50 ore al mese
Michele è un papà separato e ha sperimentato sulla sua pelle la difficoltà di vivere lontano dalla sua bambina. Dalla sua esperienza è nata l’associazione Nuove Prospettive, che vuole offrire un aiuto concreto agli uomini che vivono la stessa situazione.
di Antonietta Abete
“Ci si separa dalla moglie, non dai figli». È questa l’espressione che utilizza Michele Buscè, tra i soci fondatori di Nuove Prospettive, associazione di volontariato nata a Roccapiemonte il 18 ottobre 2016 con un’attenzione per il disagio e, dunque, anche per i padri separati.
Il giovane 34enne originario di Angri è padre di una bambina di quattro anni, alle spalle un matrimonio naufragato quando la piccola ne aveva appena due. A partire dalla sua esperienza personale, ha deciso di sostenere chi si trova a vivere lo stesso percorso. «In Italia la giurisprudenza tende a favorire le mamme, perché si pensa che siano più capaci di prendersi cura dei figli», sostiene. I riflettori non si accendono quasi mai sui disagi che vive un papà quando finisce un matrimonio. Il primo dolore con cui un padre separato deve fare i conti è la drastica riduzione del tempo che può passare con i figli. In genere due pomeriggi a settimana, per tre ore, e due fine settimana al mese, dalle 14.00 del sabato alle 18.00 della domenica. Poco più di 50 ore in un mese. «Se tutto va bene – sottolinea Michele –, perché il bambino può avere un’influenza o la mamma può decidere di non mandarlo un pomeriggio perché deve fare i compiti».
Si finisce per vivere sotto la soglia della povertà. Si va a mangiare alla Caritas o nelle mense per i poveri.
Il secondo grande nodo riguarda l’aspetto economico. «Nel caso di una separazione consensuale, gli accordi sono stilati da un avvocato. In genere viene chiesto un assegno di mantenimento sia per i figli che per la mamma. In quella sede, il papà potrebbe far presente che non è in grado di sostenere anche il mantenimento della moglie ma, per timore che in una separazione giudiziale il giudice possa essere ancora più severo, accetta condizioni che poi fatica a rispettare».
La casa coniugale è assegnata quasi sempre alla mamma. E se c’è un muto da pagare o l’immobile è in affitto, il papà deve continuare a sostenere queste spese, nel frattempo deve corrispondere il mantenimento, trovare un’altra casa per lui oppure, dov’è possibile, ritornare a vivere in famiglia. «Se aggiungiamo che spesso gli avvocati sono scorretti e consigliano alle mogli di lavorare in nero e di arrivare in giudizio con reddito zero – ovviamente non faccio riferimento a tutte le mogli, ma questi casi non sono poi così rari – si finisce per vivere sotto la soglia della povertà. Si va a mangiare alla Caritas o nelle mense per i poveri».
Il lavoro dell’associazione. Lo scorso maggio Nuove Prospettive ha organizzato una mostra sui padri separati dai figli; opere realizzate sul tema dagli studenti dell’Istituto Galizia di Nocera Inferiore sono state esposte presso il Centro Sociale di Roccapiemonte. «È stata un’occasione preziosa per intercettare i primi papà». In un anno di attività, sono 80 i padri separati che l’associazione ha incontrato nell’Agro e nella Valle dell’Irno. Ad essi ha offerto una prima assistenza legale, cibo, vestiti. «A volte hanno semplicemente bisogno di qualcuno che di sera li ascolti e li calmi, per evitare che possano commettere sciocchezze. In alcuni momenti i livelli di stress e tensione possono essere davvero alti e la rete sociale di supporto non funziona». Per questo è stato istituito uno sportello di ascolto telefonico (telefono 08118858292), che è attivo alcune ore della giornata ed ha sempre una segreteria telefonica per lasciare un messaggio.
Le battaglie. L’associazione è attiva anche sul versante legislativo. «Ci stiamo battendo per ottenere la doppia residenza del minore a casa di entrambi i genitori, doppio codice fiscale perché capita che il papà si trovi ad affrontare spese mediche che poi non può scaricare fiscalmente. Chiediamo inoltre l’applicazione dell’affido condiviso. La legge è buona ma l’equità è il 50%. Il bambino dovrebbe passare lo stesso tempo con la mamma e con il papà, e questo purtroppo non accade. Ci battiamo anche per l’istituzione del registro della bi-genitorialità che consente al genitore separato di ricevere presso il suo domicilio comunicazioni pubbliche che riguardano il figlio, come quelle scolastiche. Io, ad esempio, non so nulla sull’andamento scolastico di mia figlia».
Mentre al Nord il registro è presente in quasi tutti i comuni, al Sud stenta a decollare. Si teme che la sua istituzione possa generare un aumento della conflittualità tra i coniugi. «Facciamo l’esempio di un vaccino, se io non sono d’accordo, devo fare ricorso al giudice». L’associazione ha inviato raccomandata a tutti i Comuni della Campania, ma non ottenuto nessuna risposta. «Adesso stiamo organizzando un incontro in Regione». Si tratta di battaglie condotte nell’interesse del minore che spesso, nella guerra tra mamma e papà, finisce per pagare il prezzo più alto.
Pubblicato su Insieme – novembre 2017