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Scrivere nuove pagine di santità per la Campania

A Napoli «come Chiesa e Città dell’Agro per far luce nel nostro pellegrinaggio verso il regno». Oggi pomeriggio la Diocesi ha offerto l’olio per la lampada che arde dinanzi alle reliquie del patrono di Napoli e della Campania. Nell’omelia dei…

A Napoli «come Chiesa e Città dell’Agro per far luce nel nostro pellegrinaggio verso il regno». Oggi pomeriggio la Diocesi ha offerto l’olio per la lampada che arde dinanzi alle reliquie del patrono di Napoli e della Campania.
Nell’omelia dei Primi Vespri della festa di San Gennaro, il Vescovo Giuseppe ha richiamato i segni dell’olio e del sangue.
«L’olio della fede, della speranza e della carità. Olio da offrire ai tanti richiedenti, viandanti, naufraghi, disperati, stolti, cioè senza Dio e quindi senza speranza».
«Come Chiesa che genera, ascoltiamo questo grido, quelle voci di sangue, di sacrifici cruenti e incruenti, ferite della carne e dell’anima, che si levano da tanti angoli della nostra terra e che vogliono essere aiutate a guardare verso la Croce di Cristo».

 

 

Noi siamo più che vincitori (Rm 8, 37)

 

Eminenza Reverendissima, Signor Cardinale Crescenzio Sepe,

 

Eccellenze, Presbiteri, Diaconi, Religiosi e Religiose, Santo Popolo di Dio, radicato nel battesimo e nella cresima, Autorità, Comitato Diocesano San Gennaro, con gioia la Chiesa di Nocera Inferiore-Sarno ha raccolto l’invito ad offrire l’olio per alimentare la lampada che brillerà dinanzi a San Gennaro, Martire e Patrono della nostra Regione.

Siamo qui, come Chiesa e Città dell’Agro, con il Popolo e le Istituzioni, per compiere un gesto semplice, ma tanto significativo: donare l’olio, non solo per la lampada del Santo, ma anche per alimentare, attingendo alla sua ricca testimonianza, le nostre piccole lampade, tanto necessarie per far luce nel nostro pellegrinaggio verso il regno.

E per immergerci in comunione nell’affresco del Caravaggio “Le opere di Misericordia”, e quasi a volerle rileggerle insieme, opere che stanno ritmando il lavoro pastorale della Chiesa di Napoli in questi anni.

Nei primi vespri della solennità di San Gennaro, già preludio di festa, sono due i segni che accompagnano la nostra preghiera: l’olio e il sangue, resi vivi dal soffio rigeneratore dello Spirito di Dio.

L’olio della consolazione, prodotto dall’olivo pianta biblica, ha molti significati che confluiscono nella persona di Cristo, l’Unto per antonomasia.

E l’olio, come Chiesa, ci rimanda sempre a quella stupenda celebrazione del giovedì santo, la Messa Crismale, dove nel fluire dell’olio è significato e si manifesta il mistero della Chiesa, raccolta intorno al suo Vescovo per ungere i tanti sogni e le tante ferite dell’uomo.

Ma come non pensare, sorelle e fratelli, a quella stupenda parabola delle vergini sagge e stolte (cfr Mt. 25,1-13), dove ancora l’olio è protagonista?

Le stolte dissero alle sagge: Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono (Mt. 25,8).

La risposta negativa delle sagge, che non è da intendere come mancanza di carità, ci fa riflettere sul fatto che c’è un tempo, lo spazio della nostra vita, in cui l’olio può e deve essere condiviso.

Ma ci sarà un altro tempo, oltre il tempo, quando la porta, entrato lo Sposo, sarà chiusa (cfr. Mt. 25,10), e non sarà più possibile condividere con gli altri il nostro olio, segno di responsabilità personale.

La nostra vita, questo pugno di giorni, è il tempo della carità, virtù che rimane e sulla quale saremo giudicati nella sera della vita.

Ma, chi è lo stolto?

Ce lo ricorda il salmista: Lo stolto pensa: Dio non c’è (Sal. 14,1).

Le stolte presero le lampade, ma non presero con sé l’olio.

