Introduzione

Carissimi,
con l’Apostolo Paolo anch’io voglio dirvi che «come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo, così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori»… e voi, fratelli miei carissimi, voglio sperare che, «avendo avuto da noi la parola divina della predicazione, l’avete accolta non come parola di uomini, ma, com’è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete» (Ts 2,1-13).

Saluto

Rivolgo al Rev.mo Clero, ai Diaconi, ai Religiosi, alle Autorità e a tutti i presenti a questa Liturgia il mio saluto affettuoso e paterno e l’augurio della benedizione del Signore Gesù cristo.

L’annuale ricorrenza della memoria liturgica del nostro Protettore, S: Prisco, riunisce ancora da secoli tutti i cristiani e i devoti e li costringe irresistibilmente a sentirsi chiesa, cioè popolo radunato dalla stessa fede. Ed è in questa rinnovata esperienza di famiglia che oggi ci ritroviamo ancora e preghiamo insieme, anche a nome di tutta la comunità dell’Agro, che costituisce la Chiesa di Nocera – Sarno.
E così, come siamo, radunati attorno al nostro primo vescovo, avvertiamo interiormente il bisogno di ascoltare la sua voce di Santo, che, da presso Dio, ci vuole invitare a considerare la solennità e la gravità dell’ora presente che la nostra fede, la nostra Terra dell’Agro e tutto il contesto socio – culturale, stanno vivendo, in Italia.
Come un padre che nei momenti decisivi e solenni della vita della famiglia convoca e parla ai suoi figli, così oggi S. Prisco, per bocca della Chiesa e del suo successore, vuole farci arrivare il suo urgente ed accorato messaggio nella prospettiva del passaggio di millennio e davanti al traguardo degli impegnativi appuntamenti del 2000, ai quali il Vescovo di Roma (dal suo alto osservatorio spirituale e religioso) e i vescovi italiani rinviano sempre.
Dopo Palermo, le Chiese che sono in Italia e quelle meridionali, in specie, continuano a radunarsi, a riflettere, a pregare e a programmare la “nuova strategia” per affrontare la realtà complessa del tessuto umano, culturale e religioso dei credenti. Si ritorna a parlare di Mezzogiorno, di cultura, di politica, di solidarietà, di cambiamento generale. Pur nel clima di scoraggiamento diffuso, è la Chiesa a non darsi pace e a ricominciare a sperare, a riordinare le fila, a richiamare all’unità, ad invitare alla pazienza come virtù, alla speranza come profezia cristiana e all’ottimismo evangelico!
C’è fermento anche nelle varie diocesi della Campania; ogni chiesa si convoca, si guarda allo specchio, si prepara all’appuntamento storico del passaggio due volte millenario ormai imminente.
Anche la nostra Chiesa, da quasi dieci anni, ha messo mano all’aratro e sta seguendo, con umiltà e coraggio, il programma offertoci dal Papa e fatto proprio dai vescovi italiani negli Orientamenti pastorali per gli anni ’90.
E, se c’è in Italia un Sud, che tanto preoccupa, sappiamo anche che – sotto tanti aspetti – vi è anche un sud del Sud d’Italia; ed in questo sud – per tanti motivi socio – politico – siamo caduti anche noi, con tutti i risvolti morali, culturali e religiosi del vivere moderno e con una ricaduta scontata sulla gioventù, che poi è la protagonista del prossimo millennio.
Non sempre appare evidente questa visione e non sempre da tutti si riesce ad accettarla. Si può discutere, certo, ma la realtà è davanti a tutti!

Carissimi fratelli e sorelle nella fede e devoti di S. Prisco, ecco il contesto storico – ecclesiale della presente celebrazione.
La festa di S. Prisco, che costituisce un momento di comunione e di gioia, se non autorizza il vescovo a tingere di scuro l’orizzonte della vita dell’Agro, non lo dispensa, di certo, dal dire la verità ai cristiani che Cristo gli ha affidato, come fu per S. Prisco, in un’epoca che non differiva molto dalla nostra; epoca- la nostra – di grandi sconvolgimenti culturali e, quindi anche di mentalità, di pensiero e di morale; epoca – la nostra – di miscuglio di fedi, esotiche e stravaganti, capaci di sviare gli spiriti dal sentiero che conduce al traguardo cristiano della storia, così come ce lo prospetta il Vangelo.
È in questo contesto – sotto tanti aspetti scristianizzato e non sempre positivamente variegato – che bisogna inserirsi con la fede, quasi fosse una nuova leva di Archimede per sollevare ad un’altra dimensione l’uomo moderno; questa leva è il Vangelo, accolto, vissuto e testimoniato nel feriale, come fecero S. Prisco ed i suoi seguaci; come fu per i primi martiri dell’Agro, riportati a noi dal martirologio col nome di Felice e Costanza!
Allora fu la chiarezza delle idee, la forza della volontà, la fede nell’ideale evangelico di Cristo, che fece cambiare il corso della storia, tante centinaia di anni fa! Fu così anche allo scavalco del primo millennio; fu così dopo il Concilio di Trento; è così oggi nelle terre di missione; ovunque, nei cinque continenti; sono le idee ed il sangue insieme a far andare avanti le rivoluzioni vere della storia. Oggi siamo arrivati anche noi ad un punto cruciale: i nostri sono tempi di schieramento, ma da affrontare, sempre, con la strategia del dialogo e della civiltà del Vangelo!
I cristiani sono chiamati a stare dentro la storia e ad accettare tutte le sfide della modernità e della post – modernità.

