Non vogliamo dimenticare
A vent’anni dalla tragedia di Sarno, Insieme dedica un ampio dossier alla frana che ha colpito la nostra terra dell’Agro. Pubblichiamo l’introduzione al Primo Piano di don Silvio Longobardi, che il 5 maggio del 1998 rimase intrappolato ad Episcopio. Il mensile diocesano è disponibile in edicola e nelle parrocchie.
di Silvio Longobardi
La memoria è quella stanza misteriosa dove s’intrecciano luci e ombre, gioie e dolori. È un santuario che custodisce i segreti più preziosi, gli eventi che hanno rallegrato la vita e quelli che hanno lasciato ferite che il tempo non può cancellare. La vicenda di Sarno appartiene a quei fatti che, anche a distanza di anni, fanno ancora male.
Anch’io ero lì quel giorno e quella notte, insieme a tante altre persone, ci siamo rifugiati nel piano più alto del palazzo vescovile. Vegliando e pregando. Ricordo gli amici che telefonavano per avere notizie, la preoccupazione per due sorelle della mia comunità che non erano rientrate, la coscienza del pericolo era ben viva ma c’era anche la necessità di custodire la speranza degli altri amici che condividevano quella notte senza stelle.
Eravamo più al sicuro rispetto ad altri, solo al mattino arrivarono gli elicotteri che ci portarono in salvo. Il giorno dopo ero di nuovo lì, ancora frastornato. La pioggia aveva lasciato il posto ad un sole accecante. C’era ancora tanto fango e tanta gente, tutti avvolti dall’incredulità e dal dolore. E tante domande senza risposta. Una sola certezza: non era colpa della natura ma dell’uomo, quel tragico evento non era frutto di un destino crudele ma era l’esito amaro dell’incuria e dell’irresponsabilità di un’intera comunità e, in particolare, di coloro che avevano il dovere istituzionale di vigilare e di prevenire. Tanti hanno fatto la loro parte, ben oltre il loro dovere; e tanti altri portano il terribile peso di non aver capito e di non aver fatto tutto quello che era necessario.
A distanza di vent’anni non c’interessa rileggere questi fatti per distribuire pagelle e rilanciare accuse. Ma non vogliamo neppure dimenticare. Abbiamo scelto di dare voce ad alcuni testimoni che hanno vissuto quel dramma. Nelle loro storie, accennate con pudore, sentiamo l’eco di un dolore antico ma anche la parola della speranza. Qualcuno ha scritto che l’uomo è condannato ad essere ottimista. Noi invece siamo convinti che dagli errori si può e si deve imparare e crediamo che Dio sa come trarre il bene anche dal male. Per questo anche la memoria più dolorosa diventa grembo di speranza.