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Omelia Messa Crismale 2013

“Questa unzione non è terrena. Non fu consacrato (Aronne) come si ungevano i re con il corno pieno di olio profumato, ma ‘con olio di letizia’ (Salmo 44,8), perciò, dopo questa unzione, Aronne per legge fu chiamato ‘unto’. Orbene, come…

“Questa unzione non è terrena. Non fu consacrato (Aronne) come si ungevano i re con il corno pieno di olio profumato, ma ‘con olio di letizia’ (Salmo 44,8), perciò, dopo questa unzione, Aronne per legge fu chiamato ‘unto’. Orbene, come questo unguento, su chiunque venga infuso, scaccia dai cuori gli spiriti immondi, così mediante l’unzione della carità, noi emaniamo la concordia, cosa veramente soave a Dio, come afferma l’Apostolo: ‘Noi siamo il profumo di Cristo’ (2Cor 2,15)”
(dai “Trattati sui Salmi” di Sant’Ilario di Poitiers, Vescovo. Salmo 132; PLS 1,244-245)

Eccelenza Rev.ma,

Omelia Messa Crismale 2013carissimi Presbiteri, Religiosi e Religiose, Diaconi, Seminaristi, Sorelle e Fratelli, inseriti per il dono battesimale nel variegato popolo di Dio, popolo sacerdotale, profetico, regale: grazia, misericordia e pace con noi da parte di Dio Padre e da parte di Gesù Cristo, Figlio del Padre, nella verità e nell’amore (cfr. 2Gv 3).

Ancora una volta, portando in vasi di creta il dono del sacerdozio, e quasi accompagnati fisicamente da tutte le nostre Comunità, qui degnamente rappresentate, entriamo nel Cenacolo, accolti dal desiderio del Maestro, registrato dall’evangelista Luca: Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel Regno di Dio (Lc 22, 14-16).

Egli ci ricorda che questa Pasqua, ardentemente desiderata, è sempre una pasqua della vigilia; come ogni eucaristia, essa è celebrata nel frattempo, finché Egli venga (1Cor 11, 26), nell’attesa della beata speranza (Tt 2, 13), fino al compimento nel Regno.

Siamo così subito orientati, e quasi strappati dall’effimero, nell’orizzonte escatologico, dal quale si proietta fino a noi l’ombra della Realtà, celebrata nel sacramento. Siamo nella sala eucaristica, nel piano alto, dove si confondono l’odore del sudore dei piedi e la fragranza e la freschezza del pane e del vino e i gesti del Maestro; siamo qui innanzitutto per ravvivare il dono di Dio, che è in noi mediante l’imposizione delle mani (cfr. 2 Tm 1, 6), per riconsegnare al Signore la nostra vita con coscienza pura (2Tm 1, 3), affinché il sì pronunciato quel giorno, custodito da ognuno nel taccuino della propria vita, diventi il sì di ogni giorno con una fede schietta (2Tm 1, 5), con uno spirito di forza, di carità e di prudenza (cfr. 2Tm 1, 7).

Aiutati dalla testimonianza dell’Apostolo, ognuno può diventare eucaristia dicendo: Rendo grazie… mi tornano alla mente… mi ricordo (cfr. 2Tm 1, 3-5), facendo di ogni persona e di ogni luogo, che ha permesso alla nostra fede personale di abbeverarsi a quella familiare ed ecclesiale tanto da irrobustirla, memoria grata.

Ed è in questo contesto di gratitudine eucaristica, che vogliamo accogliere l’esortazione dell’autore della Lettera agli Ebrei, mentre il nostro cuore vuole esprimere ancora ammirazione per Benedetto XVI: Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l’esito finale della loro vita,imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! (Eb 13, 7-8).

E, per non smarrirci nel cammino della nostra fede, ascoltiamo dalla bella omelia sacerdotale: Non lasciatevi sviare da dottrine varie ed estranee, perché è bene che il cuore venga sostenuto dalla grazia (cfr. Eb 13, 9).

Se, preceduti dal Maestro, saliamo nella stanza alta del cenacolo, non possiamo dimenticare che questo gesto anticipa la Croce e dobbiamo disporci ad accogliere, come un invito, la testimonianza dell’Apostolo: soffri con me per il Vangelo, ben sapendo qual è la causa di questa sofferenza, senza vergogna: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato (cfr. 2Tm 1, 12).

Sì, Sorelle e Fratelli,
fino a quel giorno, quando non gli domanderemo più nulla (cfr. Gv 16, 23), siamo chiamati a celebrare con fedeltà l’Eucaristia offrendo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome (Eb 13, 15); fino a quel giorno, rimanendo come lievito nel groviglio della storia, perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura (cfr. Eb 13, 14).

