
Omelia solennità di sant’Alfonso Maria de Liguori
Omelia del vescovo Giuseppe Giudice per la solennità di sant’Alfonso Maria de Liguori
Liturgia della Parola
Is 61,1-3
Sal 89
2Tm 2,1-7
Mt 9,35-38.10,1
Sorelle e Fratelli,
Chiesa che alberghi nell’Agro,
Carissimi Padri Liguorini,
ieri sera Sant’Alfonso, com’è tradizione ogni 25 anni nell’Anno Santo, è uscito dalla Basilica e ha percorso quale Pellegrino di Speranza le strade di Pagani e direi della Diocesi, per consegnare ad ognuno un messaggio di speranza, che è nostro dovere accogliere ed attuare.
Il 1° agosto 1787, a 91 anni, Sant’Alfonso moriva a Pagani, dove si era ritirato da Vescovo emerito, e pieno di meriti.
Vescovo di Sant’Agata de’Goti, nel 1765 aveva scritto a Papa Clemente XIII, chiedendo di essere esonerato dal suo servizio episcopale a causa della cattiva salute, tutto concio e confinato tra il letto e la poltrona.
Ma Clemente XIII, stimandolo, non accetta e risponde: Rimanga al suo posto. Mi basta la sua ombra per essere di giovamento a tutta la Diocesi. Governi dal letto!
Risposta singolare che scolpisce l’immagine più viva e accattivante del Santo.
Quest’ombra di santità ha raggiunto tutto il mondo; e soprattutto noi qui perché ogni giorno possiamo fermarci all’ombra del suo sacello per trovare ristoro nel caldo e nella fatica della vita.
Quest’ombra di santità, inquietandoci e spronandoci ad una vita moralmente bella, raggiunge ancora stasera me Vescovo, i suoi Figli, i Presbiteri e Diaconi, i Religiosi e le Religiose, i Sindaci e gli Amministratori, le Forze dell’Ordine, il variegato Popolo di Dio; e, allungandosi, raggiunge il letto di ogni sofferente.
All’ombra di questa santità, che sempre ci deve scuotere, dal suo messaggio vogliamo raccogliere quattro icone: la Culla, la Croce, l’Altare e la Casa per sentire ancora il suo profumo; e gli chiediamo come regalo per la sua festa il segreto del linguaggio per parlare delle cose Dio al nostro popolo, che attende da noi parole dense di mistero.
Avvocato, Sacerdote, Vescovo, Missionario, Poeta, Artista, Cantore, Dottore zelantissimo, Egli ci può aiutare oggi a dire Dio e la Bellezza, la vita devota e morale in un mondo confuso e stanco.
Affascinato dal Cristo, lascia i quartieri alti da dove proveniva, e si converte e si immerge nei bassifondi, nei vicoli, sui monti, tra i pastori, tra gente umile e in attesa, semplicemente per dire Gesù Cristo e così diventa avvocato dei poveri, dei lazzaroni, dell’uomo della strada, e delle donne di casa e dei campi.
Per tutti e per ognuno ha un unico tesoro, un unico annuncio, la copiosa Redemptio.
• CULLA
Tu scendi dalle stelle – Quanno nascette ninno – Fermarono i cieli: non sono solo semplici canzoncine spirituali, ma un linguaggio popolare per dire il canto della vita, perché con il Natale e il Presepe Sant’Alfonso canta il Vangelo della vita, Evangelium vitae, sempre da annunciare, accogliere e sostenere in tutte le stagioni.
Anche i più semplici, come è semplice Dio, riescono a leggere nella pagina del presepe il dono inesauribile del Signore.
Oggi non sembra essere di moda parlare di culla, Natale, Betlemme, bambino; e mentre la politica si arrabatta sul tema del fine vita, senza venirne a capo, noi siamo chiamati, accompagnando i malati con dignità e le giuste cure palliative, a riprendere il tema dell’inizio vita, prima che tutte le botteghe delle culle tirino giù le saracinesche, e il canto della vita si dissolva in mezzo a noi, lasciandoci privi della materia prima che è la vita, affossando così il mondo occidentale e la stessa missione.
• CROCE
Gesù mio con dure funi – O fieri flagelli – Per le piaghe che soffristi: con il canto, semplice ed appassionato, Sant’Alfonso aiuta il popolo a portare la Croce.
Il nostro popolo, quello del Sud e dei tanti Sud del mondo, ma direi ogni uomo, cerca un senso da dare al dolore e alla sofferenza.
Con canti popolari ed accessibili a tutti, il Santo presenta Gesù, Uomo dei dolori, senso e significato per i tanti crocifissi della storia; non elabora una dottrina sulla sofferenza, ma un canto nuovo che accompagna il cammino dei sofferenti sull’unica Via Crucis in compagnia di Gesù.
