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“Il Signore si è servito di me”

Così Marilina Landolfi racconta il suo impegno trentennale per la Tanzania. Una storia di carità straordinaria che ha spinto papa Francesco a scriverle una lettera. di Antonietta Abete “Il Signore si è servito di me”. Marilina Landolfi lo ripete più…

Così Marilina Landolfi racconta il suo impegno trentennale per la Tanzania. Una storia di carità straordinaria che ha spinto papa Francesco a scriverle una lettera.

di Antonietta Abete

“Il Signore si è servito di me”. Marilina Landolfi lo ripete più volte mentre riannodiamo i fili di una storia di carità che dal 1990 lega San Valentino Torio e l’Agro alla Tanzania, un Paese dell’Africa orientale. Un’avventura straordinaria che ha spinto papa Francesco a scriverle una lettera. Lo ha annunciato dall’altare don Alessandro Cirillo, parroco di San Giacomo Maggiore, la notte di Natale. Il sacerdote, che Marilina definisce “speciale” per la passione che mette nel cercare di coinvolgere giovani e adulti nelle attività della comunità, aveva deciso di consegnarle la missiva lo scorso 8 marzo, durante la Celebrazione Eucaristica. Ma l’emergenza Covid-19 ha fatto slittare questo momento di gioia e condivisione a data da destinarsi.

Classe 1948 e una vita dedicata all’insegnamento, Marilina ha sempre portato nel cuore il desiderio di partire in missione.

Un sogno che prende forma in un frangente particolare della sua vita. Nel 1987, all’età di 39 anni, perde la mamma, il papà era già tornato al Padre quando lei di anni ne aveva appena 25 anni. Il fratello è sposato e Marilina resta da sola. È la sensibilità di padre Marco Salerno, in quegli anni parroco della comunità San Giacomo Maggiore, a fare la differenza. Il sacerdote le regala il biglietto aereo per andare a trovare suor Rosaria Mancuso. La religiosa, originaria di San Valentino Torio, vive a Veyula, in Tanzania, dove le suore di Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea hanno una missione. «Vai a vedere come sta e di che cosa ha bisogno», le dice.

È l’inizio di un impegno missionario ricco di frutti. In quel primo viaggio, Marilina resta nel Paese dell’Africa orientale dal 2 luglio al 30 agosto del 1990.

«Il passaggio dalla ricchezza alla mancanza di tutto, alla povertà più dura, è inimmaginabile. Bisogna toccare con mano – racconta –. Ho visto il bisogno di tutto. Bambini malati, giovani in cerca della loro realizzazione, donne considerate schiave. Non potevo continuare per la mia strada come se non fosse accaduto nulla» racconta. Quando torna a San Valentino Torio dice a tutti che bisogna fare qualcosa, coinvolge la parrocchia e il comando dei Vigili Urbani. Montano in piazza una tenda ricevuta in dono e raccolgono gli alimenti che servono alla popolazione. Spediscono così il primo container. «Io non capivo nulla – aggiunge –, non sapevo come fosse fatto un container, come si dovesse riempire né come si spediva. Il Signore si è servito di me, sono solo uno strumento nelle sue mani».

Le grandi opere nascono grazie alla condivisione dei progetti e Marilina incontra sul suo cammino tante persone disposte a darle una mano, gente di buona volontà ma anche industriali che decidono di donare olio, pasta, legumi, pelati. Poco alla volta questa donna dalla voce mite coinvolge parrocchie, gruppi, scuole, famiglie. La solidarietà si allarga a macchia d’olio e riescono a spedire, ogni anno, quattro container, due a dicembre e due a giugno.

Le opere realizzate. «Abbiamo visto progressi in tutti i campi» ricorda. Negli anni è stato sostenuto il dispensario gestito dalle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea, fornendo medicine e disinfettanti. È stata avviata una scuola di taglio e cucito. «Al termine del corso, le donne ricevono in dono una macchina per cucire, così quando tornano al villaggio possono cucire per sé, per i figli, per le altre famiglie» aggiunge. È stata messa in piedi una falegnameria, facendo arrivare le attrezzature necessarie e una mensa per i poveri che sfama 300 persone al giorno, in gran parte ciechi, a causa della malaria e della sabbia, bambini, anziani impossibilitati a lavorare, storpi.

«Mi torna sempre in mente quel passo del Vangelo in cui Gesù dice: “fateli sedere e date voi stessi da mangiare”.

A Veyula i problemi sono tanti, la popolazione soffre per la mancanza di pioggia, di fiumi, di pozzi. «Abbiamo fatto costruire cinque pozzi, due li ha finanziati padre Marco Salerno, uno i francescani secolari della provincia salernitano lucana, due sono stati realizzati con l’aiuto di gruppi e associazioni che hanno voluto collaborare insieme a me. Tanti hanno dato offerte importanti ma hanno scelto di rimanere nell’anonimato». Come dice il Vangelo. Molte donazioni sono state destinate anche all’agricoltura, per l’acquisto di trattori, concimi biologici e attrezzi. Negli anni, l’associazione “Operatori di pace” costituita da Marilina insieme a 6 soci fondatori, a cui si sono aggiunte tante persone di buona volontà, ha sostenuto e favorito le adozioni a distanza soprattutto di bambine, perché prendessero coscienza di sé «Tante bimbe sono andate a scuola e oggi sono maestre, ostetriche, infermiere, assistente medico. Abbiamo fatto costruire anche tante casette. Con le offerte sono stati acquistati cemento, sabbia e materiali per costruire. Le hanno realizzate loro, imparando a fare i mattoni e facendoli asciugare al sole». È nato così il villaggio nuovo.

Tutto questo fino al 2019, anno in cui questa bellissima storia di cooperazione internazionale ha subito una dolorosa battuta d’arresto. Qui si apre un altro capitolo, fatto di burocrazia che anziché favorire il bene, lo frena e pone ostacoli insormontabili. «Il nuovo governo, composto da cristiani e musulmani, ha stabilito che per sdoganare container di beneficienza ci vogliono molti soldi» spiega la signora Landolfi.

Si tratta di cifre importanti che costringono Marilina e i suoi amici a fermarsi. Così, per la prima volta dopo 30 anni, nel 2019 Marilina è tornata in Tanzania portando solo delle offerte in denaro e ha chiesto alle suore di comprare riso, granoturco e fagioli da distribuire alle 200 famiglie che seguono il primo venerdì di ogni mese. «Purtroppo, olio e pelati in Africa non si possono comprare» aggiunge con dispiacere.

Si sfrega le mani. Questo immobilismo è doloroso e non si intravede ancora via d’uscita. Quando la vita è stata consumata per prendersi cura degli ultimi è faticoso rimanere fermi, senza sapere cosa fare. Marilina chiede al Signore di indicarle la strada. Intanto vive questa emergenza pregando. Al primo posto c’è sempre l’Africa dove l’espandersi della pandemia desta non poche preoccupazioni.

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