Ultimamente abbiamo vissuto, Sorelle e Fratelli, quasi un tempo di spaesamento e, proprio nell’Anno della Fede, siamo stati ricondotti ad una purificazione del cuore per aderire più in profondità al Signore Gesù e ci siamo accorti che i nostri impianti pastorali, se non irrorati da fiducia, se non vagliati nell’Amen della fede, non reggono più.
Abbiamo rivissuto i giorni dello Spirito con la storica rinuncia di Benedetto XVI; i giorni del Conclave e la designazione, da parte dei Fratelli Cardinali, di Colui che il Signore ha scelto a guidare la Sua Chiesa in questo nuovo e non facile tornante della storia. Abbiamo partecipato all’Inizio del Ministero pastorale del Santo Padre Francesco e stiamo ora gustando i suoi primi gesti e le sue prime parole, e nella meraviglia, ci accorgiamo che sempre il Signore ci sorprende e ci guida. Abbiamo, così, ricompreso la fede come un affidamento totale al Pastore supremo, buono e bello; e la stessa fede nella Chiesa, dopo appena un attimo di titubanza iniziale, è sgorgata più cristallina dal nostro cuore e, nella novità, illuminati da Cristo, Lumen Gentium, abbiamo potuto ripetere con più consapevolezza: Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica.

C’è un episodio nell’Antico Testamento, Sorelle e Fratelli, che forse può aiutarci a progredire nella fede e a saper leggere sempre l’oltre, insito in ogni accadimento. Le povere vedove che, prestando fede alle parole dei profeti Elia ed Eliseo, videro il miracolo dell’olio che mai si esauriva nel loro piccolo orcio (cfr. 1Re 17, 16; 2Re 4, 1-7) non prefiguravano forse la Chiesa, per la quale si è pienamente realizzata la promessa del Signore?

Davvero, stamattina la Chiesa può cantare:
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita (Sal 23, 5a-6b).

Nella messa crismale del Giovedì Santo, celebrata dal Vescovo con i suoi Presbiteri, la Chiesa riceve dal Cristo-Sposo l’olio per ungere i catecumeni che verranno battezzati; il crisma per la cresima e l’ordinazione sacerdotale (pensiamo ad Alfonso e Giuseppe e agli anniversari di Ordinazione), e pure l’olio per l’unzione degli infermi.

È l’olio che, scorrendo ed impregnando, profuma questa celebrazione: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia … (Sal 45, 8 ).

Ed è quest’olio di letizia, olio che allieta, olio che profuma, olio che consacra, che non può mai mancare alla sua Chiesa; per questo motivo, in questa celebrazione unica ed originale, lo riceviamo con gratitudine per ungere e profumare, ancora una volta, le nostre Comunità, che lo accoglieranno questa sera in Coena Domini.

Una donna, una delle mogli dei figli dei profeti, gridò a Eliseo: “Mio marito, tuo servo, è morto; tu sai che il tuo servo temeva il Signore. Ora è venuto il creditore per prendersi come schiavi i miei due bambini”. Eliseo le disse: “Che cosa posso fare io per te? Dimmi che cosa hai in casa”. Quella rispose: “In casa la tua serva non ha altro che un orcio d’olio”. Le disse: “Va’ fuori a chiedere vasi da tutti i tuoi vicini: vasi vuoti, e non pochi! Poi entra in casa e chiudi la porta dietro a te e ai tuoi figli. Versa olio in tutti quei vasi e i pieni mettili da parte”. Si allontanò da lui e chiuse la porta dietro a sé e ai suoi figli; questi le porgevano e lei versava. Quando i vasi furono pieni, disse a suo figlio: “Porgimi ancora un vaso”. Le rispose: “Non ce ne sono più”. L’olio cessò. Ella andò a riferire la cosa all’uomo di Dio, che le disse: “Va’, vendi l’olio e paga il tuo debito; tu e i tuoi figli vivete con quanto ne resterà”. (cfr. 2Re 4, 1-7)

Questo episodio, quasi icona di tante situazioni sempre ricorrenti, esprime un momento di difficoltà, di lutto, di povertà e disagio anche economico. Ma questa donna, facendo appello alla fiducia, non dispera e si rivolge all’uomo di Dio, il quale le chiede: Che cosa posso fare io per te? Dimmi che cosa hai in casa.
La donna, nella sua semplicità, confessa di avere solo un orcio di olio. L’uomo di Dio la invita ad andare dai vicini di casa e a chiedere molti vasi vuoti. È un modo per aiutare a riprendere le relazioni, senza timore o vergogna di bussare; di riscoprire la vita nei cortili, nel vicinato, nel condominio, tra le parrocchie, nello stesso presbiterio, chiedendo semplicemente dei vasi vuoti, otri, recipienti, che un Altro dovrà riempire.

