Veglia Pasquale 2020
SABATO SANTO
11 APRILE 2020
Sorelle e fratelli,
carissima Chiesa di Nocera Inferiore – Sarno qui pellegrina,
non so se in queste sere dei giorni santi vi è capitato di guardare il cielo. Poche sere fa un amico mi ha mandato un messaggio dicendomi: “Avete guardato il cielo stasera? Avete visto la luna?” e mi sono accorto che in queste sere, giorni santi, abbiamo avuto una luna stupenda. Il primo pensiero è andato ad un testo della nostra letteratura italiana: il canto notturno di un pastore errante di Leopardi, che chiede alla luna:
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? Dimmi…
Nasce l’uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Cade, risorge, si affretta
per andare dove?[1]
Forse è la domanda – sorelle e fratelli – che tanti, anche se in modo diverso (forse anche senza neanche guardare la luna), si sono posti e si pongono in questi giorni: una domanda sui tanti morti, sui tanti sofferenti, su questo momento così difficile che stiamo vivendo, un momento inaspettato che non era nei nostri programmi.
Dimmi o luna! E anche io oggi mi sono chiesto: “Luna perché se ne è andato don Nello, un sacerdote giovane, dopo un lungo Venerdì Santo?”. Quante domande poste alla luna, poste al cielo, rivolte verso il cielo. Ma mi è venuta in mente anche un’altra espressione, la sera in cui – 11 ottobre del 1962 – cominciò il Concilio Vaticano II (una primavera per la Chiesa), san Giovanni XXIII guardando la tanta gente che era in piazza san Pietro, a differenza del vuoto e del silenzio di questi giorni, disse: “Si direbbe che persino la luna si è affrettata, stasera – osservatela in alto! – a guardare a questo spettacolo”[2]. Si, sorelle e fratelli, ci domandiamo il perché di tutto questo, ma la luna si è affacciata in queste sere a guardare quanti negli ospedali, nelle case di cura, nelle famiglie, nelle parrocchie, nei luoghi di ritrovo, in tanti modi sono vicini ai sofferenti, ai moribondi, a chi ha seppellito la speranza. Guarda la luna! E noi le poniamo domande cocenti sulla sofferenza e domande su questo volontariato, sul mistero degli uomini che ritornano fratelli, degli uomini che riscoprendosi fragili tornano o ritornano a guardarsi in modo diverso. Ma la luna, sorelle e fratelli, come credenti, noi dobbiamo guardarla in un altro modo, direi più teologico, Mysterium Lunae viene chiamata la Chiesa, perché la luna non ha splendore proprio: solo il sole splende da sé e il sole è Cristo. La luna, mistero di un riflesso, è la Chiesa ed essa senza Cristo non risplende. Tutte le volte che la Chiesa nella storia non ha guardato al sole che è Cristo è andata a finire in un fosso. Mistero della luna! Nella celebrazione della Pasqua stasera noi celebriamo il mistero di Cristo, il mistero della luna che è la Chiesa. Perché la Chiesa ha ricevuto, sorelle e fratelli, la parola della Pasqua, la parola della risurrezione. Se in questi giorni non ci fosse la Chiesa chi potrebbe dirci, in questa notte di luce, “non abbiate timore, non temete, è risorto”? Sorelle e fratelli, anche se in modo diverso, anche se in una Pasqua un po’ strana, anche se siamo chiusi in un cenacolo non per paura di giudei ma per paura del virus, Gesù entra a porte chiuse! E la Chiesa realizza questo attraverso elementi semplici: la luce; la Parola che abbiamo ascoltato, dalla creazione del primo mattino del mondo a questo nuovo mattino che è la Pasqua; e poi l’acqua, che stanotte non benediremo ma rinnoveremo ugualmente le promesse battesimali, l’acqua che è vita; il Pane. Il fuoco, la Parola, l’acqua e il Pane per dire il mistero di Cristo, il mistero della Chiesa.
Da tutte le parti è stato scritto “ce la faremo”, mi sembra una parola di Pasqua ma è una parola monca, dobbiamo completarla. Ce la faremo se staremo attenti, se saremo responsabili, se rispetteremo le regole. Andrà tutto bene soltanto se non andremo contro le regole.
Accogliamo la parola della Pasqua, guardando la luna domandiamo sul dolore, ringraziamo sulla generosità di tanti, ma guardando la luna – sorelle e fratelli – la luna che ha le sue fasi come la Chiesa che ha le sue stagioni, impariamo ad amare di più la Chiesa.
La Chiesa in questa notte di luce ci fa riprendere le cetre che avevamo appeso ai salici e la parola della Pasqua “Alleluia”. Da questa notte è finita la quarantena della Quaresima, staremo ancora attenti per il virus, però quasi sottovoce vicino al fratello, all’orecchio di una sorella, di un povero, di un sofferente, di uno che si è fermato, di uno che è ai bordi della strada, diremo “Alleluia, Alleluia”. Certo, diremmo con Sant’Agostino che quest’Alleluia è l’alleluia dei pellegrini, che è ancora l’alleluia dell’amore affamato, della speranza, perché non siamo ancora nella patria, la patria è intravista ma non ancora posseduta[3]. Però riprendiamolo questo canto dell’alleluia, ripetiamolo agli altri: “È risorto! È risorto! Alleluia, lode a Dio!”. Mentre noi eravamo distratti, mentre noi stavamo dormendo, Dio ha inventato la Risurrezione. È risorto! Colui che era sulla croce oggi ha vinto e si presenta a noi – certo ancora con i segni della passione – e ci dice che la morte non è l’ultima parola, che questo momento difficile non è l’ultima parola. L’ultima parola è la Pasqua perché è la prima parola! Allora buona Pasqua ad ognuno di voi!
Stiamo a casa, e la Pasqua in casa ridiventi il luogo della salvezza, il luogo della gioia. Guardiamo la luna e chiediamoci: qual è il significato della vita? Chi siamo? Sorelle e fratelli, siamo i pellegrini della speranza, siamo i pellegrini della Pasqua e nella bisaccia non abbiamo niente se non un po’ di Parola e un po’ di Pane. Infine abbiamo questo canto dell’alleluia che, intonato in questa notte, raggiunge ogni cuore, raggiunge ogni casa, raggiunge tutte le periferie.
È il canto della Pasqua, è il canto della vita, è il canto della resurrezione:
“Non temete, è Risorto!”
Alleluia!
[1] G. Leopardi, I Canti. XXIII canto notturno di un pastore errante dell’Asia, 1830.
[2] Giovanni XXIII, Saluto del Santo Padre Giovanni XXIII ai fedeli partecipanti alla fiaccolata in occasione dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Giovedì, 11 ottobre 1962. In http://www.vatican.va/content/john-xxiii/it/speeches/1962/documents/hf_j-xxiii_spe_19621011_luna.html
[3] Cf. Agostino D’Ippona, Discorso 256 nei giorni di Pasqua sull’alleluia. L’alleluia dell’attesa e quello della vittoria, In http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/discorso_355_testo.htm.