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Omelia S. Alfonso 2015

OMELIA-MESSAGGIO IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DI S. ALFONSO 1° AGOSTO 2015 Carissimi Presbiteri, Diaconi, Religiosi, Religiose, Sorelle e Fratelli, come Vescovo vi raggiungo con un mio biglietto di augurio, di sostegno ed accompagnamento sui passi della fede, nel giorno in cui…

OMELIA-MESSAGGIO IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DI S. ALFONSO
1° AGOSTO 2015

Carissimi Presbiteri, Diaconi, Religiosi, Religiose, Sorelle e Fratelli,

come Vescovo vi raggiungo con un mio biglietto di augurio, di sostegno ed accompagnamento sui passi della fede, nel giorno in cui si celebra la festa di un grande santo, S. Alfonso Maria de Liguori, cantore del Presepe, della Passione, dell’Ostia e di Maria.

Il mio messaggio, segno di stima e vicinanza, è rivolto a tutti, ma in modo speciale si rivolge alle comunità interessate al trasferimento dei parroci. Sì, dalla tomba e all’ombra di S. Alfonso, mi rivolgo a tutti voi, per ricordare ad ognuno che siamo un’unica Chiesa, un unico corpo, dove le gioie e le sofferenze sono sempre condivise.

Con le parole dell’Apostolo Paolo, possiamo ripetere: Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.

Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime (1 Cor 12, 26-31).

La via suggerita la troviamo nell’inno alla carità, ed è l’itinerarium caritatis, sempre da ripercorrere per riedificare la propria vita e le comunità: La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (1Cor 13,4-7).

Come Vescovo, pastore di questa Chiesa che ha l’onore di custodire il corpo di S. Alfonso, ho maturato nel silenzio, creando consenso nel presbiterio e tra i fedeli, il nuovo assetto della Curia, il trasferimento di alcuni parroci per il bene delle persone e della comunità; perché è questo il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le chiese (cf. 2Cor 11, 7-29).

So bene che il mio atto di governo pastorale, mai fatto a cuore leggero, incide profondamente nella vita dei singoli e delle comunità, perché sradica dalle consuetudini, dall’acquiescenza, dalla pigrizia e rimette tutto nelle mani del Signore, che puntualmente si ripresenta nella nostra vita attraverso la proposta del Vescovo. Egli ci riporta al giorno del nostro dies saacerdotalis quando, nell’entusiasmo, abbiamo detto di sì al nostro Vescovo, non sempre valutando dove quel sì ci avrebbe condotti.

La prospettiva giusta è la fede di Abramo, fede abramitica, che lascia la sua terra e va; è la fede di Maria, fede mariana, che sui monti della Giudea mentre va da Elisabetta portata da Cristo, rilegge la sua storia, la storia del suo popolo e canta il Magnificat, utilizzando lo spartito della misericordia che ci innesta nella fede ecclesiale.

Non conosco, come Vescovo e pastore, altre letture o altre mete da proporre. È mio compito presentare solo la fede e la fede della Chiesa che, nell’obbedienza come ascolto sincero, costruisce, con l’ausilio del tessuto umano, la trama della vita dei santi. Né mi sentirei, catturato da una cultura che ci toglie l’anima, di svendere il cristianesimo nei sobborghi delle nostre e altrui voglie, invitati non a obbedire al Signore e alla Chiesa, ma ad altre agenzie che vengono chissà da dove.

Ringrazio di cuore i Sacerdoti che, accettando nell’obbedienza sincera anche se sofferta, rimettono in gioco la propria vita, sapendo bene a Chi l’hanno affidata e consegnata, e aiutano me Vescovo ad esercitare e a portare il peso dell’episcopato, quella sarcina, di cui spesso parla S. Agostino.

Ringrazio e sostengo tutte le comunità, specialmente quelle che oggi si sentono defraudate di un bene e non riescono a vedere il bene altro; ma la Chiesa, carissimi, non è un’azienda, un’organizzazione umanitaria, una caritas che distribuisce pacchi, è una comunità di fede, speranza e carità, che sempre deve ritornare alla scuola di Cristo, Parola nella quale il Padre ci ha detto e ci ha dato tutto, svelando in Lui il mistero della Trinità. La Chiesa deve sempre coagularsi intorno al Vescovo, senza il quale non ci può essere Chiesa e Chiesa Cattolica.