Poi, in casa insieme ai figli, chiusa la porta, nell’intimità delle mura domestiche, questa donna è invitata, dalla parola del profeta, a versare l’olio nei vasi, prestati dai vicini.
È quasi anticipazione del gesto dei servi che, a Cana, su indicazione del Maestro, riempiono le anfore vuote (cfr. Gv 2, 7).
Ed è alla richiesta di un altro vaso che questa donna, nello stupore, si accorge che mentre l’olio c’è ancora nell’orcio, i vasi sono finiti e l’olio cessa alla richiesta dell’ultimo vaso.
Ella, come la Chiesa, sperimenta che la farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì (1Re 17, 16); cioè, può cambiare la forma della Chiesa, del Ministero e della nostra fede, ma non il dono della Fede.
L’esperienza della fede provata di queste due donne, aiutate da Elia e da Eliseo, ci porta a comprendere il cammino della nostra fede, la fiducia che sempre dobbiamo riporre nella Provvidenza di Dio, con la certezza che l’olio della fede nella Chiesa non diminuisce.
Siamo certi che, nell’orcio della Chiesa, finché ci sarà un solo vaso vuoto, l’olio non finirà; nelle nostre parrocchie l’olio, consegnato stamattina dal Vescovo, sarà abbondante; nella nostra vita presbiterale, la fede, nonostante la fragilità dei recipienti, non verrà meno perché il Signore è fedele:
Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l’ho consacrato.
La mia fedeltà e il mio amore saranno con lui
e nel mio nome s’innalzerà la sua fronte (Sal 89, 21.25).

Davide, lo sappiamo, è figura di un Altro che è l’Unto per eccellenza, Colui nel quale si raccoglie la pienezza dello Spirito Santo e che è inviato da Dio per consacrare e profumare con la sua presenza l’umanità e il cosmo. Di Lui stamattina parla il profeta Isaia quando scrive:
Lo Spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati…
…per dare olio di letizia invece dell’abito da lutto (cfr. Is 61, 1-3).

Anche noi, partecipando della sua unzione, rimanendo nella sala alta e abitando il pianerottolo della storia, osiamo andare, ricchi in umanità, non per fare da padroni sulla fede della gente, ma per essere i collaboratori della gioia, perché nella fede molti sono già saldi (cfr. 2Cor 1, 24).

Sorelle e Fratelli,
carissimi Presbiteri, dalla stanza del Cenacolo, voi lo sapete, si esce, nella notte in cui fu tradito, per andare verso la Croce: dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi (cfr. Mt 26, 30).

Nel Getsémani, nel giardino che è Torchio e Frantoio, dove i rami argentati dal plenilunio sembrano non dare più ristoro, Gesù ci insegna che la vita cristiana per essere gioia deve essere anche lotta, agonia, combattimento: Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio (cfr. Eb 12, 2).

Fate questo in memoria di me (cfr. Lc 22, 19): il lascito di Cristo agli apostoli, cuore di ogni Eucaristia, non può escludere mai, ed includerà sempre, per ogni credente ma di più per ogni chiamato, il combattimento tra l’io e Dio, tra la mia volontà e la sua, all’ombra degli ulivi di Gerusalemme, sulle orme dell’Unico ed eterno Sacerdote:

“Il giardino pieno di ulivi non offre sollievo, stasera.
Fa pena il volto schiacciato contro la terra,
lacera l’angoscia che preme forte sul cuore.

La lotta può durare a lungo,
e in questo giardino terminerà solo
quando il figlio dirà al Padre:
“Ciò che vuoi Tu” (Mc 14, 32).

Una pace profonda
seguirà la preghiera” (John M. Thavis).

In quest’ora pasquale, in attesa di incontrare le mirofore che tornano dal sepolcro con gli oli aromatici (cfr. Gv 19, 40; Mc 16, 1), ci affidiamo alla mediazione materna di Maria, alla sua intercessione, a Lei che sta nella fede (cfr. Gv 19, 25) e aiuta tutti noi, vasi colmi di carità, a camminare nella speranza verso il Figlio.
Amen.

Nocera Inferiore, 28 marzo 2013
Giovedì Santo

+ Giuseppe, Vescovo

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