Preludio degli Orientamenti Pastorali 2024/25
Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu. (Gen 1,3)
Carissimi, nella Veglia di Pasqua, Madre di tutte le veglie, durante la solenne liturgia del cero, la Chiesa prega e canta:
Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero, offerto in onore del tuo nome
per illuminare l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
quella stella che non conosce tramonto: Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen
Nei secondi Vespri di Pentecoste, con un gesto semplice, familiare e significativo, il Cero che ci ha illuminati durante la cinquantina pasquale viene spento, posto da un lato del presbiterio, e acceso soltanto durante la celebrazione del Battesimo e nella Messa esequiale dei nostri fratelli e sorelle.
Si spegne il segno, ma Cristo luce delle genti rimane sempre acceso perché Egli è la stella radiosa del mattino (Ap 22,16); e finché non sorga nei nostri cuori la stella del mattino (2Pt 1,19), noi siamo invitati a camminare, sinodalmente e gioiosamente insieme. Siamo la Chiesa in cammino, sempre e di nuovo in Via accompagnati dal Pellegrino e, strada facendo, ci facciamo riscaldare il cuore per raggiungere, Pellegrini di Speranza, la Porta Santa.
Ci esorta Sant’Agostino: «Camminate nella via con tutte le genti; camminate nella via con tutti i popoli, o figli della pace, figli dell’unica Chiesa Cattolica; camminate nella via, cantate mentre camminate. Lo fanno i viaggiatori a sollievo della fatica (cfr Virgilio, Buc.IX,64).
Cantate voi in questa via; ve ne scongiuro in nome del-la via stessa; cantate in questa via; cantate un cantico nuovo; nessuno qui canti cose vecchie; cantate canzoni d’amore del-la vostra patria; nessuno canti cose vecchie. La via è nuova, il viandante è nuovo, il cantico è nuovo. Ascolta l’Apostolo che ti esorta ad un cantico nuovo: “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate; ecco ne sono nate di nuove”» (2Cor 5,17). (In Ps.66,6, in CCL 39, p.863,10-19).
Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle (Gen 15,5).
Invitati a guardare il cielo e a contare le stelle se possibile, come Abramo nostro padre nella fede, ci accorgiamo sempre più che la vita, e in essa ogni azione pastorale, è sempre un passaggio per aspera et per ardua ad astra, quasi a dire con grande rispetto dalle stalle alle stelle, sintesi del mistero pasquale.
Vorrei offrire otto medaglioni, con altrettante opere d’arte, per un cammino di formazione catechistica che, oltre alle fonti tradizionali della parola, liturgia, carità, possa attingere anche all’arte e al bello, per recuperare la felice intuizione della Biblia pauperum, le stupende vetrate istoriate, in un tempo di nuovo analfabetismo religioso. Potrebbe, con l’aiuto di tanti, essere il nostro cammino di for-mazione nel nuovo anno.
Ma verso quale città, noi ci mettiamo in cammino?
Verso Gerusalemme, Città della Pasqua; verso Betlemme, città del Natale; verso Roma, città della Chiesa di Pietro e Paolo; anche se sappiamo bene che tutte queste città sono semplici tappe di un percorso che ha come meta una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione (Eb 9,11).
Coscienti di essere pellegrini, con questa riserva escatologica che è la nostra forza usciamo… Usciamo dunque verso di lui fuori dell’accampamento, portando il suo disonore: non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura (Eb 13,13-14).
Abitati da questa speranza affidabile che ci canta dentro, noi volgiamo lo sguardo verso l’alto: E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima, infatti, erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo (Ap 21,1-2).
Per vivere sereni, pacificati dentro, abitando con responsabilità le nostre città, ma sognando e aspettando sempre la città celeste, come pellegrini di speranza, abbiamo bisogno di un aggancio sicuro… noi, che abbiamo cercato rifugio in lui, abbiamo un forte incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. In essa, infatti, abbiamo come un’àncora sicura e salda per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario (Eb 6,18-19).
Pellegrini di Speranza, attratti, agganciati e sostenuti all’ancora della speranza, che è fissata al cielo e non alla terra, viviamo sicuri nelle mani del Risorto che teneva nella sua destra sette stelle (Ap 1,16), cioè noi e le nostre chiese, al sicuro sempre nelle mani di Dio.
Agganciati, come in un tram affollato, e messi in sicurezza uno accanto all’altro, sapendo che l’àncora è salda nel cielo, possiamo continuare con nuovo entusiasmo il pellegrinaggio della e nella speranza, e avanzare, nonostante le difficoltà, sui sentieri della vita per andare con gli altri, verso l’alto, verso l’Altro, Speranza che sempre ci precede e che non delude (Cfr. Rm 5,5).
Con la certezza di essere aggrappati in sicurezza al Cielo, possiamo con più fiducia calpestare la terra, questa terra che amiamo, questo pezzo di terra che, bagnato anche dal nostro sudore, ci prepara il Paradiso.
L’Anno Santo ci rende pellegrini verso la Città Eterna, Roma felix; e non è scontato chiederci verso quale Roma noi ci mettiamo in cammino per celebrare il Giubileo del 2025.
Roma città dell’arte, della storia, dell’archeologia, del cinema, del teatro, del turismo, dei palazzi del governo e ella politica, del mondo della cultura, della sanità, della finanza, del commercio, della bellezza e delle ombre, delle borgate, del traffico impazzito… o la Roma felix, meta degli antichi romei e degli innumerevoli pellegrini, la Roma fondata dal sangue di Pietro e Paolo, dai martiri, e dalla testimonianza dei Santi?
Ognuno decida: verso quale Roma mi incammino, e che cosa cerco o Chi cerco?
Quo vadis, Domine? Signore, dove vai?
E noi dove dobbiamo andare, dove stiamo andando? Siamo poveri sbandati senza una meta, turisti, o pellegrini nella speranza?
Come l’antico pellegrino, riprendiamo la preghiera del cuore e, sottovoce, ripetiamo:
Tu, o Signore, che vai e torni sempre da Roma per farti crocifiggere nuovamente, perché noi come ieri siamo scappati, portaci con Te per entrare, liberamente e responsabilmente, nel mistero del tuo amore oblativo, che ama ogni uomo che abita la città.
Portami con Te, Pellegrino e Straniero che mai si stanca di andare, per conoscere e amare sempre di più la Città e questa Chiesa di Roma, che Tu hai fondato sulla fede rocciosa di Pietro e dei martiri di ieri e di oggi, Chiesa che presiede nella Carità le nostre chiese eucaristiche, perché nel servizio di amore siano Una, Santa, Cattolica e Apostolica.