Tonino Esposito Ferraioli: il coraggio della verità
Antonio Esposito Ferraioli, cuoco paganese ucciso a 27 anni con due colpi di lupara, è una vittima innocente di Mafia. L’intervista al fratello Mario, che raccoglie l’eredità di Tonino per consegnarla alle nuove generazioni.
di Martina Nacchio
Antonio Esposito Ferraioli rivive negli occhi dei ragazzi che parlano di lui, nelle fotografie che il fratello Mario custodisce gelosamente, nelle divise degli studenti con sopra inciso il suo nome. La Camorra l’ha strappato via dai suoi giorni quarant’anni fa, nella notte del 30 agosto 1978. Quegli istanti tragici e l’inferno che ne è scaturito sono consegnati all’eternità tramite i ritagli degli articoli accuratamente conservati in un album, collocati tra i suoi effetti personali, la sua tessera degli scout e i messaggi che i giovani lasciano sulla sua lapide. Un biglietto su tutti emoziona Mario: su uno sfondo rosa campeggia la frase “Una storia di vita”.
«Mi colpisce perché è proprio così: Tonino dopo quarant’anni vive ancora attraverso il ricordo» dice, mentre con le dita sfoglia quei reperti preziosi. Gli avvenimenti di quella notte sono impressi nei suoi occhi come fotogrammi. «Quando fu ammazzato mio fratello persi la fede, perché lui morì tra le mie braccia all’ospedale di Nocera. Io ero la sua ombra, il fratello più piccolo che lo seguiva in tutto. A darmi la scossa è stata una frase di papa Wojtyla che diceva che il dolore e la sofferenza prima o poi busseranno alla tua porta e tu non potrai non farli entrare. Per combatterli, per superarli, ci vuole tanto amore. Quello che sto facendo oggi proprio grazie alla fede, che mi ha ridato la forza, e all’amore che mi ha dato mia madre».
Il coraggio di non voltarsi. Tonino aveva solo ventisette anni quando è stato ammazzato con due colpi di lupara. Aveva appena salutato la sua fidanzata, con la quale avrebbe dovuto sposarsi il mese successivo. Il processo per individuare i colpevoli della sua morte è stato aperto e chiuso due volte senza individuare i colpevoli. Lavorava come cuoco nell’azienda Fatme di Pagani, e in fabbrica stava conducendo una battaglia sindacale da delegato della Cgil per i diritti dei lavoratori e per la qualità del cibo che veniva servito agli operai e ai bambini dell’asilo nido dello stabilimento. Quando sul bancone della mensa arrivò una partita di carne avariata, legalmente importata, Tonino era intenzionato ad andare a denunciare. Ma non fece in tempo. «Non poteva accettare che i lavoratori non potessero avere fiducia in lui. Ecco perché ha combattuto questa battaglia – spiega Mario –. Sapeva che non si può trasmettere la legalità se non la vivi. Questo è il messaggio più grande che Tonino ci ha consegnato in un tempo in cui è più facile non fare che fare, far finta di non vedere che agire».
Sapeva che non si può trasmettere la legalità se non la vivi.
Solo quest’estate, dopo quarant’anni dalla sua morte, Antonio Esposito Ferraioli è stato riconosciuto vittima innocente di Mafia. «Mi sono incamminato in questa battaglia legale dieci anni fa. Dopo la prima sentenza favorevole, l’Avvocatura dello Stato fece ricorso. Non potevo permettere che la memoria di mio fratello fosse macchiata. Tonino è morto perché era una persona onesta. Così siamo andati avanti e ce l’abbiamo fatta».
Rivivere nella testimonianza. Solo dopo vent’anni Mario decide di uscire dalla casa del silenzio in cui si era rifugiato con il suo dolore e di iniziare un percorso di testimonianza, illuminato dall’esempio del fratello. «La bellezza della storia di Tonino è che tocca tutti gli aspetti dell’essere umano: ci sono i sogni, c’è l’impegno, ci sono la speranza, i limiti, il coraggio, alla fine c’è la morte, il dolore, la sofferenza e poi la vita». Quella che Mario stesso è riuscito a riprendere in mano attraverso la sua missione. Sostenuto da Libera, l’associazione di memoria e impegno in nome delle vittime delle Mafie, ha iniziato ad incontrare i ragazzi delle scuole, delle associazioni, a diffondere i valori della legalità in nome del fratello. Con il tempo sono fioriti i segni nel nome di Tonino. Un premio scolastico, una rassegna annuale presso l’Ipsseoa di Pagani, un albero a lui intitolato nel Giardino della Legalità all’Università degli Studi di Salerno, e soprattutto una masseria, sorta su un bene confiscato alla Camorra ad Afragola, e una scuola alberghiera a Napoli, di fronte al carcere di Poggioreale, che portano il nome “Antonio Esposito Ferraioli”. Ancora troppo c’è fa fare, ma oggi sullo stesso terreno in cui la Mafia coltiva illegalità, sorgono anche fiori di speranza.