Carissimi, l’odierna ricorrenza patronale ci aiuta perciò molto opportunamente a calarci in un discorso, apparentemente solo religioso, ma che, sostanzialmente, è ecclesiale, cioè tale che non esclude il coinvolgimento della Chiesa nella vita del mondo, perché non si può capire il Vangelo se lo si esclude dalla vita e dalla storia! Non dimentichiamo che il Verbo s’è fatto carne!
Così il nostro antico Patrono della città di Nuceria e (dal 1986) anche dall’intero Agro, insieme a S. Michele arcangelo e a S. Alfonso de Liguori, pure se tra richiami a: storia e tradizione religiosa; fede e pietà popolare; cultura e Vangelo; arte e folklore; “civitas” e “ecclesialitas”, continua ad invitarci alla concretezza dei fatti della storia soprattutto contemporanea, e a quelli che sono gli orientamenti dottrinali e pastorali per un rinnovato annunzio del Vangelo, affinché esso – il Vangelo – diventi cultura e nuova mentalità, in modo tale da contribuire al nuovo sviluppo sociale ed alla civiltà dell’amore. Incominciamo col dire questo: Davanti a noi abbiamo un traguardo ch’è il 2000. Il Papa, insieme a tutta la cristianità, invita anche noi a varcare la soglia del 2° millennio, preparandoci religiosamente, seguendo un intenso itinerario di fede trinitario e cristologico.
Per la nostra Chiesa di Nocera – Sarno questo itinerario (progettato dal Papa) inizia con una vera e propria fase di preparazione alla celebrazione del 1° Sinodo Diocesano, che coinciderà proprio con il 2000, anno del grande Giubileo.
Affinché questo progetto di rinnovamento, di verifica pastorale e i nuova evangelizzazione si possa realizzare compiutamente e adeguatamente (facendolo aderire alle reali esigenze della nostra gente e della nostra Chiesa) abbiamo deciso – dietro consultazione del Consiglio Presbiterale e dell’Ufficio Pastorale – di farlo partire contemporaneamente in tutte le foranie, con una S. Missione popolare diocesana, ad incominciare dal prossimo mese di ottobre fino al novembre 1997.
Intanto, mentre siamo già praticamente in stato di Sinodo, il giorno 25 maggio c.a., in questa Chiesa Cattedrale, davanti a tutta la Chiesa ufficialmente convocata, indiremo solennemente il Sinodo.
Come la Chiesa delle origini, duemila anni fa, – dopo aver ricevuto lo Spirito Santo nel Cenacolo, sotto l’assistenza materna di Maria – patì ufficialmente per dividersi il mondo, allora conosciuto, per portare il Vangelo alle genti, così anche a noi, nel mese di maggio, dedicato alla Madre di Dio, e nella solennità liturgica dello Spirito Santo (Pentecoste) vogliamo dare inizio ufficiale alla fase di conversione e di nuova evangelizzazione della gente dell’Agro, sotto tanti aspetti ritornata ad una situazione di cristianesimo anonimo, ad una religiosità ridotta a sentimento, ad uno strano indifferentismo religioso, ad un redivivo paganesimo che si afferra ai nuovi idoli del materialismo, della superstizione e dell’ateismo pratico.
Volutamente è stata scelta questa data, che esprime bene la natura profetica e missionaria della Chiesa, nata dal fuoco dello Spirito nel giorno di Pentecoste.
Anche la nostra Chiesa vuole vivere e celebrare la sua Pentecoste, qui e oggi: il Sinodo ne è la realizzazione viva, concreta.
E se il Congresso di Palermo si colloca nella prospettiva del Grande Giubileo, per questo, cioè per il Giubileo, «la migliore preparazione è la piena ricezione e creativa attuazione del Concilio Vaticano II» (T:M:A:, 4).
La Chiesa deve dimostrare la volontà (ancora dopo 30 anni) di attuare il Concilio, cioè deve essere una Chiesa che ascolta e medita la Parola, perché «non c’è rinnovamento, anche sociale, che non parta dalla contemplazione» (Giovanni Paolo II, Omelia al III Convegno Ecclesiale di Palermo, 11).
Un’immagine di Chiesa «concentrata sul mistero di Cristo, e insieme aperta al mondo» (ivi, 9) indica le vie del futuro e, nello stesso tempo, offre il criterio per riconoscere i ritardi, le omissioni e le incoerenze del recente passato.
