Sorelle e fratelli, carissimi,
nel corso della Visita Pastorale è d’obbligo coniugare il verbo VISITARE per dare corpo agli Orientamenti Pastorali per l’anno 2018-2019. Lo voglio fare, con gioia e attento all’evangelizzazione,
con le parole del salmista che ci ripete: Tu visiti la terra e la disseti (Sal 65, 10).
Orientamenti Pastorali 2018-2019
Tu visiti la terra e la disseti
(Sal 65, 10)
ORIENTAMENTI PASTORALI
2018-2019
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Sorelle e fratelli, carissimi,
nel corso della Visita Pastorale è d’obbligo coniugare il verbo VISITARE per dare corpo agli Orientamenti Pastorali per l’anno 2018-2019. Lo voglio fare, con gioia e attento all’evangelizzazione,
con le parole del salmista che ci ripete: Tu visiti la terra e la disseti (Sal 65, 10).
E prima di inoltrarci nella ricchezza del verbo visitare, è bello ripercorrere con memoria grata i verbi che hanno accompagnato il nostro percorso pastorale in questi anni. Sono i verbi da coniugare sempre nella nostra Chiesa diocesana, per assumere ancora di più il volto missionario, ben coscienti che si evangelizza solo ciò che si ama:
RICOMINCIARE (2011-2012); ASCOLTARE (2012-2013); ACCOGLIERE (2013-2014);
RINASCERE (2014-2015); MISERICORDIARE (2015-2016); ORDINARE (2016-2017);
RICORDARE (2017-2018).
Può essere utile, nell’Anno Pastorale che ci si apre dinanzi, rileggere tutta la storia della salvezza attraverso il verbo visitare e soffermarsi sulle tante visite feconde che il Signore rivolge alla nostra vita e alla nostra Chiesa diocesana. È bello chiedersi: come ci visita il Signore? Come ci disseta? E, a cominciare dal SS.mo Sacramento, a chi rivolgere le nostre visite oggi?
Poi Giuseppe disse ai fratelli: «Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questa terra, verso la terra che egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe». Giuseppe fece giurare ai figli d’Israele così: «Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa» (Gen 50, 24-25). Comincia così, con il popolo ancora schiavo in Egitto, l’attesa della visita del Signore. Attesa che rimane desta, come una promessa da realizzare, attraverso le parole dei profeti, anche con minacce (cfr Ger 6, 15), quando il popolo, affascinato da altro, dimentica il suo Signore.
La promessa si realizza nel cuore della notte di Betlemme quando, nella carne di Gesù, nato da donna, Dio visita il suo popolo, mettendo anche in risalto l’aspetto drammatico della visita stessa: Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1, 11).
Ha così inizio, nel gioco di luci ed ombre, la visita del Signore, sempre tesa tra quelli che l’accolgono e quelli che la rifiutano (cfr Lc 19, 43). Ma il Risorto, anche dopo il no della Croce, riprende la sua Visita Pastorale, raggiungendo tutte le periferie del cuore, e ripetendo sottovoce: Ecco: sto alla porta e busso (Ap 3, 20) e invitando a vigilare (cr Mt 24, 42) e ad avere un cuore non appesantito, che attende come l’amata del Cantico la visita dell’amato: Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline (cfr Ct 2, 8). Vivere è attendere i passi dell’amato: “casa natia, dove s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore di un passo aspettato con un misterioso timore” (Manzoni, Promessi sposi, cap. VIII).
Tu visiti la terra e la disseti: Come? Quando? Dove?
– Egli ci visita e ci disseta anzitutto con la sua PAROLA:
Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata
(Is 55, 10-11).
– Egli ci visita e ci disseta con il PANE:
Come è bello quando nel cuore della presentazione dei doni il sacerdote, aggiungendo una goccia d’acqua nel calice con il vino, ripete sottovoce: “L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana”.
Una goccia d’acqua in cui si condensa tutta l’umanità, la nostra umanità; la mia umanità, che fa acqua da tutte le parti. Attraverso una piccola goccia entriamo nel grande oceano della redenzione. L’acqua (umanità) si unisce al vino (divinità) quale segno della nostra unione con Gesù che, prendendo la nostra carne, assume tutto il creato unendolo alla vita divina per farlo entrare nel grande fiume di Dio. Che cos’è una goccia d’acqua nel calice colmo di vino?
