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Nota pastorale sul significato e sui compiti della Curia Diocesana

Voi stessi date loro da mangiare (cf. Mt 14,16) Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso…

Voi stessi date loro da mangiare (cf. Mt 14,16)

Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”. Ma Gesù disse loro: “Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare”. Gli risposero: “Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!”. Ed egli disse: “Portatemeli qui”. E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. (Mt 14,13-21)

 

È “la struttura di cui il Vescovo si serve per esprimere la propria carità pastorale nei suoi vari aspetti” (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 45).

Carissimi,
il testo biblico di riferimento scelto per questa Nota (cf. Mt 14,13-21) non vuole essere strumentale e certamente non vuole adattare la Parola di Dio al nostro discorso, ma intende suggerire lo sfondo dal quale è necessario partire e nel quale muoversi per riportare ogni azione della Chiesa, anche il compito della Curia e dei suoi addetti, all’interno di un nuovo e vivificante discorso pastorale.
Certamente, come ben sappiamo, il testo allude all’Eucaristia, nella quale sempre nasce e si costruisce la Chiesa, ed è una scelta eucaristica, cioè di sacrificio-offerta e ringraziamento, che sempre ci deve animare e sostenere, anche all’interno dell’ambiente della Curia, dove non smettiamo di essere Chiesa, proprio per evitare che l’incuria prenda il sopravvento nel nostro essere ed operare negli Uffici, a servizio della Chiesa diocesana e del territorio.

Sul far della sera, i discepoli, ricordando a Gesù l‘ora tarda e il luogo deserto, gli suggeriscono di congedare la folla, eco di una pastorale che tenta di allontanare la gente e lavarsi le mani, perché ognuno provveda da sé ai propri bisogni (cf. Mt 19,13).
Gesù, che è la Compassione del Padre, ricorda ai discepoli che non occorre che vadano, ma dice: voi stessi date loro da mangiare. È un provocazione da parte del Signore, che sempre ci deve mantenere umili, ed è la coscienza di una sproporzione tra le nostre capacità e carismi, e i doni di Dio, sempre eccedenti. C’è un contrasto, continuamente in atto, tra cinque pani e due pesci e una folla enorme. Questa sproporzione è la fatica pastorale che ogni giorno incontriamo, alla quale si risponde, non guardando alle nostre povertà, ma attingendo gratuitamente alla sua ricchezza.

Gesù ordina alla folla (la nostra gente) di sedersi sull’erba perché tutto avvenga nell’ordine, nella serenità e senza fretta; poi prende i nostri doni, cioè i suoi, che passano dalle nostre mani alle sue, ben sapendo che Lui e soltanto Lui prima li ha deposti nelle nostre mani. In questo passaggio, dal comprare al donare, che è una restituzione a Lui, si verifica il dono, la moltiplicazione, il miracolo sempre nuovo della condivisione.

Mangiano a sazietà circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini, e ne avanzano dodici ceste piene. Sì, dodici ceste piene: è il numero dell’abbondanza, il numero apostolico, il mistero della Chiesa. È lo stesso mistero della Chiesa, nell’incontro tra la nostra povertà e la sua ricchezza, che dobbiamo vivere e trasmettere anche in Curia, che è e deve essere ambiente di Chiesa, accogliendo con gioia e responsabilità l’invito pressante del Maestro: voi stessi date loro da mangiare!

Nella Curia, il Vescovo, coadiuvato dal Vicario generale e dai Responsabili dei vari Uffici, esercita la sua carità pastorale, cercando di sfamare la folla in tutte le sue esigenze, servendosi delle mani e dei cuori di tanti. La Curia non può avere soltanto una funzione amministrativa, ma ogni realtà, anche quella economica, e direi soprattutto per essere trasparenti, deve essere posta a servizio della salus animarum. Non dimentichiamo che chi viene in Curia, per cercare il Vescovo o un altro Ufficio, presenta un’attesa e una sete che non possono essere disattesi. Anche inconsapevolmente, si è sempre alla ricerca di Gesù. Allora ci accorgiamo che è importante creare un clima di famiglia, di accoglienza, con uno stile di sobrietà e di eleganza. Nessuno, venendo nei locali della Curia, fosse anche l’ultimo povero, deve mai sentirsi non considerato e ai margini della Chiesa.

I primi ad essere accolti e a sentirsi di casa nella Curia devono essere i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i Diaconi, che devono trovare negli Uffici e nei Responsabili sempre un aiuto per la pastorale e per risolvere i diversi problemi che, di volta in volta, si possono presentare.
A ognuno è chiesto di dare qualcosa in più per permettere all’ambiente di essere sempre in grado di far sentire le persone a casa, nella condivisione delle gioie e degli eventuali problemi.