La Chiesa – anche quella dell’Agro – deve annunziare instancabilmente agli uomini di oggi la sorprendente notizia che Dio si è fatto uomo ed è venuto personalmente incontro all’uomo. Cristo è il «nuovo che viene da dio e che salva il mondo» (Papa, a Palermo, cit, 2), Egli è il Vangelo della carità.
La Chiesa, anche la nostra, qui nell’Agro, deve affermare con forza il primato della spiritualità come conseguenza del primato di Dio e del suo Amore. «L’agente principale della nuova evangelizzazione è lo Spirito Santo: perciò noi possiamo essere cooperatori dell’evangelizzazione solo lasciandoci abitare e plasmare dallo Spirito, vivendo secondo lo Spirito e rivolgendoci nello Spirito al Padre» (Papa, Palermo, cit, 2).
La nostra Chiesa diocesana (come affermavo anche Giovedì Santo di quest’anno) deve puntare in alto, proponendo una spiritualità possibile a tutti, specialmente ai laici…, alimentata dalla Parola e dall’Eucaristia, incentrata sull’amore al prossimo e incarnata nella vita ordinaria. Una spiritualità comunitaria, missionaria, ecclesiale.
Basterebbe che la Chiesa dell’Agro si ispirasse all’impegno di Alfonso de Liguori e dei servi di Dio Alfonso e Tommaso Fusco, che riempirono il loro tempo di zelo e di carità, per fare arrivare a tutti il Vangelo, costitutivo primario di civiltà e progresso umano.
Solo a questa condizione, cioè dopo aver messo Dio al primo posto e il Vangelo di Cristo, intraprendendo insieme un serio cammino di formazione e di spiritualità, si potrà parlare di evangelizzazione ad extra e di testimonianza.
I cristiani praticanti, pur essendo di fatto una minoranza nel contesto generale della società civile ed ecclesiale di oggi, devono sempre più essere consapevoli che sono per la missione; sì, «”l’amore di Cristo ci spinge” (2 Cor 5,14), dobbiamo ripetere con S. Paolo, prendendo più chiara coscienza che il nostro non è tempo della semplice conservazione dell’esistente, ma della missione» (il Papa a Palermo, 2 cit).
Ci rendiamo tutti conto che davanti a questa visione della realtà ecclesiale e di tutti gli impegni già presi comunitariamente, abbiamo perduto la nostra pace, almeno fino al 2000! Veramente non ci si può sentire a posto con la coscienza lasciando andare le cose avanti da sole o portate avanti solo da alcuni più bravi e volenterosi. NO!
Questa Chiesa la facciamo tutti, nessuno potrà salvarsi da solo!
Se l’avessero pensata così anche quelli vissuti prima di noi e magari con loro anche S. Prisco, cosa avremmo celebrato oggi, chi avremmo potuto invocare per aiutarci, chi avremmo potuto imitare?
S. Agostino, al suo tempo, invitati i cristiani a “cantare un canto nuovo”. Egli spiega che la novità del canto sta nella qualità nuova della vita, ormai di persone “risorte”, perché hanno accolto la fede nel Cristo risorto!
Cantiamo anche noi un canto nuovo, cambiando vita. cerchiamo di essere persone che mettono al centro della loro vita la fede in Cristo, morto per tutti e Risorto, ad imitazione dei santi, ad imitazione del nostro S. Prisco, “primo nella fede” e nella testimonianza eroica della sua vita, tutta donata.
Nessuno di noi si illuda di aver onorato S. Prisco oggi, lasciando quieta e intatta, così com’era ieri, la propria esistenza.
Cantiamo un canto nuovo, personalmente e tutti insieme, come Chiesa dell’Agro.
Ogni anno è, insieme, una scommessa e un impegno che prendiamo con Cristo, tramite S. Prisco.
La cosa bella (e ardita), nella vita dei santi, è costituito dal fatto che essi, sempre, non aspettavano gli altri per gettarsi nella divina avventura del bene, dell’amore, del perdono, della solidarietà, dell’impegno per la costruzione della città terrena; essa sono risultati sempre quelli che andavano avanti agli altri.
Oggi: Chi comincia per primo?
Chi vuole seguire S. Prisco?
Chi si decide, una volta per sempre, per Cristo?
Chi dà una mano per primo a questo uomo dell’Agro, ai giovani disoccupati, alla famiglia minacciata, ai ragazzi a rischio?…
Chiesa di Nocera – Sarno, canta un canto nuovo!