Poca cosa, insignificante, quasi si perde eppure è la nostra piccola finestra per accedere da salvati nel grande dramma della storia della salvezza.
Nel calice ci siamo anche noi: con le nostre lacrime e i nostri sorrisi, con tutta la nostra umanità debole e ferita. Ci siamo – come goccia unica e irripetibile – per essere trasformati nel corpo di Cristo, per diventare materia pasquale per il sacrificio che salva il mondo. Così ciò che Lui ha fatto per noi (dimensione oggettiva), si ripete e si rinnova in noi (dimensione soggettiva).
“Poca cosa la mia goccia nell’oceano. Ma senza la mia goccia, l’oceano sarebbe sicuramente più povero” (santa Teresa di Calcutta). Anche la mia goccia d’acqua sarebbe più povera senza la visita del calice di Gesù. Bisogna riscoprire nuovamente la centralità, e non l’esclusività, della Celebrazione eucaristica. Da questa ricentrata centralità, possono e devono scaturire percorsi pastorali, con espressioni culturali, artistiche, catechetiche, architettoniche, capaci ancora di poter dire Dio nel nostro tempo.
– Egli ci visita e ci disseta con il POVERO e i poveri crocifissi.
Allora gridando disse: «Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma» (Lc 16, 24).
Si grida sempre, anche all’inferno. Solo in Paradiso si canta e si danza. Di là, oltre il tempo, non sarà più possibile compiere gesti di carità, perché tra buoni e cattivi è stato fissato un grande abisso. L’inferno è arsura, mancanza di acqua della carità; e la santità è capacità sempre nuova di dar da bere, dar da mangiare e visitare le tante situazioni dove Gesù, nascosto, tende la mano e attende. La risposta di Abramo al ricco che soffre è significativa e indicativa e rimanda sempre alla Parola: Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro.
Ci dissetiamo ascoltando e facendo la carità:
«Siamo messi alla prova dagli affanni terreni e riceviamo esperienza dalle tentazioni della vita presente. Ma se non vogliamo morire assetati in questo deserto, beviamo la carità. È la sorgente che il Signore volle far sgorgare quaggiù, perché non venissimo meno lungo la strada: ad essa attingeremo con maggiore abbondanza, quando saremo giunti alla patria». Dal “Trattato sulla prima lettera di san Giovanni” di sant’Agostino, vescovo (VII, 1. 7-9); PL 35, 2029-2032-2033-2034). Sì, questo povero grida e il Signore lo ascolta (Sal 34, 7).
Ancora oggi, mentre Gesù si avvicina a Gerico per entrarvi e attraversarla, sente il grido del cieco: Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me! (cfr Lc 18, 34-35). C’è un’umanità, seduta lungo la strada a mendicare, che grida verso Gesù. E mentre alcuni la rimproverano per farla tacere, essa grida sempre più forte: Figlio di Davide, abbi pietà di me!
E Gesù si ferma ed entra nella città per salvare coloro che, a voce alta o in silenzio, gridano. Evangelizzare vuol dire fermarsi, ascoltare ed entrare nel cuore delle diverse situazioni, non da visitatori distratti, ma da cristiani appassionati; ascoltare questo grido può essere un primo segno concreto della bellezza della Visita Pastorale. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14, 23).
La visita di Gesù è un dimorare, un rimanere, un fare casa con l’anima; è l’inabitazione della Trinità, di cui i Santi hanno fatto viva esperienza. Sì, Egli viene per rimanere con noi. Per quanto tempo?
Ascoltiamo:
«Nel tabernacolo del grembo di Maria, Cristo dimorò nove mesi, nel tabernacolo della fede della Chiesa sino alla fine del mondo, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele per l’eternità».
Dai “Discorsi” del beato Isacco della Stella, abate (Discorsi 51; PL 194, 1862-1863, 1865).
Maria, la Vergine della Visitazione, Colei che visitata va a visitare, ci aiuti a recuperare l’entusiasmo della missione per raggiungere, cantando il Magnificat, le tante case dove Elisabetta attende il nostro gratuito servizio per accogliere il dono della vita e, nella vita, il dono della fede, dono per noi e nostro impegno per la gente (cfr Lc 1, 39-56).
Vi benedico
† Giuseppe, Vescovo
Nocera Inferiore, 29 giugno 2018
Solennità dei Santi Pietro e Paolo