Omelia per l’Epifania e Indizione della Visita Pastorale
per mezzo del sangue di Gesù
via nuova e vivente
(Eb 10, 19-20)
Liturgia della Parola:
Is 60, 1-6;
Sal 71 (72);
Ef 3, 2-3a 5-6;
Mt 2, 1-12.
Sorelle e Fratelli,
avvolti dalla luce epifanica del Natale e sorpresi dall’annuncio della Pasqua che per antica tradizione la Chiesa rivolge in questo giorno, il Vescovo pone accanto al focolare della Chiesa e nella calza della Befana il dono alla Diocesi della Santa Visita Pastorale, che ci impegnerà nell’evangelizzazione dal neonato 2018 alla Solennità della Pentecoste, il 31 maggio 2020, e sarà per tutti coloro che vorranno aprirsi alla luce della fede un tempo privilegiato di grazia.
Ascolteremo alla fine della Santa Messa la lettura del Decreto di Indizione e saranno consegnate copie della Lettera Pastorale Oggi devo fermarmi a casa tua, che dal cuore di questa Chiesa Cattedrale dovrà raggiungere i cuori di tutti i fedeli e i luoghi della Diocesi di Nocera-Sarno.
Un fiume di grazia dovrà invadere il nostro territorio, ricco di possibilità, ma sempre fragile, ferito e deturpato, spazio concreto per la nostra santificazione, habitat sempre da bonificare e profumare, sin negli anfratti e nelle pieghe più nascoste, dove il male può annidarsi, mettere radici e prolificare e dove tanti, non attenti al bene comune, pensano ancora di violentarlo, approfittandone per i propri interessi.
Come i Santi Magi – e cammina, cammina! – seguendo la stella, chiedendo e informandoci, siamo giunti a Betlemme, luogo che il Signore ha scelto per visitare il suo popolo.
È terminata la lunga notte dell’attesa, il Signore è venuto facendosi carne nel grembo di Maria, e noi abbiamo contemplato la sua gloria (Gv 1, 14).
Il Natale è tutto qui, in un Bambino, batuffolo di tenerezza, grumo di carne e di sangue nel ventre della Vergine, il Tutto nel frammento, offerto ormai per sempre alla nostra adorazione e all’attesa del suo ritorno, avvento glorioso e riscontrabile nei volti dei tanti bambini, non accolti, offesi o utilizzati come merce di scambio sul confuso mercato del mondo.
Seguendo il cammino dei Magi, illuminati dalla stella della fede, e cercando nella sua luce amica la vera luce (dalla Liturgia), eccoci qui a provare quella stessa grandissima gioia, che essi hanno sperimentato arrivando a Betlemme.
E con acume spirituale, San Giovanni Crisostomo fa notare: “I Magi non si misero in cammino perché avevano visto la stella, ma videro la stella perché si erano messi in cammino”.
Anche noi, seguendo le loro orme mettiamoci in cammino, entriamo nella casa, vediamo il bambino con Maria sua madre, e prostiamoci in adorazione.
È l’atto più semplice, più vero e più nostro, che ci restituisce alla libertà creaturale e ci pone come piccoli dinanzi all’Unico Grande. Non si è mai così grandi, come quando si è in ginocchio dinanzi all’Altissimo!
Poi apriamo lo scrigno del nostro cuore e offriamo in dono oro, incenso e mirra. Offriamo, cioè restituiamo a Colui dal quale tutto proviene, e non solo prendiamo o pretendiamo. Egli è il Dono e ci educa ai doni.
Con l’oro riconosciamo: Tu sei il nostro Re!
Con l’offerta dell’incenso ripetiamo: Tu sei il nostro Dio!
Offrendo la mirra già pensiamo: Tu sei l’uomo che sarà deposto dalla Croce!
Ecco nei simboli la nostra professione di fede: Tu sei il nostro Signore, vero Dio e vero uomo; e Ti ringraziamo perché ci hai messo in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce (cfr Col 1, 12-13).
E come i Santi Magi ora, per non incrociare Erode e le sue strade di morte, bisogna tornare al paese per un’altra strada.
Sì, Sorelle e Fratelli,
la Chiesa ha sempre un’altra strada da percorrere per evitare il male e la morte e ritornare, attraverso il paese dell’anima, ai nostri territori, alle case, che sempre attendono una visita salutare dai testimoni che esclamano: Abbiamo visto il Signore! (Gv 20, 25).
Gesù è l’altra strada, via nuova e vivente che egli ha inaugurato attraverso il velo, cioè la sua carne (Eb 10, 20)
Gesù è la Via (Gv 14, 6), la strada, il cammino per ogni uomo che è stato a Betlemme e vuole raggiungere Gerusalemme.
La carne di Gesù, veramente uomo, è la via di accesso che conduce al Signore, veramente Dio.
E tra l’uomo e Dio, sull’asse Betlemme-Gerusalemme, si compie e si consuma il pellegrinaggio di ogni persona, vocata alla Pasqua e chiamata a rivestirsi di luce, luce epifanica e taborica: Alza gli occhi e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio (Is 6, 4).
È il mistero della Chiesa, contemplata con gli occhi dello stupore e della fede!
Viene il Vescovo, viene il Signore!
Così ripetevano le prime comunità, visitate dagli apostoli e dai loro successori.
Rinverdendo la fede ecclesiale, oggi alquanto offuscata, anche noi dobbiamo ripetere con gioia nuova e densa di stupore: Viene il Vescovo; si, in Lui ci visita il Signore!