Dirà in un momento di sconforto personale: “basta che non mi hanno levato Gesù Cristo mio e Mamma mia, Maria”.
Senza Cristo la sofferenza è un peso insopportabile che apre alla disperazione e seppellisce la speranza, e Sant’Alfonso lo scrive e lo vive. Nella mistica alfonsiana la Croce si fa canto e il canto, impastato nelle lacrime, accompagna il popolo, quasi come un fazzoletto per asciugare il pianto.
Ed è ai piedi della Croce che Alfonso matura la sua teologia morale, cosciente che l’abbondanza della redenzione è per ogni uomo; nessun peccatore, fosse anche il più incallito, deve disperare perché quel sangue è versato per tutti e tutti salva.
Perciò canta: Quelle figlie e quelle spose che son tanto tormentate, oh Gesù, voi che le amate, consolate per pietà.
• ALTARE
Il pane del cielo che tutto il mio Dio nascondi in un velo: Sant’Alfonso mette al centro della sua azione pastorale l’Eucarestia, ed è una originale profezia per i suoi tempi e per tutti i tempi.
Contro le “messe strapazzate” dice: C’è da temere che i sacerdoti delle messe precipitate non siano precipitati all’inferno anche loro.
Per educare il popolo a rimanere con Gesù, Egli inventa le Visite al SS.mo Sacramento; un modo semplice per dire di stare con l’Amato; di sentirlo camminare accanto come i discepoli sulla via di Emmaus, specialmente quando scende la sera.
Che medicina efficace per curare la solitudine, la noia, l’angoscia, la depressione, quel senso di inquietudine che percorre la nostra vita, frutti di una cultura senza Dio che, rubandoci l’anima, ci rende oggetti inutili.
Che bella intuizione tenere insieme il pane degli angeli e il pane di mamma per sfamare gli uomini e le donne intossicati da cibi artificiali e nauseabondi.
Sant’Alfonso ci insegna a restare accanto al Sacramento per rileggere la nostra vita alla luce della lampada eucaristica, e sembra quasi invidiare i fiori: Fiori, felici voi, che notte e giorno vicini al mio Gesù sempre ne state.
• CASA
Come giglio tra le spine, sei Tu, Vergine beata, dalla colpa preservata, perché Madre del Signore: la casa è il luogo dove sboccia la vita; e anche il luogo della sofferenza, del dono offerto e sofferto, ed ogni casa ha una mamma, della terra e del cielo.
Maria è presente in tutta la vita, gli scritti, i canti di Sant’Alfonso.
Maria è la donna, valorizzata nel suo dono e nella sua femminilità, e non mortificata né storpiata da Sant’Alfonso.
È mamma, sorella, amica, compagna di strada. Canta: O bella mia speranza!
Sorelle e fratelli,
la santità è un dono ed è una conquista comprata a “caro prezzo”, tutto pagato da Gesù sulla Croce. Anche Sant’Alfonso, come i grandi santi e i mistici, ha conosciuto la notte oscura della fede; e non ci dobbiamo meravigliare se anche la Madonna, come scrive San Giovanni Paolo II in Redemptoris Mater, ha vissuto “una sorta di notte delle fede”.
Sono i momenti in cui, smarrito il filo della speranza, quasi si oscura il cielo e l’anima è desolata.
Canta Sant’Alfonso:
Selva romita e oscura
…
Piango…
finché il mio caro Dio
non torno a ritrovar.
La notte della fede può scendere su ogni nostra giornata; anche quando all’inizio nell’entusiasmo abbiamo esclamato: Mondo, più per me non sei!
Sant’Alfonso, quercia di giustizia, fedele a Colui che ha vinto il mondo (cfr Gv 16,33), continua la sua missione e, guardando la Stella, ripete e ci invita a ripetere: In questo mar del mondo tu sei l’amica stella, che puoi la navicella dell’alma mia salvar. Aiutati da Sant’Alfonso, se non vogliamo smarrire Gesù, torniamo alla vera devozione a Maria, Madre di Dio e della Chiesa, e così le mura ritorneranno ad essere casa e famiglia.
Hanno scritto i Vescovi della Campania, 1 Agosto 1987, nel Secondo Centenario della morte di Sant’Alfonso: “Gli ultimi tempi hanno forse tentato di diminuire la devozione alla Madonna, spesso irridendola: non sono riusciti a distruggerla. Forse, come un altare prezioso, ma incrostato e devastato ha bisogno di riprendere tutto il suo splendore, il suo volto. Ed anche in questo Sant’Alfonso ci è di buona guida”.
Amen.
Pagani, 1° agosto 2025
+ Giuseppe, Vescovo