Sempre sedotti da quella voce iniziale, si lascia, si va, si ricomincia, si riparte avendo come unico desiderio la Chiesa da costruire, nei cuori degli uomini e nei crocicchi della storia, ben sapendo che se il Signore non costruisce la casa, i costruttori vi faticano invano (cf. Sal 127).

Le opere iniziate, che a volte ci possono preoccupare, se sono da Dio secondo il principio di Gamaliele (cf. At 5,34-42), continuano e continueranno dando spessore alle comunità che, nella varietà e ricchezza dei parroci che si succedono, imparano a non distogliere gli occhi dal Pastore grande, Gesù Cristo; o, se non sono opere che vengono da Dio, cadranno, come le mura di Gerico.

E continua anche il cammino spirituale che, sarebbe preoccupante, se fosse solo legato al flebile filo di qualche pastore e non radicato nella Croce sanguinante di Cristo e nella sua offerta di amicizia gratuita (cf. Gv 15,15).

Sorelle e Fratelli, seduti oggi accanto alla testimonianza di S. Alfonso Maria de Liguri, santo obbediente e forgiato nel mistero della Passione, dando testimonianza di comunità mature nella fede, accogliamo tutto con pronta disponibilità, evitando sceneggiate e incontri stile sindacato – la Chiesa è altro! – pregando certamente per i nostri Sacerdoti, per le vocazioni, per tutte le nostre comunità, affinché passino dal Dio delle cose alle cose di Dio, dal Cristo solo uomo al Cristo della Pasqua, Dio e uomo, dalla vita del mio piccolo mondo antico, alla bellezza della Chiesa di Dio, sempre in uscita missionaria. E guardiamo con gratitudine alle comunità che, in passato hanno vissuto l’avvicendamento dei parroci, ed oggi continuano nella serenità il loro cammino.

S. Alfonso, maestro di misericordia attinta alle sorgenti del cuore di Cristo, ci può aiutare in questo scorcio del Concilio Giovane e nell’Anno Santo straordinario, a ricomprendere che copiosa est redemptio, che lo sguardo della misericordia, a cominciare da noi, deve raggiungere ogni persona della nostra bella e martoriata terra dell’Agro.

Ci aiuti ad imitare il suo ardore apostolico per proporre, alla scuola del Maestro, ai tanti lazzaroni del nostro tempo, modelli sempre nuovi di vita cristiana ed essere vittime sante in unione al sacerdozio di Cristo, con cuori infiammati e santificati dal fuoco dello Spirito.

Se questa passione impallidisce, anemiche, sprovvedute e sfilacciate saranno le nostre comunità cristiane, a cominciare dalle famiglie, le parrocchie e le tante associazioni e gruppi che, non poche volte, brancolano nel buio dell’indifferenza e nei cortili del disimpegno, vivendo di rendita e andando avanti per inerzia pur anelando ad una formazione seria e sostanziosa, capace di rendere ragione della Speranza.

Torniamo alla scuola di S. Alfonso Maria de Liguori… di Alfonso, santo del “buon senso”, del giusto equilibrio tra legge e libertà, testimone quotidiano al confessionale di una morale che non tormenta l’uomo, ma lo accompagna sulla via della santità.

Scrive il santo: “Non è bene mitigare l’osservanza delle leggi divine più di quanto sia lecito. Ma non è minor male rendere agli altri il divin giogo pesante più del necessario”.

Ha scritto san Giovanni Paolo II, nella cui terra ultimamente siamo stati pellegrini, che Alfonso è “guida sicura a Cristo anche per l’uomo del XXI secolo. La sua vita e il suo insegnamento, luce riflessa di Cristo, continuano a illuminare il cammino del popolo di Dio nella storia”.

E pregate per me Vescovo affinché, nel discernimento libero e sereno, riesca sempre a guidare, con dolce fermezza e con gioia, questa santa Chiesa che mi è stata affidata per dare al mondo civile, che ci guarda, testimonianza di verità, serietà e capacità di saggio governo.

S. Alfonso e i nostri santi – sentinelle che custodiscono le nostre città – ci proteggano; la Vergine Santa, donna del, dell’eccomi, dello stabat e del magnificat, ci prenda per mano e, nella verità che ci rende liberi, ci accompagni sui sentieri della santità, che edifica e rinnova secondo il progetto di Dio, e ci aiuti a pronunciare, anche se ancora sotto voce, il grazie della gratitudine e il canto della misericordia, che apre all’eternità.

 

† Giuseppe, Vescovo

Nocera Inferiore, 1 agosto 2015
Solennità di S. Alfonso Maria de Liguori

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