Ci può essere una vita, una religiosità, una pastorale, un modo di pensare, dove siamo attrezzati con innumerevoli strumenti, lampade anche all’ultima moda, ma non abbiamo l’olio.

È l’olio che manca!

E sentiamo il grido che sale da più parti: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono!

L’olio della fede, della speranza e della carità.

Olio, in piccoli vasi, da offrire ai tanti richiedenti, viandanti, naufraghi, disperati, stolti, cioè senza Dio e quindi senza speranza, del nostro tempo.

Siamo qui come Chiesa e chiediamo al nostro Santo di essere Chiesa che condivide l’olio in piccoli vasi, prima che la porta sia chiusa e rischiamo di non essere riconosciuti dal nostro Maestro.

Così, nella condivisione che è l’economia solidale, l’orcio dell’olio non diminuirà (cfr. I Re 17,14), e brilleranno i nostri volti per la gioia del Vangelo, e non per una cosmesi da maschera.

 

Altro segno eloquente della nostra preghiera è il sangue; il sangue prezioso di Cristo (cfr. I Pt. 1,1-19) e il sangue di Gennaro, nel quale sempre permane un riflesso del sangue di Cristo.

E subito ne uscì sangue ed acqua (Gv. 19,34)

Come Chiesa, nello stupore della fede, contempliamo quel sangue, sapendo da dove uscì e qual è la sua potenza.

Scrive San Giovanni Crisostomo: «Se vuoi comprendere ancora più profondamente la forza di questo sangue, considera da dove cominciò a scorrere e da quale sorgente scaturì. Fu versato sulla Croce e sgorgò dal costato del Signore. Carissimo, non passare troppo facilmente sopra a questo mistero. Vedete in che modo Cristo unì a sé la sua Sposa, vedete con quale cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il sangue alimentiamo la nostra vita. Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato» (Dalle “Catechesi” di San Giovanni Crisostomo, Vescovo).

Il sangue è la vita. Nel sangue la vita scorre, e nel sangue di Cristo è la sua vita che oggi, attraverso i Sacramenti, viene a noi trasfusa.

In questa continua trasfusione mistica, sacramentale, ma reale, noi siamo guariti, redenti e riviviamo, non più anemici nella vita spirituale. Nel sangue di Cristo, prezioso, raccogliamo il tanto sangue innocente che scorre nella nostra regione, e il sangue che grida vendetta al cospetto di Dio, e il sangue offerto nella bellezza delle vite donate.

La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo (Gen. 4,10).

Come Chiesa che genera, ascoltiamo questo grido, quelle voci di sangue, di sacrifici cruenti e incruenti, ferite della carne e dell’anima, che si levano da tanti angoli della nostra terra e che vogliono essere aiutate a guardare verso la Croce di Cristo, nel cui Cuore c’è il convegno per dare senso ad ogni dolore.

Con le parole del Beato Tommaso Maria Fusco, un Beato della nostra Chiesa, vogliamo pregare: «Gesù mio, scorra su di me una goccia del tuo Sangue che accresca la mia fede, mi sia luce nell’oscurità, forza nella lotta, consolazione nelle pene».

Olio di letizia e sangue che dona la vita, siano i segni di una testimonianza da dare oggi come Chiesa, in questo tempo drammatico, complesso e stupendo, mentre ci sovviene la parola dei Padri conciliari;

«… Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Ché se a pochi è concesso, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa…» (LG. 42).

Come martiri del quotidiano e del feriale, mandati nel mondo a preparare la festa, ricominciamo dall’umano, dal nuovo umanesimo, con la capacità di ricucire, riconciliare, rammendare, ben coscienti che per mezzo di Lui e in vista di Lui, tutte le cose sono state riconciliate, perché Egli ha pacificato con il sangue della sua Croce sia le cose che sono sulla terra, sia quelle che sono nei cieli (cfr. Col. 1,20).

 

Unti dall’olio e segnati dal sangue prezioso, riassaporiamo il gusto per l’umano, alla scuola del martire San Gennaro, perché dove l’umano si realizza il Divino è pienamente presente, e sperimenteremo la gioia di scrivere nuove pagine di santità nella nostra Regione.

 

Napoli, 18 settembre 2019

+ Giuseppe Giudice, Vescovo

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