Oggi con la Chiesa viene il Signore: palpiterà e si dilaterà il tuo cuore (Is 60, 5).
Egli viene come il seminatore a spargere ancora il seme della Parola; a distribuire il Pane della vita; ad accarezzare il volto dei Poveri.
Così nella fede, e solo nel dinamismo della fede si comprende l’originalità della Visita Pastorale, che prende le distanze, per profondità e significato, da qualunque altra visita, pur lodevole, ma solo umana e gratulatoria.
E a chi si chiede: perché viene il Vescovo? cosa dirà? cosa ci porterà? cosa ci chiederà? non per anticipare ma solo per rassicurare, mi piace offrire il commento al Salmo 23, il Salmo del pastore, quasi per trovare in esso le tante risposte che aspettiamo e dare al nostro credo il timbro della vera ecclesialità.
Il Vescovo, innanzitutto, mi viene a ricordare che il Signore è il mio pastore e con lui non manco di nulla.
Nulla ti turbi, nulla ti spaventi.
Chi ha Dio nulla gli manca, diremo e ripeteremo con santa Teresa d’Avila.
Egli mi fa riposare su pascoli erbosi e mi conduce ad acque tranquille.
Mi visita, Egli il mio Pastore, rinfranca la mia anima e mi guida per il giusto cammino, perché conosco il suo nome e so che in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati (At 4, 12).
E se cammino nella valle oscura del peccato, del dubbio e della sofferenza, anche se le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni (Is 60, 2), io non temo alcun male, perché so che il Signore è con me; il suo bastone e il suo vincastro mi danno sicurezza.
Egli prepara davanti a me la mensa eucaristica e lo fa sotto gli occhi dei miei nemici; e continua a farlo anche se una cultura nemica mi vuole distogliere dalla cena eucaristica, insinuando in me il dubbio disperato, compagno di tanti naufraghi della vita.
Ma nel nostro cuore, nonostante le difficoltà, risuonano come un dolce invito le parole del Maestro:
Fate questo in memoria di me! (Lc 22, 19)
Ed ancora Egli mi unge con l’olio della tenerezza e della speranza e il mio calice trabocca di amore e di gioia e, con Lui, so che il calice della sofferenza può passare solo se rimango unito alla sua volontà.
Con la presenza del mio pastore, sono certo che la bontà e la fedeltà saranno mie compagne di viaggio per tutti i giorni della mia vita.
Con Lui, per lunghi giorni, abiterò nella casa del Signore, che è il mio cuore, la mia famiglia, la mia Chiesa, ricondotti nel suo sangue alla sorgente della santità e della grazia.
Sì, Signore, Pastore supremo delle nostre anime, vieni a visitarci nella pace, e allora le strade della nostra Chiesa diocesana saranno altre, perché ri-abitate dalla fede, speranza e carità, e ogni uomo ritroverà il suo posto e la sua dignità nella tua casa, rivestito nuovamente con l’abito della festa, dopo aver deposto la pelle del peccato e dell’ipocrisia, o della falsa religiosità che inquina il nostro vivere.
Vieni, Pastore bello e buono, a visitare il tuo popolo e a ripetere le parole antiche e sempre nuove ai tanti sitibondi, seduti in attesa di acqua ai vari pozzi della vita, o presso cisterne screpolate che non mantengono l’acqua, specialmente nelle famiglie e nelle comunità, assetate di fraternità e malate nelle relazioni.
La Santa Visita è e vuole essere un prolungato e rinnovato atto di amore alla Chiesa, a questa Chiesa da amare, coscienti sempre più che si evangelizza solo ciò che si ama (cfr Ef 5, 25-27) e, senza il servizio pastorale dell’amore e nell’amore, il Vangelo si blocca, non passa, è semplice vernice sprecata su porte tarlate, e non ci trasforma nel cuore della città in Civiltà dell’amore, perché il sale senza sapore è gettato e poi calpestato.
Sei giorni prima
della solenne celebrazione della Pasqua,
quando il Signore entrò in Gerusalemme,
gli andarono incontro i fanciulli:
portavano in mano rami di palma,
e acclamavano a gran voce:
“Osanna nell’alto dei Cieli:
Gloria a te che vieni
pieno di bontà e di misericordia
(Antifona di ingresso della Liturgia delle Palme).
Così, con lo stesso entusiasmo e gioia, chiedo ai bambini, ai fanciulli, agli adolescenti, ai giovani e a tutti i piccoli, di accogliere il Vescovo che viene, questo Vescovo e non quello dei miei sogni e delle mie nostalgie, quale segno del Signore che visita il suo popolo, affinché la fresca novità della Pasqua raggiunga ogni Città e ogni Casa.
Ci accompagni in questo cammino la Vergine Santa, l’Odigitria, Colei che conosce la strada perché l’ha portata nel grembo e, cantando, indichi a noi la direzione giusta da prendere.
Ci sostengano i nostri Santi Patroni, san Prisco e sant’Alfonso Maria de Liguori, e ci suggeriscano parole e gesti per dire e dare il Vangelo al nostro popolo.
E il popolo, il santo popolo di Dio, unto dallo Spirito e alla scuola dei Santi, ritorni a ri-guardare con fiducia alla Chiesa, Madre e Maestra sempre, che offre non più oro, incenso e mirra, ma colui che nei santi doni è significato, immolato e ricevuto: Gesù Cristo nostro Signore; e in Lui la città sappia riconoscere il tempo in cui è visitata (cfr Lc 19, 41-44), affinché lo adorino tutti i popoli della terra (Sal 71). Amen.
+ Giuseppe, Vescovo