
Omelia XXV anniversario di ordinazione presbiterale di don Massimo Staiano
Omelia del monsignor Giuseppe Giudice per il XXV anniversario di ordinazione presbiterale di don Massimo Staiano
Liturgia della Parola
Gen18,20-32
Sal 137
Col 2,12-14
Lc 11,1-13
Sorelle e Fratelli,
Presbiteri, Rev.mo Padre Generale, Carissimo Padre Massimo,
sono diversi i motivi per cui stasera ci ritroviamo a pregare: innanzitutto siamo nei Primi vespri della Domenica, Giorno del Signore e signore dei giorni; celebriamo la festa di Sant’Anna e San Gioacchino, e preghiamo per i nonni e gli anziani; oggi è il giorno natale di Padre Massimo che compie 51 anni (15 se letti da destra a sinistra) e celebra il suo XXV anno di Ordinazione presbiterale, 30 aprile 2000, per le mani dell’Arcivescovo Felice Cece, di venerata memoria.
Dal grande Anno Santo del 2000 al 2025; da San Giovanni Paolo II a questo Giubileo, aperto da Papa Francesco e portato avanti, nella speranza, da Papa Leone XIV.
Questi, tra i tanti personali, i bei motivi per pregare, e non siamo solo noi perché sempre la Chiesa pellegrina è unita alla Chiesa celeste.
Dal balcone del cielo, in una postazione particolare, si affacciano, carissimo Padre Massimo, mamma, papà, tua sorella e tuo fratello, Loretta e tanti altri che si uniscono alla nostra preghiera di lode e di ringraziamento.
Ci accompagna la stupenda Parola di Dio proclamata, con una domanda che fa da sfondo: chi è il presbitero?
Carissimi, voi con i vostri apprezzamenti o le vostre critiche, rimanete sempre ai margini del mistero della vita di un prete.
Pregate per lui, vi chiedete come sta, come vive, di cosa ha bisogno?
Mistero e dono è la vita di ogni sacerdote; egli intercede, insegna a pregare, dona i tre pani, ringrazia e mette gli altri in condizione di dire grazie, annuncia il Risorto.
*
Come Mosè dinanzi alla minaccia di Dio di voler distruggere la città, un sacerdote intercede, ponte tra cielo e terra, tra popolo e Dio.
Umile, afferma: Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere.
Cosciente di essere polvere e cenere, il sacerdote intercede, chiede e non per sé, ma per il bene del suo popolo, per le persone a lui affidate nel ministero.
E Abramo, intercedendo, si mette quasi a contrattare con Dio, scendendo sempre di numero, ma consapevole della ricchezza della misericordia di Dio.
Le cose vanno poi diversamente, ma la seconda lettura dell’Apostolo ci ricorda che il numero scenderà fino alla cifra di Gesù Cristo, il solo Giusto, che ha annullato e tolto di mezzo il documento scritto inchiodandolo alla Croce.
Quante volte anche tu, padre Massimo, nel silenzio delle preghiera hai chiesto intercedendo per il tuo popolo, questo popolo a te affidato.
*
Un sacerdote insegna a pregare ed è il suo primo compito; egli prega e si fa maestro di preghiera.
Insegna a pregare nello spirito e con le parole del Padre Nostro; insegna che Dio è Padre, Abbà, e insegna le preghiere della Chiesa ai piccoli, ai fanciulli, ai poveri e ai tanti questuanti.
Ti ringrazio, padre Massimo, perché nonostante le tante difficoltà non ti sei e non ti lamenti mai; mentre altri, per futili motivi, vivono continuamente nel lamento.
Grazie per questa tua speranza!
*
Un sacerdote dona i tre pani, la Parola, l’Eucarestia, la Carità, doni non suoi, ma che ha chiesto in prestito ad un amico per un amico.
Come è bello quello che ci ricordano i Padri della Chiesa: tre pani e due tavole, da tenere sempre insieme.
La mensa dell’altare e la tavola della famiglia devono essere in sintonia; quando dividiamo chiesa e famiglia c’è lo sfacelo; i pani si perdono e i figli si smarriscono.
In questi anni del tuo ministero, tu hai spezzato il pane della Parola a tutti; il pane dell’Eucarestia ai piccoli, ai fanciulli della prima Comunione, alle coppie, alle famiglie, agli anziani, ai moribondi, alle famiglie dei Figli in Cielo; e abbondante è stato il pane della Carità, materiale e spirituale, e il dono della pace tra le comunità.
Grazie, padre Massimo, per questo pane di pace di cui si sente il profumo nell’ambiente!
*
Il sacerdote è l’uomo del grazie, della gratitudine; è colui che dice grazie e mette gli altri in condizione di dire grazie.
Non si può dire grazie quando manca il pane, la pace, il lavoro, la casa, l’amore e l’amicizia.
E ci soccorre il salmista: Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore, hai ascoltato le parole della mia bocca. Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza.
*
Nel giardino della Risurrezione, alla Maddalena Gesù chiede: Donna, perché piangi?
Poi la chiama per nome: Maria! e lei: Rabbunì!
Da quel mattino è inviata quale Apostola Apostolorum.
Chiamati da Lui, asciugate le lacrime, anche noi andiamo testimoni della Risurrezione, sospinti dal dono dello Spirito Santo.
Amen.
26 luglio 2025
Abbazia di Santa Maria Maddalena in Armillis
Sant’Egidio del Monte Albino
+ Giuseppe, Vescovo