Nella Curia diocesana, dopo il Vescovo, il riferimento deve essere il Vicario generale e la sua Segreteria pastorale che avrà il compito di coordinare le diverse attività della Diocesi. Compito degli Uffici della Curia è costruire, nella ricchezza dei doni e dei ministeri, la casa comune della Diocesi e preparare la trama per il tessuto della vita diocesana. È mio desiderio rafforzare il compito della Segreteria pastorale che, con competenza ed eleganza, dopo aver ascoltato i desideri della nostra gente, dovrà coordinare le varie iniziative di cui è ricca la nostra Diocesi e scegliere, con oculato discernimento, quali sono quelle attività che possono avere il timbro diocesano. Non ogni iniziativa, pur rimanendo ecclesiale, può essere considerata diocesana e richiedere la presenza del Vescovo. All’inizio dell’anno, la presenza del Vescovo ai diversi appuntamenti sarà concordata con i responsabili degli Uffici e sentita la Segreteria personale.

Nella Curia, giorno per giorno, noi incontriamo anche i fratelli e sorelle laici, per ricordarci che la Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II e alla luce della sua ecclesiologia, non ha una soggettività clericale ma battesimale e crismale. Dobbiamo imparare meglio e di più a lavorare per la Chiesa con i christifideles laici che, radicati nel Battesimo e nella Cresima, portano con noi il peso della responsabilità, ci aiutano con la loro competenza professionale e spirituale e ci ricordano che la Chiesa è il popolo di Dio.

La presenza delle donne nella nostra Curia, in diversi servizi, ci può aiutare a comprendere il volto femminile della Chiesa ed è bene, se sarà possibile, inserire anche qualche Religiosa per ricordare ad ognuno di noi che la vita è un cammino verso il Regno.
La Curia diocesana deve essere immagine e specchio della Chiesa, così come voluta dal Concilio Vaticano II ed oggi, secondo il Magistero di Papa Francesco, capace di uscire verso le periferie esistenziali e del cuore. Gli Uffici della Curia devono avere sempre il loro decoro ed essere, nei giorni ed ore stabiliti, a servizio della nostra gente, delle parrocchie e di tutti coloro che vogliono o devono incontrare la Chiesa anche attraverso le Istituzioni. I responsabili dei vari Uffici, coordinati dal Vicario generale, dovranno esprimere sempre meglio e sempre di più l’ansia pastorale del Vescovo e della Chiesa e devono lavorare, insieme e non come navigatori solitari, per convertire gli Orientamenti pastorali in incisivi Percorsi pastorali. Insisto molto sullo stile, sul clima, sul decoro degli ambienti, in modo che chi viene in Curia possa sentirsi sempre accolto in un ambiente che aiuta a respirare la fede. È necessario che, al più presto, venga predisposto un Regolamento per poter camminare insieme, in modo ordinato e disciplinato, secondo il pensiero della Chiesa (cf. CDC cc469-44).
È mio desiderio che il cuore della Casa curiale ritorni ad essere la Cappella, luogo dove il Signore rimane e ci attende per plasmarci come Chiesa. In Cappella ci ritroveremo per alcuni momenti di preghiera, specialmente all’inizio della giornata, e in essa potranno sostare anche le persone che devono essere ricevute, per trovare un attimo di respiro che le inserisce in una realtà diversa da quella dalla quale, con ansia e preoccupazione, a volte provengono.
È bello anche intensificare il momento della sosta, a metà mattinata, quando il Vescovo incontra tutti e ha l’opportunità di dire una parola, di commentare un evento o annunciare qualche nomina.
Spesso, ci lamentiamo quando ci rechiamo negli Uffici civili per come siamo non accolti e trattati; in Curia non può e non deve essere così; lo stile della Chiesa deve essere necessariamente diverso e, anche attraverso i nostri Uffici, dobbiamo far percepire e respirare un clima nuovo, più umano e cristiano.
Affido questa Nota a tutti coloro che lavorano in Curia e, tramite loro, a tutta la Chiesa diocesana, perché possa percepire, anche attraverso piccole attenzioni, il cammino nuovo e comune che stiamo facendo per consegnare ad ognuno la gioia del Vangelo.

Vi benedico, † Giuseppe Giudice, Vescovo

Dal Palazzo Vescovile, 8 settembre 2014
Natività della Beata Vergine Maria

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