della sua misericordia.
Il secondo appuntamento con Dio sarto che veste così l’erba del campo (Mt 6, 30), ci porta su una montagnetta spelacchiata, il Golgota.
Il Figlio di Dio, dopo aver rivestito l’uomo con parole di bellezza e di Vangelo dando tutto, è nudo sullo Croce. E il Padre, mentre dona il Figlio, dona ancora ai figli un abito per attraversare la notte e la paura. I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”. Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. E i soldati fecero così (Gv 19, 23-24).
Quella tunica, che la Madre ha cucito e ricamato con punti a croce, è la veste bellissima che non può essere stracciata; è senza cuciture, ed è segno del vestito della grazia e di quella unità che il Figlio ha ricamato – da cima a fondo – nella veste preziosa della Chiesa.
Con quella tunica si può giocare ai piedi della Croce, ma mai e poi mai può essere divisa e stracciata. Essa, nonostante le traversie del tempo e della storia, rimane sempre tutta d’un pezzo.
Il Figlio amato, nudo sulla Croce, riveste la nostra nudità e copre la nostra fragilità. Quella veste, che noi possiamo ancora sporcare, è custodita con amore dalla Madre che sempre ci è donata e sempre ci accoglie ai piedi della Croce per coprirci con il suo manto quando sperimentiamo la nostra fragilità.
In ogni sacramento, in ogni pagina di Vangelo, in ogni volto di un povero, la veste battesimale ci è ridonata e noi riacquistiamo la dignità di Figli di Dio, sempre rivestiti dal suo amore.
Sta tutto qui il cammino quaresimale che prepara la veste pasquale. Nell’Apocalisse, grande Libro della Rivelazione, Dio si presenta per la terza volta come sarto e ci invita alla pazienza, perché il sarto possa avere il tempo per confezionare un vestito adatto ad ognuno.
Allora venne data a ciascuno di loro una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro (Ap 6, 11).
E come è bella la domanda di uno degli anziani e la risposta che gli viene offerta: Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: “Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?”. Gli risposi: “Signore mio, tu lo sai”. E lui: “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello” (Ap 7, 13-14).
La veste bianca, immacolata, è per coloro che hanno attraversato la grande tribolazione, e hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello. L’elegante bellezza comporta sempre un tagliare, un togliere, un cucire e scucire, un adattare, ed è sempre opera di un bravo sarto. Richiede stoffa, tempo e competenze.
Quel giorno saremo dinanzi a Lui, pronti per la festa, vestiti di incorruttibilità e di immortalità (cfr 1Cor 15, 53-54; 2Cor 5, 2-5; Col 3, 10); rivestiti di Cristo (Gal 3, 27), finalmente vestiti a festa, ma solo dopo aver attraversato (Pasqua) la grande tribolazione della vita e della fede, pronti a ricantare l’Alleluia.
† Giuseppe Giudice, Vescovo